Do Revenge, la recensione: la vendetta è un piatto che va servito colorato

La recensione di Do Revenge, il film Netflix con Camila Mendes e Maya Hawke il cui mondo è talmente colorato che la vendetta sembra trovare difficoltà a farsi largo.

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Do Revenge: Maya Hawk in una foto del film

La vendetta è un piatto che va servito non solo freddo, ma in un contesto come quello contemporaneo, dominato dai social e dalla moltitudine di schermi sempre accesi, anche colorato e a portata di condivisione video.
Come sottolineeremo in questa recensione di Do Revenge, il mondo di Eleonor e Drea è una macchina alimentata con il fuoco della vendetta. Troppo stretto il laccio che le soffoca e non le fa dormire; troppo grande il peso della delusione e della discriminazione subita. Le due ragazze erano destinate a incontrarsi per farsi sicari l'una dell'altra, senza paura e senza timore, e poco importa se i piani diabolici progettati siano coltellate profonde e per questo capaci di ferire vittime inconsapevoli ed estranee; nel mondo cangiante, fatto di tinte pastello e ricchezza ostentata, non c'è posto per il perdono, ma solo recriminazione e rancore. Due metà di una mela ammaccata nell'anima e intrisa di un succo colmo di orgoglio, Drea ed Elonor si fanno vittime e carnefici, ragazze da comprendere e accusare. Eppure, in questa storia che vuole farsi teen-dramedy dalle tinte di revenge-movie, quella qui costruita è una struttura colorata ma poco solida e alquanto traballante. Il revenge porn che dà il via alla narrazione è appena accennato, un livido che tocca l'orgoglio, ammaccando maggiormente l'ego della protagonista e la sua corsa accademica a Yale, sminuendo un argomento che invece merita di essere approfondito, ma qui lasciato a mero pretesto narrativo.

DO REVENGE: LA TRAMA

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Do Revenge: Maya Hawk in una scena del film

Drea (Camila Mendes) lavora sodo. Pur provenendo da una famiglia normale, è riuscita a diventare la ragazza più popolare della scuola. É ambiziosa e diabolica: tutto quello che fa non è altro che spianarsi la strada per Yale, suo vero obiettivo. Un giorno, però, un suo video erotico viene diffuso tra gli studenti, probabilmente per mano del suo ex Max. Risultato? Cade in rovina mentre Max rimane il re incontrastato della scuola. Intanto arriva l'estate e Drea lavora in un esclusivo campo sportivo. Qui incontra Eleonor (Maya Hawke), che è timida, ingenua e traumatizzata da delle false accuse ricevute anni prima da parte di Cassandra. La ragazza inizierà anche lei a frequentare la scuola superiore di Drea e di Cassandra. Drea e Eleonor sono molto diverse, ma hanno la stessa sete di vendetta. Decideranno dunque di scambiarsi di posto per vendicarsi di chi le tormenta senza destare sospetti. Non sarà facile.

API REGINE E VENDETTE PER OGNI GENERAZIONE

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Do Revenge: Camila Mendes in una scena del film

Ogni generazione sente quasi il bisogno di un'opera che la rappresenti, che ne mostri vizi e virtù, cadute e ascese. Sono opere cult, che non hanno paura di prendere ogni caratteristica ed enfatizzarla al limite, quasi rasentandone il parodico. Così è stato in passato per pellicole indimenticabili che hanno segnato un'era come The Breakfast Club, Ragazze a Beverly Hills, Mean Girls e, più recentemente, Easy Girl; Do Revenge tenta di ereditare tale scettro ed elevarsi a commedia di vendetta degli anni post-2020, ripresentando il canovaccio di api regine spodestate e abbattute a forza di ingegno e furbizia, di ingiustizie attaccate, e screzi personali rivendicati. Ma il film targato Netflix manca di alacrità e totale coinvolgimento da parte di uno spettatore quasi frenato nel farsi complice del piano malefico di Drea ed Eleonor.

