Il ruolo del regista abbraccia molteplici mansioni all'interno del percorso produttivo di un film e certamente, oltre alla responsabilità tecnica del lungometraggio, colui che si occupa della direzione ha la libertà - maggiore o minore a seconda del contesto nel quale lavora - di conferire una visione personale del lavoro. Diversi registi che hanno contribuito ad arricchire la storia del cinema si sono distinti per alcune precise e riconoscibili caratteristiche. Tra i cineasti contemporanei che hanno conquistato il pubblico in questi anni, Damien Chazelle è tra quelli che hanno saputo valorizzare e distinguere i propri film attraverso peculiarità ben riconosciute. La più evidente è senz'altro l'uso della musica.
Prima la musica, poi le immagini
Tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017 le sale di tutto il mondo sono state invase dalle sequenze di uno dei film maggiormente iconici del decennio. La La Land è sinora l'apice della seppur breve carriera di Damien Chazelle, che oggi compie 35 anni e che vogliamo omaggiare percorrendo brevemente il suo cinema. E raccontarlo attraverso una delle particolarità preponderanti dei suoi lavori. Più ci si addentra nel cinema di Damien Chazelle più si comprende quanto per lui alle volte siano i rumori, i suoni o la musica stessa stessa ad anticipare le immagini. La sequenza d'apertura di La La Land ne è un esempio lampante. Chazelle stimola principalmente il nostro udito, introduce lo spettatore alla celebre scena d'apertura del film con la musica di un'autoradio ancor prima di spiegarci, attraverso la macchina da presa, il contesto nel quale - da spettatori - ci troviamo.
La La Land: la vita non è un musical
Note tra le origini
Come accade per altri professioni artistici, anche il regista attinge al proprio passato, alla propria formazione e talvolta al contesto sociale nel quale è cresciuto per modellare i propri lavori e influenzare le opere alle quali si dedica. E Damien Chazelle non è affatto da meno. Nato e cresciuto a Providence, in una famiglia borghese e religiosa, Damien Chazelle ha il primo colpo di fulmine in età adolescenziale. A quell'età non gli fu regalata la prima videocamera. Il giovane Chazelle passa prima dalla musica e si appassiona in maniera viscerale alla batteria, uno strumento che lo accompagnerà in una fase delicata della sua formazione. E non lo abbandonerà mai, seppur non si senta adatto a una carriera professionale nel settore. Grazie al suo secondo amore, il cinema, Damien Chazelle troverà il modo di esprimere la sua passione sinfonica. Di fatto ogni suo film è una lunga partitura musicale, nella quale le immagini sembrano l'interpretazione visiva di uno spartito intriso di emozioni. Il cordone ombelicale che lega Chazelle alla musica non si taglierà mai e sarà sempre centrale nella sua drammaturgia.
L'incontro con Justin Hurwitz e l'esordio
Sono gli anni universitari spesi ad Harvard che completano in qualche modo il primo processo di crescita di Damien Chazelle. Una svolta importante avviene con un rapporto di amicizia che si trasforma in costante collaborazione artistica e lavorativa. Quando Chazelle incontra tra i banchi di scuola Justin Hurwitz, giovane musicista in erba e suo coinquilino al campus, la fusione tra cinema e musica nella vita del giovane regista di Providence si consolida ulteriormente. I due affinano la loro intesa suonando in una band indie rock, ma è il jazz a prendersi lo spazio più importante nella vita e nel lavoro di Damien Chazelle. Presentato come tesi al termine del suo percorso di studi e al Tribeca Film Festival, Guy and Madeline on a Bench Park è un concentrato acerbo ed al contempo affascinante della poetica e delle peculiarità principali del cinema di Damien Chazelle. Il film è una sorta di La La Land embrionale nelle idee e sperimentale nella forma, in bianco e nero, in cui si ritrova una costruzione narrativa che a Chazelle sembra essere molto cara. Due personaggi, un uomo e una donna, vivono un presente di musica jazz, difficoltà lavorative, amore e ambizioni. Non siamo ancora dalle parti di Mia e Sebastian a Los Angeles ma la drammaturgia di Damien Chazelle sembra già ben definita. La regia è ricca di dettagli e primi piani e la musica è un vero e proprio performer aggiunto al cast. Un'alternanza di esibizioni e coreografie che danno forma al film e mescolano con chirurgica dedizione suoni, immagini e passione.
