No! Tu non puoi essere d'accordo con me! Non basta essere proletari, l'intellettuale è più avanti, è più su, è più giù, egli è irraggiungibile... egli è più oltre!
La battuta, irresistibile e pronunciata con un'intensità isterica, è forse la più celebre fra quelle affidate a Nicola Palumbo, insegnante (e cinefilo) politicamente impegnato, interpretato dal compianto Stefano Satta Flores in C'eravamo tanto amati; che, qualora ci fosse bisogno di ricordarlo, non è solo il capolavoro di Ettore Scola, ma probabilmente anche il più bel film italiano degli anni Settanta. Un decennio bizzarro per il cinema nostrano, caratterizzato dal tramonto della commedia all'italiana, dagli "ultimi fuochi" dei maestri del passato e da una perturbante sensazione di amarezza diffusa, strettamente legata ai cambiamenti nella società, nella politica e nella cultura.
Suggestioni che Ettore Scola, classe 1931, campano d'origine (era nato a Trevico, in provincia di Avellino) ma romano d'adozione, ha saputo esprimere e raccontare meglio di tutti i registi della sua generazione. Perché Scola, più di chiunque altro, ha assimilato la lezione di Mario Monicelli, di Dino Risi e di Luigi Comencini (nati tutti e tre una quindicina d'anni prima rispetto a lui), rielaborandola però in una formula personalissima e perfettamente calata nel proprio tempo. In collaborazione con altre due penne formidabili, che rispondevano allo pseudonimo di Age & Scarpelli, Scola è stato il massimo alfiere dello Zeitgeist di un'Italia riemersa dall'euforia del Boom economico: un'Italia costretta a guardarsi allo specchio e a prendere atto delle storture e delle cicatrici provocate da tanti, troppi compromessi.
Nel cinema di Scola, tuttavia, non c'è solo la verve graffiante e l'impietoso cinismo di Pietro Germi o di Elio Petri. Al contrario, il regista e sceneggiatore campano non ha mai fatto mancare un'intima compassione verso i suoi personaggi, per quanto inesorabilmente goffi, ridicoli e 'falliti' potessero apparire. E nelle pagine più belle dell'opera di Scola si può rintracciare proprio questo senso di malinconia e di tenerezza: una partecipazione emotiva fortissima, declinata talvolta addirittura in un sommesso spirito di identificazione. Perché in fondo, in quella trentina di tasselli (oltre ai cortometraggi, ai documentari e ai contributi da sceneggiatore) che sembrano comporre un unico, immenso film, a prendere forma è l'affresco di un'Italia che tutti noi ben conosciamo: alcuni per averla vissuta in prima persona, altri per averne raccolto l'eredità, nel bene e nel male.
È il motivo per cui è fondamentale che il cinema di Ettore Scola rimanga vivo e in buona salute anche dopo la scomparsa del suo autore: perché è un cinema che ci parla di noi stessi, delle nostre radici, del nostro presente e del nostro futuro meglio di qualunque libro di storia. E un minuscolo contributo, per ricordare questo cinema dal valore inestimabile, ve lo offriamo di seguito rievocando cinque fra le migliori opere della ricchissima filmografia di Scola: cinque classici che, ne siamo certi, continueranno a divertirci e a commuoverci come alla prima visione...
"Te ricordi che oltre all'oggetti tosti ce stanno pure cose che non se toccano: e l'anima è una de queste cose, che sta de dentro ma non se vede." "Come 'a coratella."
1. Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca (1970)
Realizzato subito dopo l'enorme successo di Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968), Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca è un esperimento bizzarro dall'esito formidabile, in cui alcuni stilemi della classica commedia all'italiana sono amalgamati con notazioni grottesche, elementi di satira di costume e accenni di quella tenerezza di cui si parlava poco fa. Una strepitosa Monica Vitti, qui in una delle sue migliori interpretazioni, presta il volto ad Adelaide Ciafrocchi, fioraia romana al cimitero del Verano, coinvolta in una relazione clandestina con Oreste Nardi (Marcello Mastroianni, premiato come miglior attore al Festival di Cannes 1970), muratore di solida fede comunista: un idillio che sarà però incrinato dall'entrata in scena del giovane Nello Serafini (Giancarlo Giannini), pizzaiolo toscano dal quale Adelaide si scoprirà irresistibilmente attratta, con tragicomiche conseguenze. Un triangolo amoroso in cui il registro del melodramma è 'abbassato' verso quello della farsa, con un'inventiva, una capacità di osservazione e un senso del ritmo pressoché infallibili.
E tutto questo perché? Per un futuro diverso. Il futuro è passato, e non ce ne siamo nemmeno accorti.
2. C'eravamo tanto amati (1974)
È il punto d'arrivo della commedia all'italiana, trasformata in autentico affresco storico sociale in un film in cui la dimensione collettiva, ovvero il bilancio di un'intera generazione, quella degli ex partigiani protagonisti dell'evoluzione dell'Italia nel secondo dopoguerra, si fonde con le vicende e i sentimenti privati di un piccolo gruppo di personaggi struggenti e indimenticabili. Massimo capolavoro della filmografia di Ettore Scola, C'eravamo tanto amati ricostruisce la parabola dell'amicizia fra Antonio (Nino Manfredi), portantino in un ospedale di Roma, Gianni (Vittorio Gassman), avvocato con spiccate ambizioni sociali, e Nicola (Stefano Satta Flores), insegnante con velleità di intellettuale, fieramente schierato a sinistra. Un'amicizia incrinata dalla passione per la stessa donna, Luciana (Stefania Sandrelli), aspirante attrice, ma soprattutto da scelte - esistenziali ed etiche - che li porteranno ad allontanarsi progressivamente l'uno dall'altro.
