Il ritorno di Ari Aster con Eddington, dopo gli abissi del disagio esistenziale di Beau ha paura (2023), si propone come una discesa ancora più implacabile nel corpo malato della società americana contemporanea. Ambientato nel Nuovo Messico durante la tumultuosa e claustrofobica estate del 2020, il film distribuito da I Wonder Pictures in collaborazione con WISE Pictures resta costantemente sospeso su quel labile e pericoloso confine tra commedia grottesca e thriller esistenziale.

Ci troviamo di fronte in realtà ad una radiografia spietata e schizofrenica della crisi relazionale dell'occidente, dove la lucidità collettiva è irrimediabilmente perduta nella nebbia dei social media e di un'opinione pubblica sempre pronta a montare casi in serie, a volte ragionevolmente ma altrove sul nulla, innescando incendi difficili da spegnere.
Sognando l'America

Il regista non utilizza la corposa narrazione per celebrare o demonizzare qualcosa o qualcuno, ma per mettere a nudo l'assurdo di un contesto in profonda mutazione. La sua tesi è chiara da apparire lapalissiana: se non si ride di quel grande circo (degli orrori) che è l'America di oggi, si è condannati a piangere lacrime amare, perché l'epoca moderna è contemporaneamente spaventosa, pericolosa e catastrofica, ma anche ridicola, stupida e impossibile da prendere sul serio.
A tratti si respira quasi uno spirito comprensibilmente ribelle e iconoclasta alla Michael Moore, con almeno un paio di passaggi che si fanno cinici e cattivi al punto giusto per irridere alla base i paradigmi di quell'american dream che adesso più che mai appare sempre più come una fittizia fiera delle illusioni, un bel gioco che dura poco e che è finito da un pezzo.
Il Far West di Ari Aster: essere o non essere
La vera chiave di lettura di Eddington risiede nella sua natura ibrida: ovvero come dice il titolo del nostro articolo, quando il western non è solo western. Aster non sta ricreando il mito, ma lo sta analizzando nel suo compimento più delirante e fuori controllo, sfruttandone alcune dinamiche chiave come l'ambientazione e la legge della pistola quali basi archetipiche su cui costruire uno scontro di ideologie e di tematiche, vivisezionando alcuni degli eventi più drammatici che hanno sconvolto gli Stati Uniti - ma non solo - nell'ultimo decennio.

Il western tradizionale raccontava la battaglia per il territorio, per un ideale di giustizia e per la mitologia del suddetto sogno americano, attraverso la polvere del deserto e quella da sparo. Il film proietta questi stilemi nel nuovo fagocitante ecosistema dell'informazione, dove le antiche armi sono state sostituite da uno schema di feedback e like costante. Come afferma lo stesso Aster: "Eddington è un western, ma le pistole sono telefoni".
Tutti contro tutti in nome del nulla

La logica dei (c)o(ntra)pposti che si scatena nella piccola cittadina teatro dei paradossali eventi non è dovuta alla presenza dei banditi o a una fantomatica frontiera, per quanto le restrizioni dovute alla pandemia sembrino rappresentare un nuovo "dentro o fuori", ma allo scontro serrato quanto insensato tra lo sceriffo conservatore di Joaquin Phoenix, che rifiuta aprioristicamente l'utilizzo della mascherina come atto di ribellione, e il sindaco progressista di Pedro Pascal, che incarna l'approccio maggiormente pragmatico della futura classe dirigente.
La resa dei conti per l'anima di una nazione frammentata in un magma dicotomico tra passato e presente che collimano senza ragione di esistere, e non è un caso che il racconto si instradi su territori sempre più ambigui e insalubri, lasciando la follia insidiarsi progressivamente nella mente di quell'uomo di legge che arriva ad esserne anche il primo violatore.
Non soltanto bianco e nero
La paranoia interiorizzata domina così i toni e gli umori di un racconto che affastella argomenti in serie, crudi e cruciali, dal movimento Black Lives Matter alle teorie cospirazioniste, dalle sette strizzacervelli alla macchina del fango, in un ibrido mostruoso da far metaforicamente invidia alla mostruosa Elisasue di The Substance (2024).

Eddington è un film che si bea delle proprie ruvidità e sembra fatto su misura per essere il più divisivo possibile, in un'evoluzione narrativa eclettica a livello di ritmi e atmosfere. Ma proprio nella sua esibita stravaganza sui generis, trova la sua ragion d'essere, e che piaccia o meno difficilmente lascia indifferenti.