Dario Aita tra segreti e magie

La nostra intervista al giovane attore palermitano, che dopo 'La prima linea', torna a lavorare con Renato De Maria e Riccardo Scamarcio ne 'Il segreto dell'acqua'.

Teatro, studi, sacrifici e una grande passione, quella per la recitazione, che lo ha portato al cinema e in tv. Abbiamo visto Dario Aita ne La prima linea, accanto a Riccardo Scamarcio, e lo ritroveremo ancora insieme all'attore pugliese, ma sul piccolo schermo, ne Il segreto dell'acqua, un intricato mystery ambientato in Sicilia. Per tutta l'estate Dario è stato impegnato sul set della miniserie - che tra l'altro è diretta da Renato De Maria, già autore de La prima linea - che si è spostato da Tunisi, alla Sicilia e Roma - e adesso ci racconta la sua seconda esperienza davanti alla macchina da presa, anticipando anche qualcosa di ciò che vedremo, ma anche raccontandosi ai nostri lettori tra aspirazioni, sogni... e magie.

Senza svelare troppi dettagli narrativi, che storia racconta Il segreto dell'acqua, e che personaggio sei stato chiamato ad interpretare?

Dario Aita: Il segreto dell'acqua racconta la storia di un detective che viene trasferito da Roma in un commissariato palermitano. A Palermo sarà costretto a confrontarsi con se stesso e con il suo passato e si troverà casualmente al centro di un mistero intricatissimo del quale cercherà di venire a capo grazie all'aiuto della stravagante squadra di polizia di cui ha il comando. Il personaggio che interpreto fa giusto parte di questa squadra di poliziotti un po' alla deriva. Sergio Basso - questo è il suo nome - è il più giovane della squadra, ama le moto, la musica, ed è spesso in ritardo al lavoro a causa delle sue nottate brave in discoteca. Come tanti ragazzi di periferia Sergio è costretto a fare il suo lavoro più per necessità che per passione e come tanti giovani ha un talento innato per mettersi nei guai. Proprio per questo forse, fin dal primo incontro, il perspicace detective interpretato da Riccardo Scamarcio, Angelo Caronìa accoglie e protegge il giovane Sergio come farebbe un padre o un fratello maggiore, rivedendo in lui quell'istintualità piena di ingenuità e di sensibilità che tanto gli ricorda se stesso ragazzo. Le vicende che vivranno insieme metteranno Sergio di fronte a situazioni a lui sconosciute e lo costringeranno a confrontarsi con problemi di gran lunga più grandi di lui.

Fino a settembre sarai impegnato nelle riprese di questa fiction, se non sbaglio nella tua Sicilia. Non vi concederete nessuna pausa? Che atmosfera si vive sul set? Dario Aita: Le riprese de Il segreto dell'acqua sono iniziate con una calda settimana tunisina, in seguito si sono spostate in Sicilia dove sono rimaste per diverse settimane e attualmente sono a Roma e ad intervallarle sono soltanto i weekend e i giorni festivi. Chiaramente un attore ha meno impegni in termini di giorni lavorativi rispetto alla troupe, ma malgrado ciò il mio ruolo mi costringe ad inseguire il set perché gli intervalli tra una ripresa e l'altra - quando ce ne sono - sono di pochi giorni.
Lavorare nella mia Sicilia è stata per me un' occasione eccezionale. Amo Palermo e la Sicilia e spesso mi capita di non tornarci per mesi a causa del mio lavoro; e proprio per questo, riuscire a fare ciò che amo nel luogo che amo è il massimo che io possa chiedere adesso. Un'occasione eccezionale anche perché mi ha permesso di mostrare e far vivere la mia città a tanta gente che lavora sul set con la quale si è creato un ottimo rapporto professionale e umano. Sul set si respira un'atmosfera di grande professionalità e serenità. Si vive tutto con grande impegno e passione e malgrado ciò o forse proprio per questo da attore riesco a vivere tutto come un gioco, il che è indispensabile per il lavoro che faccio.

Come mai ti sei trovato a lavorare per la seconda volta con Riccardo Scamarcio? E' una semplice coincidenza, o si deve a circostanze ben precise? Dario Aita: Innanzi tutto mi sono ritrovato a lavorare per la seconda volta non solo con Riccardo ma allo stesso tempo anche con Renato De Maria con il quale avevo già per l'appunto lavorato per La prima linea e con Francesco Vedovati che in entrambi i casi si è occupato del cast. Io non credo nelle semplici coincidenze, il più delle volte mi sembra che gli eventi abbiano una magia sotto a muoverli ed intrecciarli. La magia consiste in tante cose. Innanzi tutto nel rapporto di stima e fiducia reciproca che si è creato con Renato. E non meno importante, nella strana alchimia che si crea davanti alla macchina da presa tra me e Riccardo. In entrambe le occasioni i nostri personaggi sono legati da un rapporto molto simile alla fratellanza in cui io interpreto il fratello minore e lui il maggiore. Questo rapporto fatto di affettuosi consigli ma anche di sguardi severi, di stupidi scherzi o di taciti scontri, il tutto sorretto da tanta stima e tanto affetto, è tra l'altro lo stesso rapporto che spesso ci troviamo ad avere fuori dal set e dai nostri personaggi creando quella sottile linea tra realtà e finzione che tanto caratterizza il nostro lavoro.

