Presentato al Telluride Film Festival, poi a New York, al Valladolid Film Festival e, infine, ad Alice nella Città. Un lungo percorso, lastricato tanto dagli applausi quanto dalle lacrime. Perché Estranei di Andrew Haigh (titolo originale All of Us Strangers) non è un film come gli altri. In un'epoca in cui le emozioni vengono costantemente sottratte e nascoste (anche al cinema), quello di Haigh (che torna alla regia dopo l'ottimo Charley Thompson - Lean on Pete) rivela l'essenza emotiva di un racconto basato sul dolore, senza celare la fragilità dei suo splendidi protagonisti. Se pur diverso dall'omonimo romanzo da cui è tratto, firmato da Taichi Yamada nel 1987, e già portato al cinema da Nobuhiko Obayashi nel 1988 (il film era The Discarnates), Estranei vive seguendo le tracce della storia originale, riflettendo però in modo tangibile la poetica giapponese: gli spiriti, la morte, l'accettazione del lutto, la catarsi.
Da questi elementi, Haigh trasporta la struttura in una Londra scostante e contemporanea, infreddolita e silenziosa - "fuori c'è Londra, ma non si sente nulla" -, osservata da Adam, interpretato da Andrew Scott (magnifico), sceneggiatore che sta provando ad affrontare il blocco dello scrittore, rintanato in un condominio quasi disabitato. Quasi, perché al piano di sotto vive Harry (Paul Mescal, anch'esso strepitoso) che, impaurito dalla solitudine, chiede ad Adam se può passare la notte con lui. Ma lo scrittore, arruffato e indeciso, lo respinge. Da qui in poi, Estranei affonda le mani nel concetto di Sliding Doors, alterando in modo sostanziale la realtà cinematografica di un film tanto doloroso quanto folgorante.
Estranei, la necessità dei ricordi: la spiegazione del film
Tra l'altro, la bellezza di Estranei sta nell'essere tanto semplice, quanto emotivamente complesso, se affrontato con una libertà tale da poter sentire ogni sussulto di Adam e di Harry. Qui, secondo l'opera originale, il primo cambio effettuato da Andrew Haigh: nel romanzo la figura di Harry era una ragazza. Un'intuizione e una svolta, quella del regista, in qualche modo essenziale nell'economia della storia - Haigh è omosessuale, e nella sua filmografia ha spesso affrontato temi queer -, legandosi infatti al percorso di Adam nella (ri)scoperta di certi ricordi. Infatti, il cuore di Estranei è proprio la discesa dello scrittore nella memoria di un passato fermo a quando aveva dodici anni.
La sera di Natale, scopriremo, verrà contattato da un'agente di polizia - "con gli occhi buoni" - che gli dirà che i suoi genitori sono morti in un incidente d'auto. Se la semplicità della sceneggiatura è lineare, approfondiamo l'opera di Haigh affrontando il film in base alla spiegazione della storia, fino al meraviglioso (e distruttivo) finale. E ve lo riveliamo subito, i genitori che ritrova Adam sono proiezioni mentali, frutto di un bisogno interrotto. Spiriti reali, fantasmi che esistono nella percezione del protagonista, che appunto ritrova nella casa d'infanzia, a Croydon. Quella casa, scena dopo scena, diventa il centro del film: la luce cambia, gli occhi lucidi di Adam brillano di felicità, cullandosi nell'idea di aver avuto indietro la sua vita di quando, appunto, era ancora un bambino. Splendidamente interpretati da Jamie Bell e Claire Foy, le figure genitoriali faranno da guida (ancora una volta momentanea) ad Adam, che avrà il tempo di dire loro addio, non prima di avergli raccontato la sua vita (confidando alla mamma di essere omosessuale).
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I fantasmi, il dolore e il potere dell'amore: la spiegazione del finale
Ma la mamma e il papà di Adam, consci di essere di passaggio, spiegheranno al figlio ormai cresciuto quanto sia importante aprirsi alla vita. Restando con lui il tempo necessario per una guarigione emotiva che passa necessariamente attraverso il dolore più acuto (e i tre si saluteranno definitivamente nel loro ristorante preferito, in un momento di altissima commozione). Del resto, Il blocco dello scrittore, per Adam, proviene da un lutto mai metabolizzato, e rinchiuso in un'esistenza impaurita e annoiata. Qui torna in scena il personaggio di Harry. I due iniziano a frequentarsi, tra fotografie e tv spazzatura, e iniziano a piacersi, ad amarsi, ad aprirsi, intanto che lo scrittore torna a far visita all'idea immaginata dei genitori. Adam trova in Harry una certa protezione, capendo quanto sia necessario amare e lasciarsi amare (al contrario del libro, tra l'altro con molti più personaggi, dove Adam via via si spenge, crollando definitivamente privo di forse).
Ora, arriviamo alla spiegazione del finale di Estranei, che si concentra nel fatalismo cercato dal regista: Adam, che ha affrontato i ricordi, mettendo insieme i pezzi della sua anima incompiuta, vuole iniziare la sua vita con Harry. Quando entra nell'appartamento del ragazzo, però, lo trova morto, nel letto, ormai da diverso tempo. Come è potuto succedere? Semplice: Harry si è suicidato la sera del rifiuto, quando ha bussato alla porta chiusa di Adam, e ciò che Adam aveva frequentato nei giorni successivi era, anche in questo caso, un fantasma, una proiezione, com'era una proiezione la sua famiglia. Lo stesso fantasma di Harry che, alla fine, ricompare davanti ad Adam: entrambi hanno acquisito una nuova consapevolezza, ma questa volta sarà Adam ad abbracciare Harry, proteggendolo e cantandogli The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood, che Andrew Haigh omaggia immaginando Adam ed Harry come una stella che brilla. La stessa stella che vediamo nel videoclip della canzone uscita nel 1984.