E' Ennio Morricone, uno dei più importanti compositori del panorama italiano a chiudere l'edizione 2010 del Napoli Film Festival, da protagonista dell'ultima degli Incontri ravvicinati di quest'anno. Con alle spalle una lunghissima carriera che l'ha visto lavorare con alcuni tra i più grandi nomi del cinema, italiani e non solo, per circa 500 colonne sonore ed oltre 50 milioni di dischi venduti. Dalle musiche composte per Sergio Leone, a cominciare da Per un pugno di dollari nel 1964 per una collaborazione che si è consolidata sul genere western, ma che è arrivata fino a C'era una volta in America, agli score per i film di Bernardo Bertolucci, per un'altra collaborazione di lungo respiro. Una carriera fatta anche di riconoscimenti, dal primo Nastro d'argento datato 1965 per Metti una sera a cena fino ai riconoscimenti per una carriera di così alto valore artistico: il Leone d'oro ricevuto nel 1995 e l'Oscar assegnatogli nel 2007 dopo cinque nomination non premiate. Emozioni e soddisfazioni che sono emerse, insieme all'esperienza come direttore d'orchestra per gli spettacoli basati sulle sue opere, nel suo incontro con la stampa partenopea al suo arrivo in città per l'incontro con il pubblico per ripercorrere le tappe della lunga carriera con l'ausilio di ben 14 clip dai film per i quali ha composto le musiche. Un incontro moderato da Antonio Monda, che sta curando per Mondadori un libro, dal titolo provvisorio di Conversazioni con Ennio Morricone, che sarà nelle librerie il prossimo dicembre e ha lo scopo di raccontare l'uomo e l'artista, un ritratto a tutto tondo del maestro.
Tra i suoi prossimi appunamenti c'è quello dell'11 settembre a Verona. Cosa significa per lei questo impegno?
E' il terzo o quarto concerto che terremo a Verona, sempre l'11 settembre, da quello fatto nel 2004. E' un appuntamento pensato e dedicato proprio alla disgrazia americana del 2001, ma anche a tutte le digrazie dell'umanità. Per me rappresenta un momento di grande responsabilità, come tutti i concerti. Non posso dire che fare un concerto all'Arena di Verona sia più importante che all'Arena Flegrea, come ho fatto di recente, sono preoccupato sempre alla stessa maniera. Certo quando mi è capitato di fare il concerto all'ONU la tensione era maggiore, ma in generale tutti i concerti mi danno grande preoccupazione, perchè non sempre va tutto liscio. Se, come capita, un esecutore non attacca, che succede? Peggio ancora se uno degli artisti attacca prima, perchè ha contato male le battute. E' una cosa terribile, per questo non siamo mai tranquilli quando facciamo un concerto, indipendentemente dalle prove fatte e dall'affiatamento dell'orchestra.
In un concerto importante e con un'orchestra importantissima che non nomino perchè tra l'altro ha suonato benissimo in molte altre occasioni, è capitato che nonostante fosse tutto talmente automatico, un artista attaccasse una battuta prima. Tra l'altro lui suonava il raddoppio delle viole, quindi tra gli altri musicisti qualcuno si è sentito in difetto ed ha seguito l'errore, partendo a sua volta, mentre qualcun altro sicuro di sè, non lo ha fatto. Quindi si è creata una cacofonia per qualche secondo, finchè non c'è stata una cesura che mi ha permesso di riprendere in mano la situazione. E' qualcosa che può sempre succedere e questa occasione è stata indimenticabile perchè è capitato con un'orchestra straordinaria.
Lei prima ricordava il concerto di New York. Quando ha suonato prima alle Nazioni Unite e poi al Radio City Music Hall sembrava che negli USA ci fosse un riconoscimento per l'artista Morricone. L'America la ama molto, lei ama ugualmente l'America?
