Entriamo nell'Hostel insanguinato di Roth

Semplice ed entusiasta, come nella migliore tradizione dei giovani registi horror americani, con Eli Roth l'impressione è che non esista la barriera tra intervistatore e intervistato.

In visita a Roma per la promozione del suo Hostel, abbiamo avuto modo di incontrare il regista Eli Roth che, confermando le aspettative, si è dimostrato un ragazzo affabile e spiritoso. Semplice ed entusiasta, come nella migliore tradizione dei giovani registi horror americani, Roth dà sempre l'idea che non ci sia la tipica barriera creata da un'intervista e che tu possa berti una birra con lui e passarci le ore a parlare di qualsiasi cosa tra il serio e il faceto. La conferma viene da questa divertente anche se analcolica chiacchierata a cui non abbiamo volutamente tolto nulla, nemmeno le esclamazioni più eccessive, specie quelle condivisibili sul pessimo momento del cinema horror mainstream americano.

Cosa ti ha convinto a girare questo film e come mai in America è stato così apprezzato? Eli Roth: Non saprei dire precisamente il perché ma sulla genesi del progetto c'è moltissimo da dire. L'idea base proviene da una chiacchierata con un amico riguardo tutte le incredibili e disturbanti cose che si possono trovare su Internet. La più raccapricciante in assoluto riguardava un sito che ti dà la possibilità, pagando diecimila dollari, di andare in Tailandia per sparare in testa ad una persona. Ancora più assurdo è il fatto che questa persona è cosciente della cosa e si offre volontariamente solo per dare il ricavato alla propria famiglia. Per ottenere maggiori informazioni avrei dovuto inserire il mio numero di carta di credito e non ho trovato opportuno farlo anche perché se fosse vero avrei contribuito a tale aberrazione. Ad ogni modo l'idea stessa che fosse stato creato un sito Internet e che ci fosse tale concettualizzazione dietro mi è parsa sufficiente a riflettere su un'atroce verità: esistono persone al mondo per cui nulla ha più valore, e che sono pronte a tutto per raggiungere un livello di brivido superiore in modo da eccitarsi e sentirsi appagate. Questo è reale senz'altro. Ora, perché questo film abbia avuto tanto successo non lo so con precisione, ma di certo bisogna dire che gli americani sono un popolo spaventato a morte e che intuisce che alla guida del loro Paese c'è uno scimpanzé! Siamo in una guerra che non finirà mai, eravamo abituati ad avere un esercito potente ed efficace, mentre ora ci ritroviamo un mucchio di ragazzini spaventati che imbracciano armi. La gente ha quindi bisogno di esorcizzare, urlare, reagire ma non lo può fare quotidianamente e lo schermo gli viene in aiuto, permettendo loro di liberarsi. Il problema è che non c'è niente di più spaventoso di George Bush, ma siccome non si può urlare contro di lui, la gente va al cinema. Fondamentalmente poi, va aggiunto che i film dell'horror sono film dove è più facile portare una ragazza al primo appuntamento e permettono di non stare tanto impegnati a guardare lo schermo quanto piuttosto a pensare a quando toccarla, come toccarla, se le piacerò o se mi puzza l'alito... nel mio caso sempre! Questi film quindi ti vengono in soccorso includendo sempre momenti in cui ti tocchi o ti stringi il braccio, o addirittura la ragazza ti si siede sulle ginocchia. A quel punto una volta usciti si è spaventati e si dorme insieme per tranquillizzarsi ed è così che dopo nove mesi vengono fuori i bambini! Insomma in parole semplici con questo film ho servito la società, visto che ho permesso varie procreazioni!

E' vera la notizia per cui saresti già stato contattato per un sequel? Eli Roth: Assolutamente sì, anche se io l'ho scoperto prima leggendolo sui giornali, dove si diceva che gli Studio me l'avevano affidato, e poi controllando la posta elettronica dove trovai numerosi messaggi di congratulazioni. A questo punto allora posso finalmente fare un film realmente violento dove mi esprimerò meglio perché questo qui era abbastanza tranquillo ed addomesticato, no? (ridendo)