In miracoloso equilibrio fra comicità e amarezza, romanticismo e disillusione, C'eravamo tanto amati è un poema del disincanto scritto, interpretato e messo in scena in stato di grazia, con tanto di omaggi ai numi tutelari di Scola (i costanti riferimenti a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, il cameo di Federico Fellini e Marcello Mastroianni nei panni di loro stessi sul set de La dolce vita) e comprimari altrettanto superbi: un impagabile Aldo Fabrizi è il palazzinaro ex fascista Romolo Catenacci, mentre a Giovanna Ralli è affidato il bellissimo ruolo di sua figlia Elide, moglie sensibile e trascurata di Gianni.
Senti, perché non ci ridiamo sopra? Piangere si può farlo anche da soli, ma ridere bisogna essere in due...
3. Una giornata particolare (1977)
È la pellicola più acclamata di Ettore Scola a livello internazionale. Premiato con il Golden Globe e candidato all'Oscar come miglior film straniero, Una giornata particolare, girato quasi completamente in interni, è la cronaca dell'incontro fra due individui diversissimi, entrambi prigionieri delle rispettive solitudini, nel giorno - il 6 maggio 1938 - in cui tutta Roma si è riversata nelle strade per accogliere Adolf Hitler, alleato di Benito Mussolini alla vigilia dell'esplosione della guerra. Sophia Loren, nella più memorabile performance della propria carriera, si cala nei panni di Antonietta, dimessa casalinga, madre di sei figli, lasciata sola nel proprio appartamento mentre la sua famiglia partecipa alle celebrazioni per l'arrivo di Hitler, mentre un meraviglioso Marcello Mastroianni, ricompensato con la nomination all'Oscar come miglior attore, offre un vivido ritratto di Gabriele, vicino di casa di Antonietta, ostracizzato dal regime in quanto omosessuale. Dall'iniziale diffidenza di Antonietta all'intimità via via più profonda fra lei e Gabriele, Una giornata particolare si rivela non solo la storia di una dolorosa presa di coscienza, ma anche un'opera d'arte capace di raccontare l'ipocrisia e la meschina brutalità del Fascismo, evitando qualunque retorica ma riuscendo a generare momenti di vera emozione.
In sintesi, è lecito essere felici, anche se questo crea infelicità? Compagni, io vi chiedo un sì o un no.
4. La terrazza (1980)
Il "giro di boa" della società italiana dagli anni Settanta agli anni Ottanta, ma anche del cinema stesso, sottoposto a una dura autoanalisi (con tanto di significative parentesi metacinematografiche), è lo scenario entro cui si colloca La terrazza, firmato ancora una volta da Scola insieme ad Age & Scarpelli e premiato per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 1980. L'elegante terrazza di una lussuosa residenza del centro di Roma, sede delle serate mondane a cui partecipano esponenti della medio-alta borghesia, diventa la cornice per un film corale in cui Scola e i suoi co-autori intrecciano cinque episodi che vedono protagonisti, di volta in volta, Jean-Louis Trintignant, Marcello Mastroianni, Serge Reggiani, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, di nuovo accanto a Stefania Sandrelli. Ritorna la malinconia di cui era già pervaso C'eravamo tanto amati, ma stavolta i toni sono ancora più amari e taglienti: lo sguardo di Scola non concede sconti nel dipingere il fallimento di un'intera classe intellettuale, mentre per i personaggi più positivi ed empatici - il funzionario della RAI di Reggiani e il deputato del PCI di Gassman - l'unica soluzione sembra essere il ripiegamento nell'utopia e in labili speranze di felicità individuale. E dietro l'ironia e gli spunti più divertenti prende forma il canto funebre della commedia all'italiana.
"Come sarebbero questi ricordi? Belli?" "No, quelli sono i peggiori: che ti fanno dire 'era meglio prima', una frase che non bisogna dire mai. No, tutto sommato i migliori sono i ricordi brutti."
5. La famiglia (1987)
Ottant'anni di storia del nostro paese vissuti attraverso un "gruppo di famiglia in un interno": dal suo battesimo alla festa per i suoi ottant'anni, Carlo, interpretato da ragazzo da Andrea Occhipinti e da anziano da Vittorio Gassman, è il protagonista di una cronaca familiare nella quale, in filigrana, è possibile ritrovare anche gli umori, gli ideali e le delusioni di una generazione, di un paese e di un secolo. Scritto da Scola con Ruggero Maccari e Furio Scarpelli e candidato all'Oscar come miglior film straniero (la quarta nomination per il regista), La famiglia, girato interamente fra le pareti di un appartamento del quartiere romano di Prati, è un'opera di emozioni private e di passioni trattenute, in cui la memoria, la nostalgia e il rimpianto emergono in primo piano, fra ellissi e brevi parentesi quotidiane, segnate dal susseguirsi di volti e di voci (fra gli interpreti anche Fanny Ardant, Stefania Sandrelli, Philippe Noiret e Sergio Castellitto). Una delle pellicole più dense e coinvolgenti nella filmografia di Ettore Scola e una delle punte di diamante del cinema italiano degli ultimi trent'anni.