Quel concerto è stato molto difficile da organizzare, perchè quando vado in USA o in Asia non voglio fare un concerto solo, considerando che si tratta di un viaggio così lungo. Ma l'ONU era così importante e ho fatto un'eccezione anche se siamo riusciti ad organizzare solo due concerti con due programmi diversi. Per quanto riguarda l'attenzione che in USA hanno sul mio lavoro, ne ho solo una sensazione vaga: non ho mai la certezza di quello che mi accade intorno, perchè non ho tanto tempo per soffermarmici, considerando le tante scadenze e consegne. Capita che mi segnalani qualcosa che hanno detto di me, ma non le vado a cercare direttamente. A volte sento giudizi talmente belli che mi sembrano falsi, a volte invece commenti espressi con sufficienza che mi fanno rabbia, ma cerco di non farli pesare e di avere fiducia in me stesso ed in quello che faccio. Capita che mi abbatta un po' per quello che viene detto, ma mi tiro subito su cercando di non farmi pesare le cose negative, tentando sempre di migliorarmi in quello che faccio. A volte penso che al cinema potrei dare molto più di quello che ho dato, ma ho l'impressione drammatica che il cinema non voglia di più, perchè deve comunicare in modo semplice con la gente e a volte lavorando troppo di fino su quello che ho in mente otterrei qualcosa di più difficile da far accettare al regista ed al pubblico. Questo non vale solo per me, penso che proprio in generale non si possa dare più di tanto al cinema, a meno che il regista non lo voglia. Mi è capitato per esempio con il primo film fatto con Elio Petri, per il quale ho potuto scrivere delle musiche molto complesse, o per i primi film di Dario Argento, per i quali per la prima volta sperimentavo una musica strutturale, aleatoria, gestuale. Ma dopo quelle esperienze lì, credo di aver potuto rischiare alla stessa maniera solo per 24 film, soprattutto nei casi in cui si trattava di autori meno conosciuti che si affidavano a me per dare un'impronta al film. Dopo i primi lavori più articolati, ricordo che qualcuno mi disse "se continui così, non ti chiamano più", e questo mi fa pensare che la musica per il cinema debba essere più facile per la gente. E' un lavoro difficile perchè si devono superare vari ostacoli, a cominciare dal regista che deve apprezzare quello che fai. Spesso i giovani autori mi dicono "vorrei fare musica per il cinema" e io dico loro di lasciar stare, li scoraggio.
Veramente sono anche più di due. C'è "Icaro II", che è un pezzo che vola, con cinque violini solisti. Un altro, "Immobile numero 2", è un pezzo che definisco orientale, che usa solo quattro suoni, immaginate come se fosse un grande sitar accordato con quattro suoni, un tetracordo. Ho cercato di immaginare un sitar fatto da un'orchestra d'archi che suona solo quei quattro suoni, come se fosse un grande strumento suonato con le varie possibilità degli strumenti ad archi. Viene fuori una serie di accumulazioni di suoni, ai quali si aggiunge un solista che è un'armonica a bocca che fa gli stessi suoni, ma che è scritta ed appare come se fosse un'improvvisazione. E' un pezzo molto riflessivo, per questo lo definisco orientale, che fa scoprire poco a poco i suoni che si accumulano. L'ho scritto per l'esecutore dell'armonica, che è straordinario. C'è poi "Ostinato ricercare per un'immagine", che è un'altra prima esecuzione assoluta, e la seconda esecusione di "Frammenti di Sicilo", uno dei pochi frammenti rimasti della musica greca, riscoperto da un libro insieme ad altri frammentini che ho sviluppato e che appaiono ogni tanto. Poi il concerto è completato dalle esibizioni classiche, tra le quali le musiche composte per Sergio Leone, e la suite che conclude il concerto.
Sergio Leone, Bernanrdo Bertolucci e Giuseppe Tornatore: ci racconta un ricordo umano e professionale di questi autori?
E' un discorso che faccio difficilmente. Io lavoro solo con i registi con cui mi trovo bene e da parte dei quali sento fiducia. Sono loro che chiamano me ed è una loro decisione in piena libertà. Per questo non riesco a fare distinzioni tra loro. Se ho lavorato a lungo con qualcuno è perchè mi ci sono trovato molto bene, cosa che non è capitata con tutti. Per esempio ho lasciato volontariamente Roberto Faenza, dopo aver lavorato con lui dal primo film, perchè a un certo punto quando ha scelto le idee che gli avevo dato, ho sentito che non era sicuro delle cose che facevo, allora ho preferito lasciare andare. Con lui però ho fatto anche cose molto interessanti, penso alla colonna sonora per Escalation, basata su musica psicheledica e grande libertà. In quel caso da parte sua ho avuto un'unica richiesta, forse ovvia, ma spesso le cose ovvie sono giuste: la musica jazz sulla scena del funerale. I risultati migliori li ho ottenuti quando ho ricevuto fiducia e lavorato con la massima libertà. In questo caso sento anche un grandissima responsabilità, ma faccio le cose migliori. Se il regista ha fiducia ha il meglio di me, altrimenti meglio lasciar perdere, ma si capisce subito quali sono i registi con cui mi sono trovato male, basta vedere con quali ho lavorato una sola volta.
Cosa ne pensa della politica culturale in atto in questo momento in Italia, della riforma degli enti lirici e dei tagli prospettati al mondo dello spettacolo?
