Disney+, un anno dopo: bilancio provvisorio della piattaforma della Disney

Un anno dopo il debutto, torniamo a riflettere su Disney+, tra alti e bassi, cercando di capire il suo posizionamento nella guerra dello streaming.

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The Mandalorian: un'immagine della prima puntata

12 novembre 2019: il giorno del debutto, in USA, Canada e Olanda, di Disney+, la piattaforma streaming concepita per mettere a disposizione tutte le produzioni (o quasi) della major che ha definito una fetta non indifferente dell'immaginario collettivo contemporaneo. Un servizio il cui lancio europeo vero e proprio, a partire da fine marzo 2020, ha avuto il vantaggio di arrivare nel momento in cui lo streaming in generale ha acquisito una popolarità crescente per via della chiusura dei cinema e dei lockdown generali in gran parte del mondo, raggiungendo in tempi record gli obiettivi che la Casa del Topo si era prefissata (potete abbonarvi alla piattaforma di casa Disney seguendo questo link. Abbiamo quindi a che fare con uno dei pesi massimi nella cosiddetta guerra dello streaming, capace di rivaleggiare con realtà consolidate come Netflix e Amazon Prime Video (e battendo a livello di abbonati Apple TV+, che ha esordito nello stesso periodo e aveva il vantaggio dell'essere disponibile a livello globale già dal primo giorno). Non senza qualche controversia, aspetto su cui ritorneremo in questo bilancio del primo anno della piattaforma Disney+, tra Baby Yoda, musical sui padri fondatori dell'America e uscite dirottate.

Tutto Disney

DuckTales: un'immagine della serie animata Avventure di paperi
DuckTales: un'immagine della serie animata Avventure di paperi

Indubbiamente, il fascino di Disney+ è legato soprattutto alla promessa che, nei limiti di ciò che è adatto alle famiglie (per i contenuti dal target più maturo è previsto un servizio aggiuntivo, che in patria è Hulu mentre altrove avrà un nome diverso ed è previsto a partire dal 2021), il catalogo conterrà tutto ciò che la Disney ha mai prodotto, con materiale tratto dai vari brand: Disney Animation, Pixar, Marvel, Lucasfilm, National Geographic, 20th Century Studios, eccetera. Un catalogo a dir poco imponente, al punto che tra le varie macrocategorie disponibili sul servizio c'è anche quella della suddivisione in decenni, a partire dal 1928 (l'anno dell'esordio di Topolino). Già al momento del lancio l'offerta era notevole: tutti i classici d'animazione, i film Pixar, Marvel e di Star Wars (al netto di alcuni titoli temporaneamente non disponibili a causa di accordi pregressi con altre piattaforme) e una vasta gamma di serie televisive, tra cui gran parte del Disney Afternoon (DuckTales - Avventure di paperi e via dicendo). E il catalogo continuerà a crescere, anche se a leggere certi commenti americani sui social c'è il legittimo dubbio sulla possibilità di vedere alcuni titoli specifici (per l'esattezza gli speciali televisivi della trasmissione Disneyland). E rimane la questione spinosa de I racconti dello zio Tom, che a detta delle alte sfere Disney non sarà mai disponibile, essendo già praticamente introvabile da quasi quattro decenni.

Disney+, quello che manca (e quello che non vedremo mai)

Originali (e non)

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The Imagineering Story: Il castello di Disneyland

Altro piatto forte, le produzioni originali, o meglio, una produzione originale: The Mandalorian, motivo principale per cui molti appassionati hanno criticato la scelta del lancio a scaglioni in diversi mercati. Eh sì, perché l'altro titolo "di punta" del primo giorno - Lilli e il vagabondo - non ha raccolto chissà quali entusiasmi, e per quanto il livello qualitativo sia altissimo è inutile negare che i documentari (The Imagineering Story e altri) si rivolgano a un pubblico più di nicchia, così come in parte i cortometraggi originali (Corto circuito per la Disney Animation, SparkShorts per la Pixar). Ragion per cui, oltre all'attesa delle serie Marvel (la prima, WandaVision, arriverà a dicembre), non sono mancati i commenti, incoraggiati dalla situazione globale, sulla possibilità di caricare direttamente sulla piattaforma film inizialmente previsti per il cinema, cosa poi effettivamente accaduta con Hamilton (senza troppe lamentele), Mulan (con un controverso sovrapprezzo oltre al costo dell'abbonamento) e a breve con Soul. Senza dimenticare titoli più "piccoli" che sono stati dirottati senza troppi sensi di colpa, in primis Artemis Fowl, flop annunciato sin dall'uscita del primo trailer, quando il film doveva arrivare nelle sale già alla fine del 2019. Un esito indicativo della strada che la Disney pensa di intraprendere quando ha recentemente annunciato che lo streaming sarà una componente importante a livello di produzione.

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Qualche problema

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I Simpson approdano su Disney+

Non sono mancati gli aspetti problematici, a cominciare da un difetto tecnico iniziale di non poco conto: l'ordine casuale degli episodi di diverse serie, il che diventa un grattacapo quando c'è un minimo di trama orizzontale (è il caso del nuovo Ducktales, tant'è che lo showrunner in persona ha dovuto farlo presente a Disney+). In altri casi c'erano episodi mancanti (e per il lancio europeo, a seconda dei paesi, mancavano all'appello intere stagioni), e solo uno di questi - quello de I Simpson dove c'è la voce di Michael Jackson - lo è per volere degli autori. Sempre per quanto riguarda la celebre serie animata sulla famiglia gialla, diversi episodi erano disponibili nel formato sbagliato, mentre alcuni film sono presentati nella versione approvata per la messa in onda televisiva statunitense, con parolacce e nudi abilmente oscurati o rimossi (ed è quasi certamente un errore umano nella scelta del file da caricare, dato che altri film, come quelli degli X-Men, hanno il turpiloquio intatto). Questo si ricollega alla critica maggiore nei confronti del servizio, ossia il suo essere quasi esclusivamente orientato verso le famiglie, in attesa della piattaforma aggiuntiva che completerà l'offerta.

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Mulan: Yifei Liu in una scena del film

E poi c'è l'aspetto evocato in precedenza, quello dell'uso di Disney+ per prodotti concepiti per la sala e che sulla carta avrebbero fatto una figura almeno discreta al cinema, ossia i live-action basati sui classici d'animazione e i film Pixar. Una scelta senz'altro deludente, in parte dettata dalle circostanze attuali (siamo sicuri, a questo punto, che ci saranno abbastanza sale aperte nel mondo il 25 dicembre, giorno del debutto di Soul sulla piattaforma?), ma con implicazioni aggiuntive in seguito al recente annuncio, in realtà non del tutto diverso dalle strategie delle altre major, di volersi servire maggiormente dello streaming, con il sottinteso che sarà la destinazione più o meno automatica per il tipo di film che il pubblico non va più a vedere al cinema (vedi il caso della Paramount, che nel corso del 2020 ha venduto tre lungometraggi a Netflix, incluso Spongebob - Amici in fuga che in teoria nelle sale sarebbe andato bene). Un'evoluzione forse inevitabile ma non priva di aspetti discutibili, al punto che sui social abbondano tuttora commenti di persone che per principio hanno deciso di disdire l'abbonamento o piratare i due titoli Disney succitati. Sarà principalmente quello il vero aspetto da esaminare nei mesi a venire: se Disney+, a livello di produzioni originali, sarà un'estensione del ramo cinematografico o un vero e proprio sostituto.

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