Dopo aver tenuto gli spettatori con il naso incollato allo schermo per due stagioni, la serie mistery tedesca tira le fila della sua complessa narrazione e si prepara a sbarcare su Netflix il 27 giugno 2020. Sono davvero alte le aspettative per questa terza e ultima stagione di Dark: molti misteri dovranno essere svelati per poter finalmente chiudere un cerchio di cui ancora non conosciamo né l'inizio né la fine. Sì perché, come ben saprà chi conosce e segue lo show, la vera incognita in Dark è il tempo e l'unica domanda che valga la pena porsi non è "dove" o "cosa" ma "quando".
Ambientata nell'apparentemente tranquillo villaggio tedesco di Widen, la serie si apre con la scomparsa del piccolo Mikkel, evento che porterà a galla gli oscuri segreti che legano gli abitanti della piccola cittadina e che coinvolgono, in particolare, quattro famiglie: i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler e i Tiederman. Ma non siamo qui per raccontarvi la trama della serie né per svelarvi quali saranno le svolte narrative di questa terza stagione. Il nostro obiettivo è di fugare i dubbi di chi ancora guarda a Dark con estremo scetticismo, vuoi per i suoi facili parallelismi con altre celebri serie televisive, vuoi per la sua fama di avere un intreccio molto complesso e, a volte, confuso. In realtà, tutto appare estremamente logico e coerente in Dark, se solo gli si concede una visione attenta e priva di pregiudizi. E se ancora non fossimo riusciti a convincervi a dare una possibilità a una delle migliori serie degli ultimi anni, ecco 5 motivi per vedere Dark.
1. Un prodotto originale
Un gruppo di adolescenti che si muovono tra i boschi, eventi inspiegabili, oscuri e serpeggianti segreti e citazionismo anni Ottanta. A un primo e superficiale sguardo, Dark sembrerebbe strizzare l'occhio, se non prendere addirittura spunto, da altre celebri serie televisive: il collegamento ai protagonisti di Stranger Things, alle atmosfere de I segreti di Twin Peaks o all'intreccio narrativo di The OA è quasi inevitabile. Basta però proseguire un minimo nella visione per rendersi conto che il parallelismo con gli show sopracitati non sopravvive oltre alla seconda o terza puntata della serie tedesca. Dark è, infatti, un prodotto assolutamente originale; prende le distanze dai tipici racconti di viaggi nel tempo, dove le persone viaggiano avanti e indietro a proprio piacimento, delineando un percorso tutto sommato lineare. Quello ideato da Baran bo Odar, invece, è un labirinto circolare, un perfetto puzzle di piani temporali che attinge a piene mani dalla scienza, dalla religione e dalla filosofia. Inoltre, rispetto a una serie come quella con protagonisti Undici, Mike e i loro amici, in Dark non c'è spazio per l'ironia e l'elemento comico; lo spettatore viene completamente avvolto in un'atmosfera cupa, nella quale le vicende e le tematiche vengono trattate in modo estremamente adulto, talvolta crudo.
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2. Il vero protagonista della serie: il tempo
Il tempo è sicuramente il protagonista assoluto di Dark. Fin dalla prima puntata, infatti, inizia a delinearsi come un personaggio vero e proprio: in alcuni casi un alleato, il più delle volte un nemico contro il quale combattere. Di certo, sempre da osservare per poter comprendere appieno il grande mistero che avvolge la cittadina di Widen. Mettete dunque da parte fin da subito l'idea di un'allegra scampagnata tra le epoche; qui il tema dell'Eterno Ritorno di Nietzsche innerva l'intera vicenda, intrappolando i suoi protagonisti in un asfissiante loop temporale che sembrerebbe essere senza scampo. Perdersi è facile e inevitabile, anche per lo spettatore che si ritroverà a rincorrere lo stesso personaggio in diversi periodi storici, o meglio, cicli temporali. La chiave di volta per trovare l'uscita del labirinto sta nell'interiorizzare il main theme alla base della serie: La domanda non è dove ma quando. E chi saprà comprendere questa fondamentale differenza tra le coordinate spaziali e quelle temporali, riuscirà a trovare ciò che sta cercando.
3. Il tema del libero arbitrio
La tematica dell'Eterno Ritorno è indissolubilmente legata a quella del libero arbitrio. Se il tempo è un cerchio senza inizio né fine e gli eventi si ripresentano perennemente uguali a se stessi, allora i protagonisti sono condannati a subire un destino ineluttabile? Oppure esiste la possibilità di compiere una libera scelta e cambiare una sorte che sembra già scritta? È quello che cerca di scoprire colui che, nel corso della serie, emergerà come personaggio principale, Jonas Kahnuald (Louis Hofmann); spinto dal desiderio di comprendere le ragioni alla base del suicidio del padre, Jonas si ritroverà a viaggiare nel tempo per cercare di cambiare le proprie scelte ma finendo per prendere sempre le medesime decisioni. Un meccanismo che metterà duramente alla prova la mente delle spettatore, fornendo ottimi spunti di riflessione e spingendo a un binge-watching veramente aggressivo.
4. Un casting azzeccato
Il continuo alternarsi delle epoche storiche comporta la necessità di prestare attenzione all'identità dei personaggi; la maggior parte di essi, infatti, ci viene mostrata in differenti fasi della vita: giovinezza, età adulta è vecchiaia. Questo avrebbe potuto complicare molto il processo di riconoscimento (a volte comunque complesso), se non fosse stato per l'ottimo lavoro svolto in fase di casting; spesso la somiglianza tra gli attori che interpretano la stessa persona in anni diversi è veramente impressionante. Così come gli interpreti dimostrano la capacità di riproporre medesimi atteggiamenti e movenze di un personaggio, in modo da renderlo quasi subito individuabile. Anche la caratterizzazione dei protagonisti è curata nei minimi dettagli: dall'abbigliamento al background personale, nessun elemento viene lasciato al caso. Infine, in Dark spicca l'attenta indagine che viene fatta dell'animo umano: la psiche, i sentimenti e i rapporti che i personaggi stringono tra di loro passano sotto la lente di ingrandimento, regalando allo spettatore quasi una sensazione di estremo realismo.
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5. Fotografia e colonna sonora
La musica e la fotografia sono sicuramente due delle colonne portanti di Dark che, andando a braccetto, accompagnano lo spettatore sempre più dentro le atmosfere cupe e angoscianti della serie. Il suono detta il ritmo della narrazione, orchestrando in maniera magistrale il susseguirsi di ogni scena; qui il merito va a Ben Frost, compositore australiano e interprete di musica minimalista, elettronica e sperimentale. La colonna sonora è varia e dai forti riferimenti anni Ottanta mentre, per la sigla di Dark, i produttori hanno deciso di puntare sul dj e producer tedesco Apparat che, con il suo pezzo Goodbay (The Devil's Walk, 2011) sposa alla perfezione le atmosfere della serie. A proposito di atmosfere, è grazie alla fotografia impeccabile e onirica di Nikolaus Summerer che prende vita l'ambientazione cupa e permeata di mistero che caratterizza Dark. Sono i dettagli qui a fare la differenza; per questo, una fotografia in grado di mettere in risalto i più piccoli particolari risulta vincente per capire immediatamente in quale anno si trovano i personaggi.