Hai ventidue anni e sei stato già scritturato per il grande schermo e la televisione, sia Il segreto dell'acqua che con La prima linea. Com'è stato per te recitare davanti ad una cinepresa, visto che hai una formazione prettamente teatrale? Avevi aspettative o pregiudizi di qualche tipo, nei confronti dell'ambiente cinematografico e televisivo?

Dario Aita: In realtà la mia passione per la recitazione nasce con il cinema. Ma le circostanze mi hanno portato a relazionarmi fin da principio con il mondo del teatro, anche se fin da principio ho cercato di rifuggire qualsiasi stile di recitazione eccessivo, ricercando la sobrietà e la concretezza: due caratteristiche necessarie davanti alla macchina da presa che fortunatamente ho trovato e fatte mie alla scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova. Quando ho recitato ne La prima linea per me era la primissima esperienza davanti ad una macchina da presa. Devo ammettere che essere catapultato - ancora al secondo anno di accademia - su un set cinematografico non è stato semplice. Ho dovuto fare i conti con tutta quella serie di differenze che esistono tra il cinema e il teatro: la ripetizione continua e la frammentazione di una scena, i limiti imposti dalla macchina da presa, i movimenti raccordati per il montaggio e tutto quello che il cinema impone all'attore e che io ho dovuto imparare assecondando i tempi molto ristretti che impone un set.
Non ho mai avuto particolari aspettative o pregiudizi sul mondo del cinema se non immaginarlo come qualcosa di lontano e irraggiungibile.

Cosa ti ha portato a scegliere di fare il tuo lavoro? Dario Aita: Credo che sia stata la magia di cui parlavo prima. Quella serie di circostanze casuali che in realtà non sono tali. Come dicevo ho sempre avuto una grande passione per il cinema. A 14 anni scoprire Mastroianni nei film di Fellini è stata una svolta. Ma fin da giovane ho avuto per l'appunto molti pregiudizi sul mondo del cinema e della televisione. Sono cresciuto in un quartiere della periferia palermitana e vedevo quel mondo lontano anni luce da me e dalle mie possibilità. L'ho sempre considerato più un sogno che una realtà concreta. Avvicinarsi a quel mondo prevedeva un investimento di tempo e denaro: investimento decisamente troppo oneroso per me. Così ho iniziato come la maggior parte dei miei coetanei ad intraprendere gli studi universitari, malgrado continuassi a coltivare la mia passione per la recitazione frequentando la scuola serale diretta da Michele Perriera, Il Teatès di Palermo. Qui ho conosciuto una collega che mi ha offerto di accompagnarla in giro per le scuole di recitazione per farle da spalla alle prove di ammissione. Così ho deciso di approfittare di questa opportunità per preparare anch'io un pezzo da presentare alla commissione del Teatro Stabile di Genova - l'unica scuola che non prevedeva tasse di iscrizione - e come nei film più scontati sono stato preso. Una volta a Genova la mia permanenza lì era costantemente a rischio per questioni economiche, ma tanti sacrifici e persone che non smetterò mai di ringraziare mi hanno permesso di terminare il mio percorso di studi durante il quale appunto come per magia ho incontrato tutti coloro che mi hanno dato fiducia: i miei insegnanti di recitazione, il mio agente, Francesco Vedovati, Renato De Maria e tanti altri...

Che traguardi ti poni per il futuro? Ci sono ruoli o temi che ti piacerebbe vivere e interpretare, o autori con i quali ti piacerebbe lavorare? Dario Aita: Cerco di non pormi troppi traguardi. Credo che bisogna vivere a pieno il presente a prescindere da speranze o aspettative e cerco di "accettare con semplicità tutto ciò che mi accade" come dice la frase di apertura dell'ultimo film dei Coen. Finora è andata bene. Tuttavia so per certo che continuerò a lavorare in teatro. Attualmente sto curando la regia dello spettacolo Cellule, scritto da Luca De Bei, che debutterà il 25 Ottobre con la compagnia Asilo Molly Mariuccia, in occasione del Festival di Viterbo alle Officine Beluschi. Ad oggi ho interpretato dei ruoli molto vicini a me e che non necessitavano di un eccessivo sforzo interpretativo, proprio per questo mi piacerebbe interpretare un personaggio molto diverso da me che mi imponga un lavoro ancora più duro su me stesso e che mi imponga di compromettermi ancora più di quanto abbia fatto finora. Amo i ruoli dei cattivi forse proprio perché nella vita non esprimo facilmente il mio lato aggressivo e quindi poterlo fare davanti ad una macchina da presa sarebbe una magnifica costrizione. Ci sono tantissimi autori con i quali mi piacerebbe lavorare e citarli tutti sarebbe impossibile, ma sicuramente facendo proprio un minestrone istintivo tra italiani e internazionali e dimenticandone un migliaio direi: Salvatores, Bertolucci, Bellocchio, Crialese, Piccioni, Luchetti, Scorsese, Eastwood i fratelli Coen, e uno dei miei preferiti in assoluto, Alejandro Gonzalez Inarritu.