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Do Revenge: Camila Mendes in una sequenza

Eppure in questa rete di vendette subite e imposte, le motivazioni che rendono accettabile e giustificabile un comportamento altrimenti condannabile, perdono la loro valenza sociale, per tramutarsi in mero attacco all'ego delle due protagoniste. Ciò che parte come danno difficilmente superabile, come il revenge porn, che prende e distrugge l'animo di chi lo subisce (si pensi al documentario L'uomo più odiato di Internet), viene qui ridotto a mero pretesto narrativo, piccolo neo da superare immediatamente, senza conseguenze se non una reiterazione continua di vendetta chiamata e programmata. E così, quella fiducia e complicità che si andavano cercando tra pubblico e protagoniste tanto malefiche quanto iconiche, come potevano essere Regina di Mean Girls, o Cher Horowitz di Clueless, qui si vanno perdendo, accecate da un fuoco di vendetta troppo bruciante e poco consistente.

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IL TEMPO DELLA VENDETTA

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Do Revenge: Maya Hawk in una scena

Vendetta chiama vendetta, con la stessa potenza mefistofelica con cui sangue chiama sangue nel Macbeth shakespeariano. E in effetti Drea ed Eleonor, shakespeariane lo sembrano davvero. Con la stessa freddezza di Iago in Otello, costruiscono il proprio tempio vendicativo, stuccandone i buchi, e innalzandone i muri, senza risparmiare nessuno. Un gioco che finirà per colpirle in prima persona, come un boomerang karmico, senza però abbatterle, ma solo solleticandone la pelle. Più che una commedia di vendetta, Do Revenge si mostra come una fiaba a lieto fine, dove la felicità arriverà comunque e il mea culpa basterà per espiare le colpe di due protagoniste ora innalzate a paladine della giustizia personale. Nel loro arco narrativo le Nostre non conoscono veramente una caduta dell'eroe che le faccia assaporare l'acidità del terreno e l'odore metallico dell'inferno personale. Continuano a camminare a testa alta, Drea ed Eleonor, sfiorando l'attacco, ma mai subendolo. Una lacuna che le rende poco verosimili, troppo finte, troppo bamboline che tentano di vestirsi di rosso vendetta.

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Do Revenge: un momento del film

CONQUISTARE LO SCHERMO

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Do Revenge: una scena del film

Se dal punto di vista prettamente narrativo, le due protagoniste sono ancorate a uno sviluppo personale circolare, che non porta a nessuna evoluzione, da quello puramente attoriale Drea ed Eleonor vivono di espressioni e di una gestualità convincente perché presa in prestito dall'universo giovanile. Un punto di forza reso possibile dalle ottime performance di Camila Mendes (Riverdale) e Maya Hawke (Stranger Things). Tra sguardi malefici, e sorrisi genuini, le due giovani attrici donano ai loro personaggi la freschezza dei loro anni, traducendo in termini attoriali paure e gioie, delusioni e attrazioni che vivono e animano il cuore dei teenager. Lo stesso non può dirsi di Austin Abrams, troppo forzato e caricato nel dare vita alla meschinità di Max, riducendolo a pura macchietta odiosa e dimenticabile.

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Do Revenge: un'immagine del film

In questo mondo colorato, dove la forza della vendetta non trova mai un suo corrispettivo fotografico perché tutto in Do Revenge vive di luci abbaglianti e di schermi sempre accesi, le vicende di Eleonor e Drea si fanno tanto artificiose, pretenziose, proprio come artificiosa e pretenziosa è la vita della stessa Drea, "self-made girl" che vive di luce riflessa di un sistema sociale di cui ama far parte, nonostante quell'allontanamento forzato (e mai apparentemente voluto in toto) e dettato dalla propria sete di vendetta. Eppure, al posto di farsi carico di timori e paure tipiche dello Zeitgeist contemporaneo di riferimento, il film diretto da Jennifer Kaytin Robinson finisce per accennare tematiche come il revenge porn, o la discriminazione sociale e sessuale, senza mai indagarli, ma rendendoli meri elementi toccati superficialmente, perché nulla nel mondo di Eleonor e Drea deve intaccare le loro esistenze. Altrimenti ecco che si accenderebbe nuovamente il furore della vendetta.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Do Revenge sottolineando come le buone intenzioni di partenza non trovano un proprio corrispettivo in un film troppo colorato e acceso, dove la vendetta pare artificiosa e superficiale, e ogni tematica trattata ridotta a puro fuoco da accendere un ego maltrattato.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • Le performance di Maya Hawke e Camila Mendes
  • I riferimenti alla generazione delle protagoniste

Cosa non va

  • La durata eccessiva
  • La superficialità con cui vengono trattate certe tematiche delicate
  • Una fotografia troppo accesa e pastellosa