Il grande pubblico ha imparato ad amarlo con La La Land, il film che gli ha regalato un Oscar a soli 32 anni e un posto tra i registi più apprezzati al mondo, consacrando definitivamente il suo amore per il musical. Una passione di cui aveva già dato prova in Whiplash (Oscar alla migliore sceneggiatura non originale) e nel suo primo film, Guy and Madeline on a Park Bench, omaggio in bianco e nero alla tradizione del musical targato MGM. Damien Chazelle ne parla con Antonio Monda alla Festa del Cinema di Roma, durante uno degli incontri con il pubblico, che l'emergenza Covid ha costretto in remoto. Una chiacchierata sulla sua idea di cinema, e non solo, c'è anche spazio per l'annuncio del suo prossimo film: "Non sarà un musical, ma ci sarà come sempre tanta musica. Sarà ambientato tra la fine degli anni 20 e l'inizio dei '30", nell'epoca che segna la fine del muto.
Spielberg e il remake di West Side Story
La prima delle sette clip scelte da Damien Chazelle non poteva essere che una scena tratta da West Side Story di Robert Wise: "Ho amato l'originale e l'ho rivisto in una retrospettiva alla Walt Disney Hall prima di iniziare a girare La La Land. È diverso dai musical che in genere mi piacciono di più, come quelli con Fred Astaire o Gene Kelly. Ma Wise ha fatto un lavoro splendido sui corpi e la musica, oltre ad uno straordinario lavoro di montaggio", dice in collegamento dagli Stati Uniti.
E sullo scetticismo di molti critici riguardo al remake di Steven Spielberg spiega: "Steven me ne parlava mentre giravo First Man, di cui era produttore e mi raccontava delle critiche e delle sue preoccupazioni. Era una situazione assurda! In West Side Story ci sono delle cose da migliorare, penso che Spielberg possa fare un gran lavoro in questo senso soprattutto con il casting, inoltre nessuno sa seguire i movimenti dei corpi meglio di lui. Ho visto alcune prove della coreografia sul suo cellulare".
Da La La Land a First Man: il cinema ossessionato di Damien Chazelle
La passione per il musical
Fa strano scoprire che Chazelle odiava i musical, l'epifania arrivò con Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy, che sarebbe diventato in assoluto il suo riferimento: "Lo vidi per la prima volta a 18 anni ed è diventato uno dei film più importanti della mia vita. Prima di vederlo non ero un appassionato di musical, avevo trascorso i mie anni da cinefilo a guardare Hitchcock, li consideravo quasi demenziali, solo spettacolo e intrattenimento. Per i primi dieci minuti pensai di non poterlo sopportare, non assomigliava a nulla che avessi visto, mi sentivo completamente distante e a disagio, poi è iniziato a succedermi qualcosa, le emozioni sono arrivate in modo inatteso e sorprendente, ebbi una reazione quasi chimica - racconta - E alla fine ne ero completamente innamorato. Ero sconvolto e confuso al tempo stesso. Fu per me un viaggio interiore, così ho iniziato a vederlo e rivederlo. Il senso di artificio che crea all'inizio è quello che alla fine te lo fa sentire più vero di qualsiasi altro film, ti lascia vulnerabile e ti trasporta a un livello emotivo trascendente, in un'arte astratta. È cinema allo stato puro, è poesia, è la più grande magia della storia del cinema".
Damien Chazelle e l'uso della musica nei suoi film
Minnelli e Demy, maestri del genere
Da quel momento se ne è innamorato totalmente. Incontriamoci a St. Louis di Vincente Minnelli è secondo Chazelle il film che nell'era classica dei musical fa un passo in avanti, "esce fuori dagli schemi, si avvicina di più a quello che poi avrebbero fatto i francesi: parla di persone comuni, è un romanzo di formazione, il racconto di una famiglia della classe media, dove il conflitto più grande è il fatto che debbano trasferirsi a New York. Anche quando cantano e ballano si ha il senso della vita domestica, le sorelline più piccole che guardano dalle scale è il mio dettaglio preferito. Sono tutte elementi della vita comune. Tutto questo lo rende più radicale degli altri musical".
Insieme a Demy, Minnelli rimane per lui il più grande regista del genere e non esita a definirlo "un maestro del movimento e nell'uso del colore. Incontriamoci a St. Louise è un capolavoro, riusciva in maniera informale e non ostentata a parlare di un'umanità fragile, come se dirigesse a braccio".
Tra Gene Kelly e Fred Astaire non saprebbe chi scegliere: "Perché scegliere quando puoi averli tutti e due?", risponde citando la battuta di un suo amico. "In Fred Astaire c'è più delicatezza, mentre Gene Kelly è più muscolare ed è attraversato da una certa inquietudine. Cantando sotto la pioggia rimane uno dei migliori film di Hollywood in quegli anni, è una grande storia d'amore e il racconto della fine di un'epoca".
Le ultime battute sono per La La Land: "Non è stato facile convincere Hollywood a fare un musical. - ricorda - Un film scritto con la musica composta dal mio compagno di stanza al college non aveva nessuna chance con gli Studios. Era inimmaginabile pensare di avere Emma Stone e Ryan Gosling, solo il successo di Whiplash mi ha permesso di convincerli e hanno accettato. Non era semplice, nessun genere cinematografico può imbarazzarti quanto un musical, può fare molta paura".