Tre linee temporali che si intrecciano, e il passato che torna a bussare. Al centro, un gruppo di ragazzi sperduti, traumatizzati da un'evento che li ha accompagnati fino all'età adulta. Ma se il passato torna, ecco che è arrivato il momento di chiudere i conti in sospeso, tracciando una linea. Ed è ciò che avviene in Eravamo bambini (qui la nostra recensione) di Marco Martani: in un paese della costa calabra si ritrova un gruppo di amici con l'intenzione di chiudere una faccenda aperta vent'anni prima. "Una storia d'amicizia", come viene definita dallo stesso regista, ma anche di "vite spezzate". Tra vendetta e violenza, ecco allora un cast coeso e ben inserito: Lorenzo Richelmy, Alessio Lapice, Lucrezia Guidone, Francesco Russo, Giancarlo Commare, Romano Reggiani. Con loro, anche Massimo Popolizio, spregevole e spietato.
Come detto, Eravamo bambini, che arriva al cinema dopo la presentazione ad Alice nella Città del 2023, incrocia diverse linee temporali, sfruttando al massimo il valore del montaggio di Luciana Pandolfelli: "Quando hai a che fare con tre piani diversi, il montaggio è fondamentale", spiega Martani nella nostra intervista. "Così come è importante la scrittura. Abbiamo fatto un buon lavoro di post-produzione, capendo che alcune situazioni potevano essere sistemate in funzione della storia. Il film è come se fosse un working-progress continuo. Solo alla fine hai la certezza che tutto è al proprio posto".
Eravamo bambini: intervista al regista e al cast
Tra l'altro, il passato è ormai un punto di riferimento. Il cinema, sempre più spesso, guarda indietro per raccontare le storie. Perché? "Non so se guarda indietro: passato e presente sono sullo stesso piano. Il cinema quando funziona è una metafora della nostra società, e racconta qualcosa che stiamo vivendo. Da un trauma capiamo come i protagonisti stanno cercando di uscire da questo pantano. Sono schiacciati dalle scelte di una generazione precedente, e guardandoci intorno ci accorgiamo che certe scelte ricadono su di noi", continua Marco Martani. Per Giancarlo Commare, invece, "Quando nel passato si raccontava il presente era più facile, oggi invece è complesso, e magari il cinema usa la fantascienza. Come se ci fosse bisogno di qualcosa di più, rispetto al periodo storico in cui viviamo. Come se dovessimo spettacolarizzarlo, in relazione ad un falso spettacolo che ci circonda".
A proposito di passato, Romano Reggiani, dice che: "Il passato per un certo modo di pensare è più interessante, perché ci allontana dal frullatore quotidiano. Fare film sull'attualità non è facile, mentre raccontare la transizione è qualcosa di affascinante: il passato si lega alle nostre radici. Ognuno racconta il proprio vissuto". Decisamente nichilista, il pensiero di Francesco Russo, "La tendenza di raccontare il passato è dettato dal fatto che siamo vicini all'estinzione. Come se l'uomo abbia deciso di auto-estinguersi. Eravamo bambini è ambientato nel presente, ma sembra ambientato nel passato perché racconta un oggi non dissimile da com'era prima".
La solitudine come uno dei mali contemporanei
Il passato, ma anche la violenza, l'incomunicabilità, la solitudine. Diversi risvolti per Eravamo bambini, tracciati dai riflessi contemporanei. Per Alessio Lapice, "Violenza e aggressività arrivano dall'incomunicabilità moderna. Non si parla più, anche in famiglia. La solitudine è dovuta a tutto ciò, e i social ampliano questa distrazione continua. Quando non hai il telefono in mano, con chi parli? Il discorso della violenza e della vendetta è legato al concetto di solitudine, vissuta appunto dai personaggi di Eravamo bambini. Sono dei ragazzi costretti alla distrazione, perché pensare, per loro, è dura. E il tema della solitudine è molto presente nel film, e nella società attuale. Però una cosa va sottolineata: le arti sono una salvezza. Il cinema non lo fai da solo, e mi sono innamorato di questo lavoro proprio per lo scambio che c'è".
La solitudine rivista da Giancarlo Commare si scontra con il mondo social: "Siamo più soli a livello sociale, nonostante le tante connessioni. Tanti ragazzi si nascondono dietro lo schermo, per sentirsi anche più coinvolti. Basta commentare un post per sentirsi parte del mondo. In realtà è un inganno, perché siamo chiusi nella nostra camera con il nostro telefono". Cosa si può fare contro la solitudine? Magari il cinema può aiutare, come pensa Lucrezia Guidone: "Il cinema però è un grande rito collettivo. E andare in sala ti fa sentire parte di qualcosa".