Sapete cosa significa la parola "hwyl"? E la parola "craic"? La recensione di Dream Horse, il nuovo film con Toni Collette, presentato al Sundance Film Festival del 2020 e in uscita al cinema il 1 luglio, deve necessariamente partire da qui. Sono due parole gallesi, e significano, secondo quello che dicono nel film, "motivazione", ed "energia". Insomma, qualcosa della lingua dovete conoscerlo per immergervi in quello che è un appassionante viaggio nel Galles, terra fatta di campagne verdi e cittadine anonime, di pub e fattorie. È una terra davvero poco battuta dal cinema. Di recente l'abbiamo vista in una delle puntate di The Crown, la serie tv sulla famiglia reale inglese, in cui Carlo, il Principe di Galles, decideva di recarsi lì e studiare lingua e storia del Galles in vista della sua incoronazione a principe. In Galles, all'inizio di questo secolo, è andata in scena una di quelle storie così belle che non sembrano vere, eppure lo sono: quella di un cavallo adottato da un'intera comunità, diventato un campione, e alla fine anche il simbolo del riscatto di questa comunità. Dream Horse è uno di quei classici film inglesi, tradizionali, solidi, edificanti, fatti di sceneggiature impeccabili e volti che bucano lo schermo. È una bella storia, da vedere.
Un'alleanza per un sogno
Jan Vokes (Toni Collette) lavora come addetta alle pulizie, e la sera fa anche la barista in un pub della piccola città del Galles, dove vive. Jan decide di comprare una giumenta e poi convince i suoi vicini a ridurre i loro magri guadagni per allevare e far crescere il puledro nato dall'accoppiamento con uno stallone. I proprietari del cavallo allora saranno tutti quelli che accetteranno, nella speranza che diventi un cavallo da competizione, in grado di gareggiare nelle grandi corse ippiche. È qualcosa di davvero singolare, una sfida apparentemente fuori della portata per una come Jan, e per le persone che ha vicino. Perché, come le dice uno del posto, allevare un cavallo è per persone ricche, o per professionisti. E invece, nonostante dei momenti di difficoltà, in cui Jan si batte per supportare il cavallo ma anche i suoi amici, la passione e l'impegno del gruppo vengono ricompensati quando il cavallo inizia a correre, a piazzarsi, a vincere nelle più importanti competizioni. Lo hanno chiamato Dream Alliance. Perché il sogno è che diventi un campione. E perché tutto questo è frutto dell'alleanza, dell'unione tra tante persone. Per tutti, però, diventerà Dreamy. È questo l'affettuoso vezzeggiativo con cui lo chiamano.
Dream Alliance, la seconda possibilità per tanti
Perché è proprio un sogno, ma in fondo anche l'amore per questo cavallo che hanno visto nascere, che tiene unita la comunità. Intorno a Dreamy, e questo sogno di vittoria e di riscatto, si muovono tutte le storie delle persone che hanno creduto in lui, anche a costo di sacrificare qualcosa. C'è chi è depresso, perché da quando ha perso il lavoro non può più ripartire. C'è chi un lavoro ce l'ha, ma lo odia e non ne può più di farlo ogni giorno. Dreamy sembra dare a tutte queste persone una seconda possibilità. È anche per questo che credono così tanto in lui.
Tra il film sportivo, la commedia e il dramma
Dream Horse è uno di quei film tipicamente britannici, quelli che vivono nei pub e in cui si respira l'odore di pinte di birra spinate a mano. E, quando si esce fuori, si sente il fresco dei prati verdi e delle colline. È un film che si muove tra lo sportivo, la commedia e il dramma, e lo fa molto bene, non trascurando nessuna delle regole dei generi in questione. Sì, è un film molto convenzionale, classico, ma è anche molto emozionante. È ben scritto, con una di quelle sceneggiature a orologeria in cui tutto si combina bene, e ben recitato, con una serie di volti unici, che il cinema inglese è abituato a darci. È un film che suscita empatia, positività, ottimismo, ed è probabilmente il film giusto per dare speranza in tempi come questi. In fondo, racconta una storia di ripartenza, parola che mai come oggi è sulla bocca di tutti.
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Le regole del film sportivo
Dream Horse, diretto da Euros Lyn, gallese, già alla regia della serie Doctor Who, sa usare i codici giusti quando, dal dramma e dalla commedia, deve passare al film sportivo, un genere che ha delle regole tutte sue. Ecco, le sequenze delle gare di Dream Alliance sono emozionanti, vibranti, montate in modo molto più serrato rispetto al resto del film, come il racconto di una corsa vuole. Ci piace come Lyn riprende le gare dal basso, insistendo con il contatto tra gli zoccoli dei cavalli e gli ostacoli della gara (una scelta che è funzionale a uno degli snodi del racconto), e come stacca sui primi piani del muso del cavallo. Il testa a testa della gara più importante è girato alla perfezione per far arrivare tutta l'adrenalina di una gara. E anche la struttura del film sportivo, fatta di ascesa, caduta e rinascita è perfettamente rispettata.
Catherine Zeta-Jones? Meglio Toni Collette
A proposito di gallesi, avrebbe dovuto esserci Catherine Zeta-Jones, la più celebre degli attori del Galles, a tenere alta la bandiera biancorossa in questo film. L'attrice, però, è stata definita troppo glamour, troppo star per interpretare il ruolo di Jan. La scelta di Toni Collette, australiana, si è rivelata invece perfetta. L'attrice de Il sesto senso, About a boy - Un ragazzo e In Her Shoes - Se fossi lei non ha un volto da primadonna, sa usare quel basso profilo e quel tono dimesso che servono a interpretare una donna comune, sa scomparire nel suo personaggio, salvo valorizzarlo con degli sguardi commossi e dei sorrisi aperti che servono a far arrivare allo spettatore l'emozione. Se, alla fine del film, restate per i titoli di coda, vedrete la vera Jan e capirete perché Toni Collette è l'attrice giusta. In scena, nel coro finale, ci sono i veri protagonisti della storia, a cantare accanto agli attori che li hanno impersonati. E da questa scena si può capire il grande lavoro che è stato fatto a livello di casting (in cui spiccano Owen Teale nel ruolo di Brian, il marito di Jan, e Damian Lewis, nel ruolo di Howard). È anche grazie a quello che Dream Horse riesce a farci entrare in un mondo, e raccontarci il riscatto di un'intera comunità. Finito il film vi ritroverete a intonare My Delilah di Tom Jones, come prima vi eravate trovati nel bus con il gruppo di Jan, a cantare A Design For Life dei Manic Street Preachers. Sì, Tom Jones e i Manic Street Preachers, due glorie gallesi. Come lo sono diventate Jan, il suo gruppo, e il loro amato cavallo. Benvenuti in Galles.
Conclusioni
Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Dream Horse, è uno di quei classici film inglesi, tradizionali, solidi, edificanti, fatti di sceneggiature impeccabili e volti che bucano lo schermo. Dream Horse mescola commedia, dramma e film sportivo, usando alla perfezione i codici di questi film, e azzecca tutto il cast. È una bella storia, da vedere.
Perché ci piace
- La storia, vera, di un cavallo che diventa il riscatto di una comunità, è molto bella.
- Toni Collette è perfetta nel ruolo, ma tutto il cast è azzeccato.
- Il regista sa usare al momento giusto i codici dei vari generi: commedia, dramma e film sportivo.
Cosa non va
- Sconsigliato solo a chi non ama le storie ottimiste e rassicuranti...