A quasi 80 anni, Dario Argento è più indaffarato che mai. Solo poche settimane fa il maestro del brivido ha annunciato il ritorno in televisione con una serie tv o film a episodi, come lui ama definirlo, che potrebbe approdare su Netflix o Amazon. Nel frattempo il regista si è lanciato in una nuova avventura, lo sviluppo di un videogioco a tema horror intitolato Dreadful Bond, lavoro questo "che durerà a lungo, almeno un anno. E' un progetto molto complicato". Il FIPILI Horror Festival ha celebrato la produzione argentiana con una mostra, incontri col pubblico e la proiezione dell'evergreen Inferno. Nella cornice livornese Dario Argento ne approfitta per rassicurare il pubblico rivelando di stare pensando al ritorno al cinema "forse tra un anno".
Il tempo passa, ma le ossessioni di Dario Argento restano le solite. Il regista che ha il dono di saper comunicare con la sua metà oscura ("se la tieni nascosta ti aggredisce, invece bisogna parlarle liberamente") teme che un giorno, mentre si troverà da solo in bagno davanti allo specchio, il vaso di Pandora che contiene i suoi incubi esploda in mille pezzi. Nel frattempo sta ben attento a coccolare quegli incubi, che rappresentano la sua fonte di ispirazione primaria: "Certi aspetti del mio cinema non li capisco neanche io" confessa. "Sono istintivo, aspetto che l'ispirazione mi arrivi chissà da dove. Sto alla finestra e aspetto che i pensieri della gente arrivino a me per metterli nei film. Il pensiero è una cosa solida, rimane e continua a vagare nella città".
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Lo sguardo argentiano sul cinema del presente
Mentre attende il ritorno sul set, Dario Argento non perde di vista la produzione dei colleghi, horror e non. Nel panorama internazionale due sono le cinematografie che sembrano convincerlo oggi, quella asiatica e quella messicana: "Il cinema di paura racconta storie che nascono dall'inconscio, paure intime. Oggi a interpretare al meglio il genere è l'Estremo Oriente. Sono stato più volte in Corea del Sud, molti registi hanno ammesso di essere stati influenzati dal mio cinema. Anche il cinema giapponese e quello messicano sono molto interessanti. Roma di Cuarón è un capolavoro, davvero meraviglioso. Amo molto anche Iñarritu e Guillermo del Toro che fa un cinema horror molto politico. Questo rende i film più forti".
Meno entusiastico il giudizio sul cinema americano. Pur avendo apprezzato Hereditary - Le radici del male e Get Out, Dario Argento confessa di non amare il cinema americano perché "molto ripetitivo, semplicistico, non c'è psicologia né approfondimento. E' un cinema di effetti speciali, sono i primi ad ammetterlo". Argento non ha parole tenere neppure per il cinema italiano contemporaneo: "Oggi in Italia si fa poco cinema di genere, forse per questioni finanziarie. Il gusto del pubblico si è un po' imbastardito per via delle fiction, anche il cinema è diventato una mezza fiction. Ma adesso ci sono segnali di risveglio, qualcosa di positivo accadrà".
La sintonia con le donne davanti e dietro lo schermo
Mentre attende di aggiungere un altro tassello alla sua filmografia, Dario Argento ripercorre le sue ossessioni, l'arte, la scultura, la pittura e la fotografia che lo hanno condotto alla scoperta delle donne. In Paura, suggestiva autobiografia pubblicata nel 2016, Argento ricorda come la scoperta del corpo femminile sia avvenuta nello studio della madre, importante fotografa specializzata nei ritratti di figure femminili: "Passavo ore a guardarla lavorare. Vedevo come truccava le modelle, che luci metteva, che espressioni cercava nei loro volti. Sento la figura femminile molto vicina a me, tanto che la maggior parte dei miei film ha come protagoniste delle donne. Con mia figlia Asia Argento ho fatto 5 film, ma anche Jessica Harper, Daria Nicolodi, Jennifer Connelly sono diventate le mie muse".
Proprio questa sintonia col gentil sesso ha permesso a Dario Argento di esordire alla grande come co-sceneggiatore di C'era una volta il West: "Ero appena all'inizio quando Sergio Leone mi chiamò per scrivere C'era una volta il West con Bernardo Bertolucci. Il motivo era che la protagonista era una donna e secondo Leone gli sceneggiatori importanti non erano interessati a questo lavoro. Allora ha chiamato due ragazzini, che secondo lui erano più adatti perché avevano la mente più aperta e frequentavano le ragazze. Non è stato facile per Leone, in seguito non ha più fatto film con donne protagoniste".
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Il rapporto con gli attori tra set turbolenti... e tecnologici
Pur ricordando con entusiasmo le interpreti che hanno contribuito a fare grande il suo cinema, Dario Argento non usa giri di parole nel ricordare che il rapporto con gli attori non sempre è stato idilliaco. Il regista definisce "terrificante" la relazione con Tony Musante, protagonista de L'uccello dalle piume di cristallo: "I litigi con lui erano continui, sul set non ci parlavamo più, ma Tony non è stato l'unico con cui ho avuto problemi. Anche con la protagonista di Opera, Cristina Marsillach, ho avuto un rapporto spaventoso, Siamo arrivati al punto che ci parlavamo solo tramite biglietti, oppure usavamo il mio aiuto regista come tramite anche quando ci trovavamo nella stessa stanza. Cristina era una persona molto capricciosa, bizzarra, era impossibile starle vicino".
All'opposto, Dario Argento ha vissuto una felice esperienza lavorativa dirigendo Adriano Celentano nel film storico Le cinque giornate e con Jennifer Connelly che ha diretto in Phenomena. "Bellissima anche l'esperienza con Jennifer Connelly, che all'epoca aveva tredici anni. Era un'attrice di una sensibilità unica, aveva cuore. Anche con Jessica Harper, si è creata una bella relazione, attrice, cantante, ballerina, sapeva fare tutto. Senza dimenticare mia figlia Asia, che ha iniziato con me quando era una bambina, l'ho vista crescere nei miei film".
L'amore per il set non ha mai abbandonato Dario Argento, d'altronde il regista ammette di fare cinema "per essere amato. Voglio che il pubblico ami i miei film perché riflettono i loro incubi". L'incubo che incombe sul presente ha molto a che fare con la tecnologia, il web, l'uso e e l'abuso dei social. Tema che Dario Argento ha sfiorato in Profondo nero, escursione nell'universo di Dylan Dog che ha visto il regista co-autore della storia (qui potete leggere la nostra recensione di Dylan Dog, Profondo nero). Un'esperienza unica, destinata a non ripetersi, precisa Argento mentre riflette sul suo rapporto con la tecnologia: "Amo le innovazioni e apprezzo internet. E' utile, interessante. Ma non ho un rapporto buono con i social. Non li uso, non mi va di raccontare il privato. Le mie esperienze e i miei pensieri li tengo dentro di me, in attesa che mi suggeriscano nuove storie".