Diventare il migliore
Sin dall'esordio Damien Chazelle propone un cinema che non può prescindere - almeno sino a quanto visto sinora - dalla presenza della musica, che sia semplicemente un mezzo per arricchire la narrazione oppure parte integrante della drammaturgia stessa. Accantonata per il momento lo script di La La Land, con Whiplash il lavoro è certamente rivolto alla seconda opzione. Anche in questo caso Chazelle attinge dal suo repertorio esistenziale e musicale per comporre un vero e proprio spartito drammaturgico perfettamente modulato attraverso le note della musica che dà il titolo al film. Il regista prende spunto da un professore incrociato in gioventù per costruire il feroce insegnante di musica Fletcher (J.K. Simmons) imbastendo un'interazione quasi completamente bidirezionale che coinvolge mentore e allievo. Ossessionante, ritmico, trascinante. Whiplash che mette in prima fila il suono. Sono le note musicali che comandano il gioco, come un perfetto metronomo, scandiscono la vita di Andrew alla ricerca di una perfezione irraggiungibile.
Mia e Sebastian, amore o successo
Nel 2016 Damien Chazelle arriva a concretizzare il suo progetto più accorato. Già in passato Chazelle aveva tentato di convincere qualche produttore a credere nello script di La La Land m_a senza successo. Grazie al buon riscontro ottenuto con Whiplash, un paio d'anni più tardi arriva finalmente il momento di dirigersi verso vero la 'City of Stars' per antonomasia. In La La Land, Damien Chazelle concentra tutto il repertorio a lui più congeniale, senza mai tradire le sue origini, elevando al massimo le ambizioni che i suoi stessi personaggi possiedono, e conferendo loro quell'umanità di cui il protagonista di Whiplash, Andrew (Miles Teller) sembrava essere sprovvisto. Quel binomio inscindibile tra musica e cinema, che nell'epoca d'oro dei musical di Gene Kelly trovava la sua massima espressione, ritrova ora lustro e vigore grazie all'omaggio appassionato di un giovane regista del Rhode Island. Sebastian e Mia sono in fondo due facce della stessa medaglia, accomunati dall'amore e dai sogni. Saranno proprio quei sogni a definire il loro percorso, presi in mezzo tra jazz e palcoscenico, tra finzione e realtà. Tra l'amore e il successo, un presente da vivere e un futuro che si modella attraverso le stagioni di Mia e Sebastian, in un tripudio di esibizioni musicali, tip tap al chiaro di luna e audizioni che diventano omaggi alla bellezza dell'arte e dei suoi protagonisti. Come la musica di Justin Hurwitz, vera e propria protagonista assoluta di La La Land, prima di Emma Stone e Ryan Gosling, prima della meraviglia visiva delle immagini. Rispetto a Whiplash, dove il suo utilizzo era funzionale alla ritmicità dell'impianto narrativo, in La La Land essa è in tutto e per tutto parte del cast, attrice principale spalleggiata da Mia e Sebastian. Musica che si fa dedica, ai sognatori. A chi non ha mai smesso di credere in sé stessi, nell'arte e nelle proprie passioni.
La La Land e l'elogio della nostalgia: Here's to the ones who dream
Sinfonia lunare
In coda ad un successo planetario destinato ad assumere sembianze iconiche, Damien Chazelle decide di cambiare completamente registro e abbandonare il mondo dell'arte per soffermarsi su imprese e aspirazioni di altro genere. Ryan Gosling torna a lavorare con Chazelle e Justin Hurwitz rivestendo i panni di Neil Armstrong, il primo uomo a poggiare un piede sul suolo lunare. First Man - Il primo uomo è un tentativo di avvicinarsi ad un cinema differente dal passato. Chazelle prova a raccontare storie differenti, e nonostante qualche tentennamento di troppo, costruisce un film che si avvicina alla dimensione privata dell'astronauta protagonista - aiutato da un'eccellente interpretazione misurata di Gosling - senza mai rinnegare sé stesso. Ecco perché First Man si rivela un'opera di buon spessore; è grazie alla funzionalità del sonoro, al talento di Chazelle nel calibrarlo perfettamente alle immagini, e alla maestrìa di Justin Hurwitz si saper condensare nella colonna sonora generi differenti e tutti connessi in qualche modo alle sensazioni e alle emozioni vissute da Armstrong. Ingredienti spaziali e terreni si fondono e diventano musica. Grazie all'utilizzo del theremin - un particolare strumento elettronico consigliato da Chazelle a Hurwitz - acqua e fuoco si trasformano in sonorità:"Il dolore di Armstrong volevamo rappresentarlo come qualcosa che trascende la vita in Terra" dichiarò Justin Hurwitz. La musica diventa nuovamente supporto centrale all'economia del film, conduce lo spettatore nella vita di Neil Armstrong, tra l'ordinario di una vita da padre e marito e lo straordinario del primo allunaggio nella storia dell'uomo. E ancora una volta è la musica che ci accompagna nell'atmosfera unica del cinema di Damien Chazelle.
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