Daughters, la recensione: un documentario intimo per una denuncia alle prigioni statunitensi

Il racconto di un ballo padri/figlie dietro le sbarre di un carcere è il pretesto per la regista Natalie Rae e la sostenitrice del cambiamento sociale Angela Patton di mostrare il volto disumano degli istituti penitenziari a stelle e strisce. In streaming su Netflix

Aubrey Smith in un'immagine di Daughters

Aubrey Smith, 5 anni, Santana Stewart, 10 anni, Ja'Ana Crudup, 11 anni, e Raziah Lewis, 15 anni. Sono loro le daughters che danno il titolo al documentario diretto dalla regista Natalie Rae e della sostenitrice del cambiamento sociale Angela Patton. Presentato al Sundance 2024, dove ha vinto il Audience Award: U.S. Documentary, Daughers è il frutto di otto anni di lavoro in cui il racconto privato di quattro figlie si fonde con il racconto di un sistema penitenziario dove l'aspetto umano e il recupero sociale ed emotivo del detenuto vengono spesso dimenticati.

La ferita paterna e le sfumature di un'assenza

Daughters Un Immagine
Le piccole protagoniste di Daughters

"I nostri papà sono i nostri specchi in cui ci riflettiamo quando decidiamo che tipo di uomo meritiamo e come ci vedono per il resto della nostra vita". Angela Patton ha dedicato gli ultimi dodici anni della sua vita ad un progetto, Girls for a Change, che a sua volta ha dato vita ad un programma, Appuntamento con papà, il cui obiettivo è quello di far legare padri detenuti con le loro figlie. Si è sempre svolto a Richmond, Virginia, fino a quando non si è deciso di estenderne i confini fino a Washington. È qui che Natalie Rae ha iniziato a filmare il documentario. Una testimonianza importante sotto il duplice profilo sociale e umano.

Il programma prevede la selezione di un gruppo di detenuti che, per dieci settimane, deve sostenere incontri corali guidati da un life coach, Chad Morris, che li accompagnerà fino al fatidico giorno in cui potranno rivedere le loro figlie in un ballo organizzato nella palestra del carcere. Un percorso in cui affrontare, un passo alla volta, "la ferita paterna". Sono loro, infatti, le vere protagoniste di Daughters. La macchina da presa le segue nelle settimane che precedono il ballo svelando le loro personalità e il differente approccio emotivo a quell'incontro.

Se la piccola Aubrey è tutta trepidazione ed energia, Santana prova risentimento nei confronti del padre. Se Ja'Ana non ha nemmeno idea di come sia fatto perché non l'ha mai incontrato, per Raziah l'assenza della figura paterna l'ha portata ad avere pensieri suicidi. Ognuna di loro racconta una differente sfumatura - dettata in parte anche dall'età - di cosa significhi l'assenza del genitore.

Daughters, un concentrato di emozione

Daughters Una Foto Del Film
I papà alle prese con il nodo alla cravatta

Poco presenti e marginali le figure materne, Daughters non è neanche interessata a svelare perché quegli uomini siano finiti dietro le sbarre di un istituto penitenziario. Li vediamo parlare in circolo di cosa significhi per loro non veder crescere le loro bambine, aprirsi settimana dopo settimana, incontro dopo incontro. Fino al giorno del ballo che arriva circa a metà del documentario. Da una parte le bambine e adolescenti bellissime nei loro vestiti da festa, dall'altra i padri nei completi su misura forniti dall'associazione di Angela Patton (con tanto di scarpe tirate a lucido dal suo di papà).

La regista, con un montaggio incrociato, ci mostra gli uomini alle prese con il nodo alla cravatta e le figlie alle prese con un ambiente nuovo come quello del carcere, tra spaesamento ed euforia. Poi il momento dell'incontro: un lungo corridoio con i papà seduti in fila e in lontananza un cumulo di colori che, man mano che si avvicina, prende le forme delle loro bambine. Un lungo silenzio e poi poi un'esplosione di gioia, lacrime e baci. L'appuntamento con papà può ufficialmente iniziare.