Ultimamente parlo spesso di questo argomento con il direttore di Santa Cecilia: loro sentono che non sia giusto essere associati agli altri enti lirici come il San Carlo o La Scala, perchè è vero che le loro produzioni sono meno costose, perchè non hanno valletti, falegnami, servi di scena, ma realizzano anche molte più produzioni all'anno senza raggiungere gli stessi incassi. La situazione italiana è drammatica ed i tagli sono inevitabili, ma bisogna stare molto attenti quando si fanno questi interventi, perchè si rischia di creare danni enormi.
Ci sono diversi appuntamenti interessanti in Campania negli ultimi tempi, tra i quali l'esibizione di Riccardo Muti per la riapertura del teatro Grande di Pompei. Secondo lei la Campania, e Napoli in particolare con i suoi luoghi d'arte, può diventare un palcoscenico privilegiato per la buona musica?
Sinceramente non so rispondere a questa domanda e non sapevo che Muti fosse tornato a dirigere in Campania. Lui è un professionista straordinario, mi torna in mente l'occasione in cui ha diretto una mia opera: quando gli ho mostrato la partitura era così attento, serissimo. Io ero preoccupatissimo, perchè il pezzo dura mezz'ora ed altrettanto tempo è durata la sua lettura. Se l'è cantato dentro e poi mi ha detto "Sì, lo faccio" e l'ha eseguito in maniera straordinaria. Ero molto commosso.
Ricordo che ero preoccupatissimo. Ero già stato a Los Angeles per la premiazione ed al momento dell'annuncio del vincitore avevo detto a mia moglie "speriamo che non mi chiamino". Sono sempre stato preoccupato per ogni nomination, ma per l'Oscar alla carriera è stato diverso, sono stato avvertito molto tempo prima ed ho avuto il tempo di abituarmi all'idea, non c'è stata attesa e ne sono stato contentissimo. Il giorno prima mi chiesere di dire quello che volevo durante la premiazione, ma vollero sapere i cinque punti che volevo raccontare alla gente. Tra le altre cose dissi che quella non rappresentava la conclusione della mia carriera, che mi sentivo forte professionalmente e che lo sentivo un incoraggiamento a scrivere ancora. Poi ringraziavo i registi che avevano avuto fiducia in me, che volevo portare avanti nel cinema le mie idee sulla musica applicata al cinema e che dedicavo l'Oscar a mia moglie. Loro hanno scritto questi punti sul gobbo luminoso, traducendo tutto quello che avrei detto, ed io ho detto tutto in modo molto preciso, ma non nello stesso ordine, quindi chi capiva entrambe le lingue ha capito che non stavo dicendo le stesse cose e ne ha riso. Quella sera avevo un nodo alla gola ed ero molto emozionato e non riuscivo a parlare bene. Infatti ritornato a Roma andai anche da un neurologo, ma mi disse di non preoccuparmi e che era solo un attacco di panico. Forse è anche la mia età che mi porta ad emozionarmi più facilmente quando devo parlare della mia vita, che è stata abbastanza dura. Il confronto con registi e pubblico è durissimo, la nostra è una professione pesante. Allora quando mi capita di fare questi discorsi mi tornano alla mente tutte queste immagini della mia carriera e mi viene un nodo alla gola. Ultimamente mi capita più spesso di emozionarmi anche leggendo poesie, per esempio mi è capitato di recente con una poesia scritta da Pasolini in romanesco che si chiama Scirocco. Mi capita a volte con la musica, ma un po' meno perchè lì sono più critico.
Ha detto che ha sempre tante cose da fare. A cosa sta lavorando in questo periodo?
Lo dico in anteprima qui a voi, in quesa città che mi è simpatica. Massimo Ranieri è stato chiamato in televisione a fare in prima serata su RaiUno quattro commedie di Eduardo e sto facendo le musiche per questi lavori.
Una decina d'anni fa ho scritto un'opera napoletana, una piccola opera da camera, intitolata "Partenope". E' la storia del mito di Partenope, di come nasce il Golfo di Napoli, con un personaggio principale che ha due anime, una come donna, una come vestale, che ho fatto interpretare a due protagoniste diverse tra loro. Immaginavo una delle due come una cantante pop, l'altra come una soprano classica. C'è poi un protagonista napoletano che è scettico su quello che sta avvenendo in scena e critica qullo che stanno diendo, ma nel finale si commuove. Di quest'opera è stato scritto anche sui giornali e il San Carlo non mi ha chiamato per eseguirla; ne sono stato infastidito ed allora ho deciso di non voler più suonare lì, anche se mi pagassero tanto.