Se c'è una comedy scacciapensieri su Netflix, quella è sicuramente Emily in Paris. Creata da Darren Star e interpretata da Lily Collins, è l'appuntamento annuale oramai irrinunciabile per chi vuole staccare il cervello e godersi una sorta di commedia romantica (e lavorativa) in cui alla fine ogni cosa si risolve per il meglio, senza dimenticare gli outfit che fanno invidia alla Carrie di Sex and the City (non a caso le due serie hanno lo stesso "papà", Darren Star).
Dopo l'approdo - e la premiere mondiale - in Italia alla fine della scorsa stagione, arrivati al quinto capitolo, gli autori hanno provato a mescolare le carte in tavola per stuzzicare ancora una volta gli spettatori, e provare a dare un po' di stabilità ai personaggi.
Emily in Paris 5: tra Francia ed Italia, ancora una volta
Emily Cooper è ora a capo della nuova sede romana dell'Agence Grateau, anche se la sua capa Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu) in preda a una crisi personale e lavorativa tentenna a lasciarle effettivamente le redini. La dirigente decide di rimanere nella capitale italiana insieme ai fidi Luc (Bruno Gouery) e Julien (Samuel Arnold) per acquisire altri clienti oltre alla famiglia Muratori, e giustificare così l'ufficio romano.
Emily sembra molto più sciolta e sicura di sé rispetto a quando arrivò a Parigi nel ciclo inaugurale e sembra pronta ad un nuovo capitolo: la nuova agenzia, la nuova vita romana, la relazione stabile e felice con Marcello, inevitabilmente legata al lavoro. Se qualcosa andrà storto, però, tutto rischia di ingarbugliarsi su se stesso.
Una comedy che ritrova la coralità, ma perde qualche pezzo
Darren Star prova a dare uno scossone ai due rapporti più importanti della vita di Emily. Quello con Sylvie, che mette per la prima volta in discussione le proprie scelte e potrebbe trovare nella sottoposta, pur trattandola male, una sua "erede". Un po' come Miranda e Andy alla fine de Il diavolo veste Prada. L'altra relazione principale è l'amicizia con Mindy (Ashley Park) che per la prima volta nella storia della serie verrà seriamente messa in crisi.
L'aspirante cantante, ormai showgirl a tutti gli effetti, viene coinvolta in nuove opportunità lavorative e deve superare la rottura con Nico (Paul Forman), che torna pentito per come si è comportato. Anche Emily si trova ad avere a che fare di nuovo coi suoi vecchi spasimanti: da un lato l'eterno tira e molla con lo chef (ora stellato) Gabriel (Lucas Bravo, che inizialmente non voleva partecipare a questa stagione). Dall'altro la porta con l'avvocato Alfie (Lucien Laviscount) sembra definitivamente chiusa... ma sa sarà davvero così?
Nonostante questo, gli autori sembrano dimenticarsi di alcuni personaggi come Lucien, e liquidarne troppo velocemente altri come l'odiosa Genevieve (Thalia Besson), villain della scorsa stagione. Stona anche l'incipit stagionale che mette un punto ad alcune storyline senza valide motivazioni, nonostante non sia passato così tanto tempo dal precedente finale.
Tra cliché e stereotipi
Sarà forse che come italiani ci sentiamo giocoforza maggiormente chiamati in causa, ma facciamo fatica a digerire alcune nuove trovate relative al nostro Paese. Su tutte, Luc che trova alloggio solamente in un convento anche per questioni economiche (quando nella serie sono tutti benestanti). Oppure l'utilizzo di ammiccamenti a brand italiani modificandone il nome: Lavazza diventa Bavazza, e lo show tv Ballando con le stelle si trasforma in Ballando, ballando, ballando con una simil Milly Carlucci in sottofondo. O ancora alcuni fraintendimenti linguistici a cui vanno incontro i protagonisti, che sembrano usciti direttamente da una commedia di second'ordine dagli anni '90. Si creano così troppi cortocircuiti narrativi che tolgono realismo al racconto.
Nuove tematiche in Laguna
Emily in Paris però ha anche alcune frecce al proprio arco. Rimette le tematiche lavorative al centro della narrazione - come la crisi di idee che affronta la nostra protagonista - ma spezzettandola un po' troppo, complici le tante città visitate. Tutti sono comunque alla ricerca di una stabilità, tanto personale quanto professionale; in aiuto arrivano guest star sorprendenti come Minnie Driver, Bryan Greenberg, Jonathan Cake e Michèle Laroque. Tutti questi elementi, però, non bastano a far (ri)funzionare l'intero ingranaggio seriale.
Conclusioni
È incredibile come una comedy così sciocca come Emily in Paris rimanga un intrattenimento piacevole anche alla quinta stagione, e che già ci manca quando la dobbiamo salutare sperando in un rinnovo che almeno dia una degna conclusione alle sue disavventure. Il focus che ritorna ad alcune dinamiche lavorative e gli outfit modaioli non nascondono però cliché, stereotipi, situazioni improbabili e pessime scelte in fatto di brand farlocchi per "vestire" i nuovi dieci episodi. La nuova location veneziana insomma non risolve i problemi che la serie riscontra per alcuni, addirittura, da sempre... mentre per noi dall'inserimento dell'Italia nella trama.
Perché ci piace
- È bello tornare in Italia (ma quanti stereotipi!)
- Torna la sfida lavorativa al centro del racconto.
- Nuovi personaggi e nuove location...
Cosa non va
- ...ma i problemi della serie restano, e in suolo italiano li percepiamo ancora di più.
- La poca attenzione, a volte sbrigativa, verso alcuni personaggi secondari e il riprendere in mano alcune storyline in modo assurdo.