Daughters Una Scena
Una scena di Daughters

Daughters ne cattura imbarazzi, complicità, affetto, carezze, pianti. Ma, sopratutto, una promessa. Quella dei genitori alle loro figlie. L'impegno a tornare da loro, ad essere presenti nelle loro vite, a non lasciarle più sole. Poco importa se usciranno di lì in pochi mesi o tra anni. Caratterizzato da parentesi di lirismo e diverse fotografie e formati dello schermo a seconda del momento e dell'ambiente raccontato, il documentario raggiunge il suo culmine narrativo a metà per poi dedicare la seconda parte al post-ballo. Le piccole protagoniste sono seguite nei quattro anni successivi per mostrare i cambiamenti subiti nelle loro vite e nel rapporto con i padri. Una scelta che, alla lunga, può dare l'impressione di trovarsi davanti a più finali.

Un documentario dalla forte valenza sociale

Daughters Una Sequenza
Aubry e il suo papà durante il ballo

È impossibile non commuoversi guardando Daughters, perché il documentario disponibile su Netflix è un concentrato di emozioni contrastanti, di speranza e redenzione. L'impatto emotivo che la lontananza e il ballo hanno sulle vite di quei piccoli nuclei familiari composti da papà e figlia è tangibile. E scatena una serie di reazioni. In loro e in noi. Dalla rabbia all'insicurezza, dal dolore per tutto ciò che si è perso al tentativo di iniziare un nuovo capitolo della propria vita. Ma oltre l'aspetto privato, il documentario ha anche una forte valenza sociale.

Perché le storie raccontate in Daughters sono uguali a quelle di altre migliaia di famiglie e detenuti in giro per gli Stati Uniti. Il ballo non è solo un'iniziativa virtuosa, ma un vero miraggio in un sistema carcerario che dal 2012 ha vietato in molte strutture le cosiddette "visite di contatto", quelle cioè in cui c'è la possibilità di vedersi, toccarsi, parlarsi guardandosi negli occhi. Al posto delle barriere in plexiglass sono stati installati degli schermi per videochiamate a distanza concesse con estrema parsimonia il cui costo è a carico delle famiglie, così come le semplici telefonate. Veri e propri tariffari che sostituiscono gli incontri reali. Il documentario, quindi, è anche una denuncia sociale perché testimonia una condizione che non giova a nessuno. Né ai detenuti e i loro affetti né alla società.

Dughters Un Momento Del Film
I papà in attesa di vedere le loro bambine

Lo dimostra la percentuale di uomini, il 95%, che non sono mai più tornati in prigione dopo aver preso parte al programma ideato da Angela Patton. "Il potere del tatto" è essenziale tanto quanto il recupero del detenuto attraverso percorsi specifici. Ma spesso i sistemi penitenziari finisco per essere una scatola angusta e sovraffollata alla quale viene messo il coperchio nella più totale indifferenza. E all'ombra della noncuranza non può nascere nulla. Perché spesso quelle condanne sono figlie di un contesto sociale difficile che si riallaccia ai doveri mancati di uno Stato che dovrebbe garantire supporto e possibilità a tutti i suoi cittadini.

Conclusioni

Un documentario dal grande impatto emotivo capace di parlare di questioni sociali come lo stato delle carceri statunitensi senza scadere nel didascalico. Visivamente attraversato da più formati tanti quanti le anime del racconto, Daughters parla dell'importanza del fattore umano nel recupero del detenuto. Ma, sopratutto, di come l'unità familiare sia l'elemento cruciale per poter pensare e credere nel domani.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La scelta di focalizzarsi sulle piccole protagoniste e le loro emozioni
  • La denuncia di un sistema penitenziario da riformare
  • L'uso di fotografia e formati diversi rispetto agli ambiti raccontati
  • L'emozione che suscita e attraversa l'intero documentario
  • Il momento dell'incontro tra padri e figlie

Cosa non va

  • La seconda parte può risultare un insieme di più finali