Quando, il 13 ottobre 1950, Eva contro Eva viene presentato a New York, due settimane prima dell'uscita nelle sale americane, la critica lo accoglie fin da subito come un capolavoro. Sceneggiato e diretto da Joseph L. Mankiewicz sulla base di The Wisdom of Eve, un racconto pubblicato quattro anni prima dall'attrice teatrale Mary Orr, All About Eve si avvia a diventare il film-evento della stagione, sulla scia di un'altra pellicola che, con appena due mesi d'anticipo, aveva già suscitato un vasto entusiasmo: Viale del tramonto di Billy Wilder, un dramma dai contorni noir incentrato su una star del cinema muto che si aggrappa alla vana illusione di un ritorno in scena per non farsi inghiottire dall'oblio. Una storia che, con i dovuti distinguo, rimanda più di qualche eco della trama di Eva contro Eva, dominato a sua volta dalla presenza di una sublime Bette Davis.

Nei tre quarti di secolo a venire, tanto Viale del tramonto quanto Eva contro Eva non solo hanno superato la "prova del tempo", ma sono entrati a pieno diritto nell'immaginario culturale e hanno contribuito in maniera imprescindibile all'evoluzione del cinema americano dal punto di vista dei temi, del linguaggio e della costruzione narrativa. Opere 'gemelle' legate a doppio filo, frutto del talento di due fra i più geniali registi e sceneggiatori della Hollywood classica, questi due titoli riceveranno un'immediata consacrazione fin dall'edizione degli Academy Award 1950: tre statuette per la feroce satira dell'industria del cinema firmata da Billy Wilder e sei premi Oscar su quattordici nomination per il graffiante affresco del mondo del teatro dipinto da Joseph L. Mankiewicz, inclusi i trofei per miglior film e miglior regia.
Burrasca in palcoscenico: la trama di Eva contro Eva

Se Viale del tramonto è imperniato sulla sinistra icona di Norma Desmond, personaggio reso immortale dalla rediviva Gloria Swanson, Eva contro Eva si sviluppa attorno a una protagonista altrettanto memorabile: Margo Channing, primadonna del palcoscenico che, in coincidenza con il giro di boa dei quarant'anni, lascia entrare nella propria vita una giovane fan adorante, Eve Harrington (Anne Baxter), ingaggiandola come assistente, fin quando non comincia a vederla come una minaccia per la sua carriera. Una carriera che, di per sé, sembra instradarsi su una china discendente: Margo avverte di non essere più adatta alle parti da ventenne e, nel frattempo, comincia a interrogarsi anche rispetto alla vita privata, mettendo in discussione il rapporto con il suo fidanzato, il regista Bill Sampson (Gary Merrill), e abbandonandosi a frequenti esplosioni di rabbia ("Prendete il salvagente: stasera c'è aria di burrasca!", è la sua battuta proverbiale).

A prestare volto e voce a Margo Channing è la quarantaduenne Bette Davis, vale a dire colei che per oltre un decennio era stata l'indiscussa First Lady del cinema americano. Attiva a Hollywood fin dal 1931 e arrivata alla ribalta nel 1934 con Schiavo d'amore, da allora Bette Davis si era imposta come una delle più dotate interpreti nel genere del melodramma. Pur essendosi fatta sfuggire il ruolo di Scarlett O'Hara in Via col vento, aveva interpretato caparbie eroine romantiche in successi quali La figlia del vento, Tramonto e Perdutamente tua; al contempo, aveva dimostrato la propria versatilità anche alle prese con personaggi più cupi ed ambigui, come nei drammi di William Wyler Ombre malesi e Piccole volpi, e fra il 1936 e il 1945 aveva collezionato due premi Oscar e sette nomination. Da quel momento, tuttavia, qualcosa si inceppa, e fra il 1946 e il 1948 due suoi film, Il prezzo dell'inganno e L'uomo proibito, registrano delle perdite al box-office.
Margo Channing e la rivincita di Bette Davis

È il primo campanello d'allarme, e l'idillio fra Bette Davis e la Warner Bros, che l'aveva messa sotto contratto fin dal 1932, si infrange definitivamente nel 1949, quando Jack Warner la costringe a recitare in Peccato di King Vidor: il film le vale le sue peggiori recensioni di sempre e la stampa non esita a darla per finita ("Se Bette avesse deliberatamente deciso di distruggersi la carriera, non avrebbe potuto scegliere un veicolo più appropriato", è il commento lapidario di Hedda Hopper).
Che cosa strana, la carriera di un'attrice. Si lasciano cadere tante cose per arrivare più presto in cima alla scala; non si pensa che se ne avrà bisogno quando si vorrà tornare ad esser donne.
Nel 1950, insomma, Bette Davis è un'attrice di quarantadue anni senza un contratto fisso, che deve cercarsi lavoro come freelance in un'industria in cui, con rarissime eccezioni, non sembra esserci posto per le donne della sua età. È in questo frangente che, contro ogni aspettativa, per l'indomita Bette si materializza il maggior colpo di fortuna della sua intera vicenda professionale.

