Difficile, molto difficile affrontare la recensione di Diamanti grezzi, opera seconda dei giovani registi di Good Time, i fratelli Safdie, cercando di riassumere la complessità di un film nel quale convivono due facce opposte tra loro. Il film Netflix sembra corrispondere all'oggetto centrale del film: una serie di diamanti preziosissimi racchiusi e incastonati, però, in strati di roccia più superficiali e sporchi. La domanda, un po' esistenziale forse ma necessaria, diventa solo una: l'oggetto prezioso è solo il diamante grezzo all'interno o è la roccia nel suo insieme, compresi gli strati superficiali? Proviamo a trovare la risposta, ovviamente senza spoiler.
La caotica leggerezza dell'essere
La trama del film ruota attorno al personaggio di Howard Ratner, un gioielliere ebreo di New York che non riesce a fare a meno di complicarsi la vita. Dividendosi tra lavoro, sotterfugi, amante e allibratori, Howard cerca di mantenere in piedi un castello di sabbia che non smette di crollare. Non senza colpe, perché l'istinto del gioielliere è quello di scommettere continuamente grosse somme di denaro, poco importa se ha debiti irrisolti con il banco dei pegni o con dei "gangster" minacciosi e tradire (la moglie, gli amici, i patti stretti) con la speranza di riuscire a farcela. L'arrivo dall'Etiopia di questo diamante allo stato puro destinato a un'asta che gli potrebbe far fruttare milioni sembra l'occasione giusta per cambiargli definitivamente la vita. Se, come ci viene detto a inizio film, all'interno del diamante si può vedere l'universo, al suo esterno invece regna il caos. Le giornate di Howard sono piene di personaggi, ognuno coi propri interessi, che si accavallano, si intersecano, si parlano l'uno sopra l'altro. Più che essere il centro di questo microcosmo, Howard si destreggia, non proprio benissimo, al suo interno.
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Il chiaro ordine del caos
In questo i fratelli Safdie compiono un piccolo miracolo. Mantenendo un ritmo sempre alto per tutta la durata del film, il film si svolge attraverso un cacofonico caos di voci, rumori, musica, ambienti, eventi. Un caos che, però, non si trasforma mai in confusione. La regia è chiara, la gestione degli spazi in cui si svolgono gran parte delle scene è da manuale e nonostante la camera a mano e il montaggio frenetico che già avevamo avuto modo di apprezzare in Good Time possano risultare a tratti un po' troppo estremi alla visione, la voluta rappresentazione del caos riesce a donare al film anche una certa dose di tensione e ansia. Sottolineiamo, però, come questa scelta stilistica sia una scommessa molto azzardata, al pari di quelle di Howard lungo il corso della storia: la si può abbracciare completamente immergendosi nella narrazione o la si può trovare respingente. Nel secondo caso la visione del film potrebbe risultare indigesta tanto da togliere interesse alla vicenda raccontata e mettendo a dura prova la pazienza dello spettatore. Discorso a parte merita l'interpretazione di Adam Sandler. Un po' sfortunato nel trovarsi in un'annata di interpretazioni da attore protagonista incredibili tanto da mancare la nomination agli Oscar, Sandler esce dalla sua comfort zone di attore di commedie per dare vita a un personaggio non proprio positivo, drammatico e fastidioso, sboccato e loquace.
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La fortuna e l'universo
Nell'Antica Roma la fortuna era un termine che racchiudeva in sé sia la buona che la cattiva sorte, il fato della natura e il fato come conseguenza delle scelte umane. Diamanti grezzi sembra incapsulare, con l'aggiunta di alcune scene esplicite, questo discorso tanto da vedere il diamante prezioso come simbolo della natura incontaminata, espressione della casualità cosmica, e come questo influisce sugli uomini e la loro natura. C'è della magia in queste pietre preziose, esiste un influsso che altera la condizione umana? Oppure l'universo caotico del diamante è della stessa sostanza di cui siamo fatti noi e le nostre scelte sono dettate ugualmente dal caos? A questo proposito i titoli di testa che passano da una visione del cosmo a una colonscopia sembrano già stimolare questa chiave di lettura che verrà risolta solo nel riuscito finale del film.
Conclusioni
Concludiamo la nostra di recensione di Diamanti grezzi affermando che si tratta di un film con una forte impronta personale e che al suo interno nasconde un universo vivo che agisce come l’opale nero della storia. Può fare impazzire gli spettatori, seppur in due modi opposti: può immergerli nell’atmosfera ansiogena e caotica o può respingerli talmente tanto da volersene allontanare il prima possibile.
Perché ci piace
- I fratelli Safdie dimostrano di saper gestire ottimamente il mezzo cinematografico.
- Adam Sandler interpreta benissimo un protagonista anomalo fuori dai suoi standard.
- Il finale è particolarmente riuscito e merita la visione.
Cosa non va
- La cacofonia continua tra caos e urla può respingere facilmente lo spettatore tanto da fargli risultare la visione sofferente.
- Se non si è predisposti a questa visione personale e autoriale il film non ha molto da offrire.