Qual è la situazione del genere horror attualmente in America? Eli Roth: Uno schifo! I film horror di adesso sono merda; delle cazzate che non spaventano nessuno, quando negli anni '70 erano registi del calibro di Spielberg, Kubrick, Romero, Carpenter, Craven, Friedkin e tanti altri a girare fantastici film a basso budget. Ora si vedono tutte queste schifezze e questi maledetti remake con cui Hollywood va sul sicuro, senza mai spaventare realmente nessuno. L'obiettivo è non disturbare e non sconvolgere, quindi fare film senza palle che non ti lasciano nulla e non soddisfano nel modo più assoluto. Io non voglio cadere in questa trappola. In fondo anche se penso al budget di questi film vedo che di media costano ottanta milioni di dollari, quaranta quelli a basso costo e venti quelli a bassissimo. Noi abbiamo realizzato questo film con soli quattro milioni con l'obiettivo di colpire veramente la gente allo stomaco, un po' come fanno i film giapponesi di Miike che ti sconvolgono, ti rimangono dentro e ti fanno parlare e discutere a proiezione terminata. Io voglio fare qualcosa che non sia rassicurante e tranquillo ma pericoloso e violento, e se ti fa star male stattene a casa, non ci venire a vederlo; non mi interessa compiacere tutti ad ogni costo. I miei idoli italiani: Argento, Fulci, Deodato, Di Leo, Pasolini, loro sì che facevano film in questa direzione e ora è il Giappone e molta Corea del Sud a riempire questo vuoto.

Alla proiezione stampa del film era presente Dario Argento, cosa vi siete detti dopo il film? Eli Roth: E' stato uno dei momenti più importanti di tutta la mia vita, veramente! Fin da bambino l'ho sempre adorato. Per me è come un essere proveniente da un altro pianeta: così strano, così diverso, così oscuro; è come se in un certo senso io abbia vissuto all'interno della sua testa. Vederlo guardare con interesse il mio film mi ha reso nervoso come non mi succedeva da moltissimo tempo. Così, quando a fine proiezione mi ha abbracciato e si è complimentato per la durezza adulta del mio film, rispetto alle solite robette per ragazzi, mi ha fatto un enorme piacere.

Nel tuo cinema appaiono chiaramente dei forti sottotesti di critica sociale all'America. E' una considerazione legittima o figlia di una mentalità da teoria del complotto? Eli Roth: Hostel è di certo un film sugli eccessi e sullo sfruttamento, quindi la critica è rivolta a tutti, ma di certo gli americani sono in prima fila. Ho da poco letto che solo il 12% degli americani possiede il passaporto; nessuno viaggia, spesso neanche fuori dal proprio Stato, e l'ignoranza è molto evidente. Eppure credono di sapere tutto su tutti e sul mondo, e soprattutto vanno fuori dai loro confini specialmente per sfruttare la possibilità di fare cose vietate dalla loro giurisdizione, quindi droga e prostituzione ad Amsterdam, sesso in Europa orientale. Abbiamo tutti questi ricchi uomini annoiati da ogni cosa, anche dalla droga, che vanno alla ricerca dell'emozione, dell'eccesso. La critica maggiore è quindi verso questo tipo di individuo americano che crede di poter acquistare tutto con i soldi e, consapevole che grazie a Bush siamo odiati da tutti, non si fa scrupoli nel proseguire lungo questa direzione, fino a voler provare ad andare oltre il potere dei soldi. Più in generale, c'è anche il tema della tortura come intrattenimento e del bisogno umano di far soffrire gli altri per sentirsi potenti.

Qual è stato il rapporto con la censura statunitense? Hai dovuto tagliare o modificare delle scene? Eli Roth: Ottimo, veramente! Molto semplice: ho solo dovuto fare sesso con tutti i membri della commissione (uomini e donne) per non avere problemi a fare il mio film e non sono decisamente attraenti, ma per la mia arte sono pronto a sacrificarmi! No, in realtà c'è in atto un generale alleggerimento per ciò che concerne le direttive sul cinema violento che d'altronde rispecchia la cultura generale, basta vedere anche cosa viene mostrato in televisione. D'altra parte se c'è il mio nome e quello di Tarantino la gente sa cosa aspettarsi e non rimarrà sorpresa. La cultura americana è comunque contraddittoria e folle: sta accettando la violenza e poi magari si scatena il finimondo perché si vede il capezzolo di Janet Jackson. Comunque io ho tenuto separati sesso e violenza e non ho dovuto cambiare nulla.

E la storia riguardante un finale diverso e molto più crudele e pessimistico? Eli Roth: Sì, c'era in realtà un finale diverso davvero cruentissimo che sarà sul dvd del film, ma che era veramente troppo esagerato, se perfino Tarantino mi ha detto che non potevo mantenerlo così per quanto era eccessivo. In realtà ho capito che i film alla fine li fai per il pubblico, non per te stesso e per guardarteli con il tuo dvd nella cantina di casa. Per questo ho altri film (ridendo). Alla fine ho girato una serie di cose e le ho mostrate ad una proiezione test, dove ad eccezion fatta per un ragazzo con una maglietta con scritto "Lucio Fulci vive", tutti erano favorevoli a quello che è il finale che si vede al cinema.