Il successo de La casa di carta ha attirato l'attenzione del grande pubblico sulla serialità spagnola. Un prodotto pensato per una televisione nazionale, dopo l'acquisizione e la diffusione da parte di Netflix, si è trasformato in hit globale. Per evitare che questa spinta propulsiva vada perduta, la piattaforma ha annunciato l'arrivo di una terza stagione de La casa di carta, ma prima ha realizzato una nuova serie tv spagnola originale, Élite, che attinge in parte allo stesso cast. Al di là di una dimensione corale e di alcuni attori, Élite ha ben poco in comune con la La casa di carta, anzi, va a infoltire la schiera delle produzioni seriali che si collocano in ambiente scolastico. A distinguere lo show scritto da Carlos Montero e Darío Madrona è il tono caustico, a tratti vagamente greve, di una serie che, in otto episodi, condensa colpi di scena e svolte drammatiche a gogo.
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La struttura di Élite ricorda quelle di The Affair e Big Little Lies - Piccole grandi bugie. La narrazione ruota attorno a un crimine che si è consumato nella prestigiosa scuola di Las Encinas, la vicenda viene ricostruita attraverso il collage di testimonianze rilasciate alla polizia da studenti e corpo insegnante. In flashback ripercorriamo l'arrivo nella scuola dedicata ai futuri dirigenti spagnoli di tre studenti della periferia povera sorteggiati per ricevere una borsa di studio con cui frequentare Las Encinas dopo che il loro edificio scolastico è crollato. Samuel (Itzan Escamilla), Nadia (Mina El Hammani) e Christian (Miguel Herrán) si trovano a dover fare i conti con una realtà a loro estranea. Samuel, timido e riservato, riesce a sopravvivere nel nuovo ambiente grazie all'incontro con Marina (María Pedraza), bella, ricca e ribelle, Nadia, mussulmana praticante, deve fare i conti con le usanze libertarie della scuola che mal si sposano al rigore familiare mentre Christian, il più estroverso, si getta nella mischia, pronto a tutto pur di stringere un rapporto con quegli studenti ricchi che lo guardano dall'alto in basso.
Guerra sociale: i personaggi di Elite
In Élite non esistono buoni e cattivi. Gli sceneggiatori Carlos Montero e Darío Madrona fanno uno sforzo encomiabile per mettere in scena personaggi complessi, anche se cliché e stereotipi sono dietro l'angolo. I giovani sono al centro dell'attenzione con il loro mondo interiore, il loro bagaglio di incertezze e ambiguità. Il risultato è uno strano miscuglio di vicinanza e repulsione. Il mix di difetti che ogni personaggio si porta appresso rende difficoltoso per lo spettatore provare empatia, a tratti certi comportamenti rasentano la sgradevolezza. Tendenza, questa, che non risparmia neppure le figure più positive e integerrime, la rigorosa Nadia e l'empatica Marina che, dietro l'aspetto solare e i modi accoglienti, cela comportamenti autodistruttivi e segreti inconfessabili. Per non parlare della spigliatezza con cui più o meno tutti, ricchi o poveri che siano, violano la legge. I personaggi di Élite rubano, spacciano, infrangono regole senza preoccuparsi delle conseguenze, giustificandolo come mezzo per migliorare la propria condizione.
Non è nelle differenze tra i singoli personaggi che si cela l'anima dello show, ma nella contrapposizione tra due ecosistemi in conflitto, ricchi e poveri. Il conflitto di classe è alla base di Elite, il ceto abbiente cerca di autoproteggersi espellendo i corpi estranei che d'altro canto, con il loro arrivo, diventano catalisi degli eventi drammatici. La relazione tra Samuel e Marina, il progressivo interessamento dell'altezzoso Guzman (Miguel Bernardeau), fratello di Marina, nei confronti di Nadia e quello di suo fratello Omar (Omar Ayuso) per il fragile Ander (Aaron Piper) sono la linfa vitale degli episodi, per non parlare dello strano triangolo sentimentale che si va a formare quando Christian attira l'attenzione dei ricchi e annoiati Clara e Polo. Le dinamiche narrative che vanno a costituire Élite si basano essenzialmente sul contrasto tra ceti sociali e sull'attrazione/repulsione tra membri di classi diverse. A scatenare il dramma è proprio il contatto tra mondi che, in circostanze diverse, mai si sarebbero sfiorati.
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Quel gusto tutto spagnolo per le tinte forti
Con un impianto narrativo come quello di Élite, la presenza della critica sociale è inevitabile. Lungi dall'allontanarsi da modelli del teen drama classico (nei corridoi della scuola per ricchi risuonano echi di The O.C., Gossip Girl e perfino delle nefandezze di One Tree Hill), l'impronta europea si nota nell'attenzione a temi politico-sociali che trapela a tratti dai discorsi dei personaggi. Basti pensare alla premessa, la borsa di studio offerta ai tre studenti poveri non come atto di giustizia sociale, ma come tentativo di mettere una pezza sulla catastrofe del crollo della scuola dovuto alla negligenza del costruttore (che sarebbe poi il padre di Marina e Guzman). La riflessione è presente dove possibile, ma per lo più è soffocata dalla ricerca costante del pathos. L'anima spagnola scorre potente in Élite e gli otto episodi che vanno a comporre la prima stagione sono densi di colpi di scena e svolte imprevedibili.
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Il gusto tutto ispanico per scene madri e tinte forti dà a Élite il sapore di moderna soap opera. Il che nell'insieme non stona finché questa deriva pittoresca non prende il sopravvento sulla storia. La stessa sessualità degli adolescenti deborda all'improvviso lasciando ampio spazio a esplicite sequenze omosessuali, eterosessuali e di sesso a tre; la serie non si fa mancare neppure qualche improvviso scoppio di violenza, che non stona mai. Nel tentativo di far colpo sul pubblico, Élite preferisce calcare la mano sulla dimensione emotiva e sentimentale dei personaggi piuttosto che concentrarsi sull'indagine che funge da filo narrativo. Denso, densissimi di eventi capitali, ognuno degli otto episodi non manca di offrirci ganci che ci convincano a proseguire la visione, fino al finale che resta in parte aperto in previsione di una possibile seconda stagione. Di fronte alla raffinatezza drammaturgica offerta da tanti show odierni, Elite è ancora anni luce indietro, ma la spigliatezza con cui affronta temi più o meno delicati la rende comunque una visione interessante.
Movieplayer.it
3.0/5