La svolta in questione è l'infortunio che, nel 1950, colpisce la sua collega Claudette Colbert sul set del film ...E la vita continua, costringendola a rinunciare al film che avrebbe dovuto iniziare a girare da lì a poche settimane: Eva contro Eva. Contattata dalla 20th Century Fox come rimpiazzo dell'ultim'ora, Bette Davis fiuta subito la grande occasione e la coglie al volo: se il film di Joseph L. Mankiewicz è il suo primo, vero successo dell'ultimo lustro, il ruolo di Margo Channing si imporrà come il pinnacolo di una carriera sessantennale e farà guadagnare alla Davis la sua ottava nomination all'Oscar e il premio come miglior attrice al Festival di Cannes 1951. E a decenni di distanza, risulta impossibile svincolare la figura di Margo dalla sua interprete: il vibrante istrionismo della Davis, i suoi sguardi infuocati, la gestualità nervosa ed enfatica, le inflessioni della voce e la tagliente ironia delle sue battute costituiscono l'essenza stessa del personaggio.
Le attrici di mezza età e il lato oscuro dello show business

Mentre la teatralità sfoderata dalla Norma Desmond di Gloria Swanson è una manifestazione di quel distacco dalla realtà che la spinge sempre più a fondo nel baratro della follia, Margo Channing è una protagonista assai più lucida e 'umana'. Il suo furioso risentimento, spesso accresciuto dall'alcol, è strettamente connesso alla vulnerabilità di una donna che ha il timore di non essere amata e di restare sola, e che nell'ambiziosa Eve Harrington intravede una proiezione di se stessa, una versione più giovane destinata a sostituirla.
Benché sia una star del palcoscenico, Margo è riconducibile a un sistema, quello dello show business americano, fondamentalmente misogino e ageista, e pertanto incarna l'angoscia di invecchiare: una paura intrinseca agli esseri umani, ma accentuata da un contesto hollywoodiano che considera le donne solo in funzione di rigidi canoni di età e di bellezza, respingendo ogni eccezione.

Eva contro Eva esplora dunque tematiche di portata universale, ma che assumono una rilevanza ancora più pregnante e specifica se declinate nell'ottica del film: una brillante attrice che non può spezzare il meccanismo appena descritto, ma può scegliere se accettarlo con rassegnata consapevolezza, come Margo, o rifiutarlo e farsi stritolare dai suoi ingranaggi, come accadrà a Norma in Viale del tramonto.
Non a caso, da lì in poi, Margo Channing definirà l'archetipo della diva matura, dalla personalità larger than life, determinata a lottare con le unghie e con i denti per non perdere il proprio posto sotto le luci della ribalta. Un archetipo il cui peso si rifletterà innanzitutto sulla parabola di Bette Davis: appena due anni più tardi, nei panni di Margaret Elliot (il richiamo a Margo è evidente già dal nome), con il film La diva, che ricicla smaccatamente i temi al cuore dei capolavori di Mankiewicz e Wilder, e nel 1962 con Che fine ha fatto Baby Jane?.
Le eredi di Margo ieri e oggi, da Baby Jane a The Substance

Capostipite della cosiddetta hagsploitation, filone dell'horror innestato su una rappresentazione grottesca di attrici di mezza età, il cult diretto da Robert Aldrich vede Bette Davis indossare la maschera mostruosa di Baby Jane Hudson, ex bambina prodigio incapace di accettare la fine della propria carriera, con toni volutamente esasperati che spingono all'estremo il suddetto archetipo.
Qualcosa di simile accadrà nel 1981 con il famigerato Mammina cara di Frank Perry, biografia romanzata di Joan Crawford, storica 'rivale' della Davis (nonché sua partner in Che fine ha fatto Baby Jane?), trasformata da Faye Dunaway in una protagonista dai tratti selvaggiamente camp, e nel 1992 con La morte ti fa bella di Robert Zemeckis, che intreccia il registro della black comedy con elementi del body horror nel mettere in scena il 'duello' fra le primedonne di Meryl Streep e Goldie Hawn, ossessionate dal miraggio di un'eterna giovinezza.

Il modello narrativo di Eva contro Eva verrà rielaborato invece con maggior fedeltà - e in maniera decisamente più sobria - nel 1999 nell'acclamato Tutto su mia madre di Pedro Almodóvar, che rende esplicito omaggio al film di Mankiewicz, e nel 2004 nella commedia di István Szabó La diva Julia, in cui una carismatica Annette Bening offre un'ideale rivisitazione dell'icona di Margo Channing, incluso il conflitto sul palco con chi vorrebbe rubarle la scena.
L'ultima conferma dell'influenza esercitata dal personaggio più celebre di Bette Davis risale appena all'anno scorso: The Substance, scritto e diretto da Coralie Fargeat. Se la regista francese sceglie la formula dell'horror a tinte grottesche, la Elisabeth Sparkle interpretata da Demi Moore ripropone ansie e frustrazioni non così lontane da quelle di Margo Channing, mentre il suo braccio di ferro con un alter ego più giovane è la prova che la storia di Eva contro Eva conserva ancora oggi una forza senza tempo.