L'avranno anche spiezzato in due (saghe), ma grazie a questo bel Creed II il franchise di Rocky è oggi più vivo che mai. Tre anni fa ce lo avevano già dimostrato i talentuosi Ryan Coogler e Michael B. Jordan, ma Creed - Nato per combattere sarebbe potuto facilmente rimanere un caso isolato, una perla rara nel mezzo di un oceano di sequel/remake/reboot senza anima e senza idee. Nello scrivere questa recensione di Creed 2 però non abbiamo dubbi: al momento non esiste saga cinematografica che sia riuscita a rinascere dalle proprie ceneri con altrettanta coerenza e rispetto, senza mai limitarsi alla mera copia.
Se siamo così entusiasti, ben oltre le nostre aspettative iniziali, è perché questo film riesce nella difficile impresa di rappresentare non uno, ma ben due sequel: non solo del Creed del 2015, ma addirittura del Rocky IV del 1985. Chiunque ricordi quel film ormai vecchio di oltre trent'anni, non può che sorridere oggi ripensando a come allora rappresentasse in pieno un'epoca che ormai non esiste più: non solo il cinema muscolare degli anni '80 di cui Sylvester Stallone era il massimo rappresentante, ma anche la guerra fredda tra USA e URSS.
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Il quarto capitolo di Rocky, quello di "Se io posso cambiare, e voi potete cambiare... tutto il mondo può cambiare", è quanto di più lontano possa esserci dalla società e dal cinema di oggi, eppure questo Creed II riesce non solo a rendergli omaggio, ma a trasformare lo spirito di allora in qualcosa di moderno e funzionale anche oggi. Non particolarmente originale magari, ma d'altronde lo stesso vale per quasi tutto il filone sportivo degli ultimi decenni, ma in grado di emozionare e coinvolgere ancor più che in passato.
Una trama dai molteplici protagonisti: i Creed, i Drago e ovviamente Rocky
Il segreto del successo di questo nuovo Creed II sta nel proporre più punti di vista differenti e non limitarsi a raccontare solo la storia del giovane Adonis. Ovviamente seguiamo la nuova vita del figlio di Apollo, tanto la sua carriera che la relazione con la bella Bianca (Tessa Thompson), ma altrettanta importanza spetta anche ad un Rocky perfettamente guarito ma comunque sempre più anziano e in preda al rimpianto di aver abbandonato il proprio figlio a favore di quello del suo vecchio amico. Per entrambi i protagonisti si tratta di fare i conti una volta per tutte con il passato, ed è qui che entrano in gioco i due Drago, Ivan e suo figlio Viktor.
Anzi, a dirla tutta, sono in verità proprio i due pugili russi ad aprire il film: un dettaglio non da poco che ci fa immediatamente intuire che non abbiamo a che fare con dei semplici antagonisti/rivali, ma qualcosa di più, qualcosa di speciale. Il rapporto padre/figlio e il concetto stesso di eredità è il cuore pulsante della trama e della sceneggiatura firmata da Juel Taylor e dallo stesso Sylvester Stallone affronta questi temi in modo brillante, alternando combattimenti e allenamenti a momenti privati e intimi. E lo fa, correttamente, per tutti i personaggi coinvolti, perché è proprio l'insieme di tutti contrasti - presente e passato, successo e sconfitta, perdono e rabbia, vita e morte - a rendere Creed II molto più che un film su dei pugili o su uno sport.
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L'azione dentro e fuori il ring
Questo non vuol dire che in Creed II i momenti di azione manchino, tutt'altro. Se è vero che il regista del primo film, Ryan Coogler, ha dovuto rinunciare a questo sequel per dedicarsi ad altri progetti quali Black Panther, privandoci così della sua tecnica impressionante (ricordate anche voi quello straordinario incontro in piano sequenza, vero?), va detto che il giovane Steven Caple Jr. che l'ha sostituito è riuscito a stupirci in positivo in più di una occasione. Il suo più grande merito è innanzitutto quello di essere riuscito a rendere perfettamente su schermo la tensione degli scontri: quando l'Adonis dell'ottimo Michael B. Jordan incrocia i guantoni con il Viktor di Florian Munteanu noi spettatori non possiamo fare altro che trattenere il fiato e prepararci ad essere trascinati in un vortice violentissimo di pugni e di emozioni.
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Per una saga di oltre quarant'anni in cui abbiamo visto ogni tipo di combattimento - sconfitte, vittorie, rovesciamenti di fronte - riuscire ad avvincere così tanto è un traguardo davvero ragguardevole. Sfidiamo chiunque a non stringere i braccioli della poltrona dalla tensione, a resistere alla tentazione di coprirsi ad ogni attacco e soprattutto a non lanciarsi in un applauso spontaneo e liberatorio quando finalmente parte il tema di Rocky, quella colonna sonora di Bill Conti che ancora oggi rappresenta l'assoluta perfezione quando si parla di film sportivi.
Già tutto questo basterebbe per farci promuovere un film come Creed II e farci venire voglia di rivederlo ancora. Ma ovviamente non c'è solo questo, perché come nei migliori Rocky anche qui ci sono storie ed emozioni vere che commuovono in modo sincero, senza ricorrere alla facile retorica. Anche solo cinque anni fa non l'avremmo mai detto, ma probabilmente dobbiamo tutti cominciare ad ammettere che se c'è una saga che ha dimostrato con i fatti di avere assolutamente senso anche quattro decenni dopo, questa è proprio quella di Rocky. Forse aveva ragione Apollo Creed quando diceva: "Io ho combattuto con i migliori e li ho battuti tutti. Ho mandato più gente in pensione io della previdenza sociale." Lo stesso oggi possiamo dire anche di Sylvester Stallone.
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4.0/5