Diciannove, la recensione: lo sfrontato e impertinente esordio di Giovanni Tortorici

La vita di un fuorisede per riflettere sul valore del linguaggio contemporaneo: l'esordio di Tortorici è cinema sfacciato e insolente (meno male) capace di regalare attimi di estrema bellezza. Protagonista un altro esordiente, Manfredi Marini. Presentato a Venezia 81.

Dana Giuliano, Manfredi Marini e Vittoria Planeta in Diciannove

Diciannove, l'età del protagonista. Diciannove, come diciannovesimo è il Secolo dell'Ottocento. Ma cosa c'entra, l'Ottocento, con la storia sgangherata di un ragazzo alla scoperta di sé? C'entra, eccome. Allora, in questa scapigliatissima onda lunga di nuovi talenti, nuove voci e nuovi racconti, scende in campo (imponendosi) Giovanni Tortorici che, con Diciannove (presentato a Venezia 81, sezione Orizzonti), sembra rifarsi alle nevrosi tipiche di Woody Allen per tracciare un profilo sicuro e sghembo di un ragazzo a cui voler bene.

Diciannove Manfredi Marini In Un Primo Piano
Manfredi Marini è Leonardo

Niente formalismo né accomodante umorismo borghese (e meno male), bensì una forte verve che ha l'ambizione e pure il coraggio di risultare invece scomodante, tanto nella messa in scena quanto nella scrittura, immortalando l'esatta e disordinata dimensione di uno studente fuori sede.

Diciannove: vita di un fuorisede (con la passione per Cavalcanti e Guinizelli)

Ed è una sorpresa l'andirivieni di Diciannove, che parte sornione, quasi infastidito e fastidioso. Poi, però, come il percorso di Leonardo (Manfredi Marini, all'esordio, bravissimo), la struttura prende forma, si focalizza, si sblocca. Leonardo parte da Palermo per raggiungere sua sorella (Vittoria Planeta) a Londra. È iscritto ad una facoltà di business, ma Leo è molto più interessato agli aspetti umanistici piuttosto che a fare soldi.

Diciannove Una Sequenza Del Film
Vita da fuorisede

Allora, dopo una fugace e deludente esperienza londinese, torna in Italia, a Siena, dove inizia a studiare letteratura. Ma ad uno come Leonardo, però, gli insegnamenti universitari vanno stretti, e quindi meglio incaponirsi e andare contro il solito professore borioso, studiando "in modo matto e disperato" secondo le proprie regole e le proprie visioni.

Cinema sorprendente e sfrontato. Finalmente

Dietro il tratto naif, a volte troppo sfocato, e perché no anche un filo pretenzioso, Diciannove è un'abbagliante disamina sul valore del linguaggio. Che sia il linguaggio visivo o quello scritto, che sia quello parlato o quello non verbale. Non è quindi un caso che il periodo storico su cui ragiona il protagonista, in parte, sia proprio l'Ottocento, rinnegando di contraltare la "corruzione culturale" del Novecento (e tornando poi indietro fino a Leopardi, e poi fino a coloro che l'italiano l'anno inventato: Dante, Guinizelli, Cavalcanti, Ariosto). Se il percorso di Leonardo, da Londra a Siena fino ai salotti di Torino è adiacente ad un romanzo di formazione post-moderno (con tutte le turbe, le indecisioni, le ansie del caso), la particolarità del film sta nel soffermarsi nella stessa riflessione linguistica portata avanti dal ragazzo (e Manfredi Marini è stato bravo a renderlo naturale, vero, riconoscibile), che il regista inquadra da diverse angolature, sghembe ed egocentriche.

Diciannove Una Scena
A spasso per Siena

Intermezzi animati e filmati social (e quindi il linguaggio di internet), e ancora la musica (la colonna sonora non originale, che cita proprio le sonorità classiche del IX Secolo), che gioca un ruolo fondamentale nella narrazione, accompagnandola costantemente, fuori dai margini e fuori (a volte) dalla logica. E dunque, che oggetto è, Diciannove? Potrebbe addirittura essere cinema Neorealista, quello di Tortorici, almeno nell'accezione contemporanea di una narrativa italiana che pare stia imparando a raccontare qualcosa di nuovo e qualcosa di giovane, ponendosi sullo stesso piano d'ascolto e d'osservazione di ciò che inquadra. Per questo, risultando vero, convincente, sorprendente. E sì, anche splendidamente sfrontato. Era ora.

Conclusioni

Diciannove è di Giovanni Tortorici funziona per la sua impertinenza, per la sua sfrontatezza, per la sua arguzia umoristica. Storia di un fuori sede a caccia di un posto nel mondo, idealista e appassionato, ma anche indolente e sbilenco, colma a pieno un esordio dal forte interesse, fresco e coraggioso, visionario ma, a tratti, estremamente egoriferito. Peccato veniale, perché poi conta il contesto, e il risultato. Tant'è che non vediamo l'ora di vedere come proseguirà la carriera del regista.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • La buona prova di Manfredi Marini.
  • La sfrontatezza generale.
  • Il coraggio di certe scelte.
  • La freschezza.

Cosa non va

  • A tratti potrebbe risultare un filo egocentrico.