Don Winslow, l'uomo che ha scoperto il volto e l'anima delle belve

Dal suo esordio con A cool breeze on the Underground al successo internazionale de Le belve, lo scrittore americano svela i segreti di una vita all'insegna della letteratura e del cinema

Regista teatrale, attore, investigatore privato e consulente di studi legali; a quasi sessant'anni Don Winslow sembra aver vissuto più di una vita, anche se il mestiere che gli ha regalato più soddisfazioni è sicuramente quello di scrittore. Dopo aver esordito con A cool breeze on the Underground, ancora inedito in Italia, l'ex guida di Safari in Kenia è stato considerato di diritto uno degli autori più talentuosi del poliziesco americano. A quel primo successo hanno fatto seguito altri titoli come Il potere del cane e L'inverno di Frankie Machine, ma è con Le belve che nel 2011 conquista definitivamente l'attenzione del panorama editoriale e riceve la lusinghiera attenzione da parte del cinema. A essere precisi, però, Winslow non è del tutto nuovo al grande schermo, visto che il suo The Death and life of Bobby Z è stato trasformato in un film da John Herzfeld. Nulla a che vedere, certo, con l'idea di affidare la propria creatura alle mani di Oliver Stone e a interpreti come Benicio Del Toro, John Travolta ed Emile Hirsch. Di questa esperienza e del suo rapporto con il cinema, da sempre per lui fonte d'ispirazione, Don Winslow ha parlato al Noir in Festival che gli ha attribuito il Raymond Chandler Award 2012 alla carriera.

Da sempre gli scrittori noir sono racchiusi all'interno di uno stile e di un gusto ben preciso. Per lei, invece, la critica del New York Times ha fatto un'eccezione visto che, grazie al successo de Le belve, l'ha promossa a rango di romanziere fuori da qualunque canone. Che effetto le ha fatto ricevere quest'apprezzamento? Don Winslow: Ricordo bene quel momento, stavo volando da Londra verso Milano per prendere parte a una conferenza. Io e mia moglie eravamo all'aeroporto di Heathrow quando abbiamo ricevuto una chiamata da parte di mio figlio ventunenne. Quando l'ho sentito, ho pensato immediatamente che si trattasse di una brutta notizia. In realtà m'invitava a leggere la recensione del New York Times assicurandomi che si trattava di una cosa fantastica. Quando sono riuscito a visualizzare l'articolo sul mio telefonino, mi sono reso conto di cosa intendesse.

La sua produzione letteraria è sempre stata piuttosto continua. C'è solo una considerevole interruzione che va dal 1997 al 2005. Si tratta di un periodo in cui viene collocato, ad esempio, anche l'attentato alle Torri Gemelle. Questo evento ha in qualche modo condizionato l'andamento del suo lavoro, portandolo a una diversa riflessione sulla realtà che la circonda? Don Winslow: Assolutamente. Si è trattato di una svolta epocale che ha avuto ripercussioni importanti sulla sensibilità di molti artisti. Però, nel mio caso specifico, l'interruzione subita nel lavoro è causata da altri avvenimenti. A sconvolgere e condizionare per molto tempo la mia vita è stato soprattutto un delitto consumato in Messico, in una località che frequentavamo nei week end. Si è trattato dell'uccisione di diciannove persone, tutte donne e bambini, ordinata dai signori del narcotraffico. Da quel momento, chiedendomi come potesse essere possibile che tutto questo accadesse, ho cominciato a leggere libri sul male senza trarre grande beneficio. Abbandonate le questioni filosofiche mi sono gettato a testa bassa in ricerche specifiche sul movimento della droga. Più leggevo e più mi arrabbiavo. E' per questo motivo che ho impiegato cinque anni per trovare la concentrazione giusta e scrivere Il potere del cane.

I personaggi che attraversano i suoi romanzi hanno tutti una loro etica nella rappresentazione della natura umana divisa tra la salvezza e la perdizione. Quanto degli anni trascorsi a New York hanno influenzato quest'umanità? Don Winslow: Molti di loro nascono da queste suggestioni. Tutti sappiamo che nessuno si lascia dietro il proprio passato. Io, ad esempio, sono cresciuto a Road Island, un luogo apparentemente tranquillo dove c'è, però, ancora una grande concentrazione mafiosa divisa tra italiani e irlandesi. Inoltre, come detective privato, mi sono imbattuto molto spesso in casi di abusi su minori. Tutto questo ha influenzato il mio stile.

Una parte importante nella sua formazione l'ha avuta anche il cinema sperimentale. Non trova che questo sia un elemento molto interessante per un autore che ha firmato romanzi trasformati spesso in film? Don Winslow: E' vero. Ho cercato di approcciare la narrativa con lo stesso spirito rivoluzionario utilizzato dai ragazzi della Nouvelle Vague che, ad un certo punto, decisero di fregarsene dei divieti e di cambiare le regole della rappresentazione. A scuola di scrittura ci viene detto che non bisogna mai cambiare punto di vista all'interno stesso capitolo, ma se io ci riuscissi lo farei anche in ogni riga. Fellini, Truffaut e Godard hanno lavorato in questo modo in ogni inquadratura. Ad esempio ne Le belve, raccontando l'amore tra i due uomini e la ragazza, mi rifaccio chiaramente a Jules e Jim. Credo che scrivere un triangolo sentimentale e non vedere quel film sia un atto incredibilmente irrispettoso.

Allo stesso modo lei decide di narrare per inquadrature, prendendosi tutto il tempo necessario.. Don Winslow: Non voglio rimanere in una scena più a lungo di quanto sia necessario. Il mio scopo è di invitare il mio lettore a un giro in giostra, facendo in modo che mi segua in un gioco che potrebbe essere pericoloso, avventuroso o sexy, a seconda di quello che mi serve.

Parlando di cinema americano, quali sono le pellicole che l'hanno ispirato? Don Winslow: Sicuramente Il braccio violento della legge e Serpicocon Al Pacino. Ma potrei citare anche Butch Cassidy. Penso che i polizieschi moderni provengano direttamente dal western. In un certo senso credo che il genere sia arrivato il più a ovest possibile e, non potendo passare l'oceano su di un cavallo, ha deciso di tornare indietro e di trasformare il cowboy in un detective privato.

Per finire, tornando alla letteratura, lei ha citato tra i cinque romanzi da non perdere Anna Karenina di Tolstoj. Come mai questa scelta? Don Winslow: Semplicemente si tratta di uno dei miei romanzi preferiti. Ci troviamo di fronte ad un autore di grande intelligenza che pur raccontando con chiarezza i limiti dei suoi personaggi, ha per loro una grande compassione. Sicuramente non mi voglio paragonare a Tolstoj, ma anch'io vorrei arrivare a raggiungere questi risultati.