La debolezza? È la nuova frontiera del maschio contemporaneo. Non ha dubbi Francesco Bruni che alla Festa del Cinema di Roma presenta il nuovo film, Cosa sarà, ultimo titolo della manifestazione che segna il suo ritorno in sala dopo Scialla e Tutto quello che vuoi. "Nell'epoca in cui le donne rivendicano la propria forza, gli uomini imparano a fare i conti con la propria debolezza e la rivendicano. Ho sempre pensato che la forza di un uomo non abbia niente a che fare con la sua virilità o potenza sessuale. La virtù di un uomo è molto simile a quella di una donna e sta nell'ascolto, nell'altruismo e non nel gonfiare i muscoli o battersi il petto", dice. Bruni si affida ancora una volta alla commedia declinata in agrodolce e lo fa con una storia palesemente autobiografica, che ripercorre l'esperienza della malattia con cui il regista ha dovuto fare i conti qualche anno fa, quando gli fu diagnosticata una forma di leucemia.
La malattia, tra commedia e dramma personale
Anche in Cosa sarà il nucleo principale è rappresentato da un dramma: "Il film tratta un argomento drammatico, ma con la maggiore leggerezza possibile e sfruttando tutte le possibilità di umorismo. - ci spiega il regista - È la lezione con cui sono cresciuto e che ho continuato a portare avanti sia nella scrittura dei film con Paolo Virzì, che nei miei. Non c'è umorismo o comicità senza un tema drammatico che lo nobiliti, e non esiste dramma senza alleggerimento umoristico". Francesco Bruni continua così a raccontare storie di personaggi che "imparano a fare i conti con la propria debolezza", proprio come succedeva ai protagonisti di Scialla! (Stai sereno) e Tutto quello che vuoi, insegnamento che qui tocca a Kim Rossi Stuart raccogliere nel ruolo di un regista (Bruni) separato dalla moglie, bloccato al punto da non riuscire a mettere in piedi il suo prossimo progetto e alle prese con la diagnosi di una leucemia che lo costringerà a un trapianto di midollo. "Sono affascinato dalle persone con una grande sensibilità. È un lavoro che mi ha sempre interessato", racconta l'attore che ha anche contributo alla sceneggiatura. "In realtà ho fatto ciò che faccio abitualmente: cercare un dialogo con il regista a trecentosessanta gradi ed entrare nelle pieghe della scrittura per sentirmi sicuro e padrone della materia". Il lavoro su Bruno Salvati, l'alter ego di Bruni, "è stato molto facile, fluido. C'è sempre stato un dialogo di grande franchezza e libertà; nonostante il personaggio affronti cose complicate e si ritrovi davanti agli abissi dell'ignoto, ho affrontato tutto con grande semplicità".
Cosa sarà, la recensione: Il diritto ad essere fragili
"Kim rappresenta la mia versione bella! - scherza il regista - Ci siamo scritti molto, all'inizio abbiamo avuto un rapporto a distanza e ho subito sentito un feeling. Poi a un mese dall'inizio delle riprese mi chiese di parlare della sceneggiatura; ne discutemmo per un giorno e mezzo e mi resi conto che avevo dato per scontato alcune cose. Il copione fu rivoluzionato, mi fece addirittura eliminare alcune sue scene, il suo contributo è stato molto importante".
La forza delle donne
Anche in questo film come era accaduto in Scialla, Raffaella Lebboroni, con la quale Bruni condivide il set e la vita, ha un ruolo salvifico nella parte del primario che ha in cura il protagonista: "È stato catartico, terapeutico. La malattia è una traccia che rimane e che puoi metabolizzare in tanti modi. Questa volta interpreto il ruolo di una persona che salva qualcuno e non solo simbolicamente, perché quando stai male il medico è la luce in fondo al tunnel della malattia, e il buio allora diventa anche conoscenza".
Insieme a Lorenza Indovina, Fotinì Peluso e Barbara Ronchi, fa parte di una galleria di personaggi femminili che declinano con sfumature diverse la forza delle donne: "La grande forza di Anna è quella di rifiutare la proposta di Bruno di tornare insieme a lui. All'inizio dovevo essere omosessuale, ma poi abbiamo capito che non ci sarebbe stato il tempo necessario per raccontarla bene, ci sembrava una scappatoia. - spiega la Indovina che interpreta la moglie del protagonista - Invece era più interessante il fatto che Anna decidesse di non stare più con un uomo così logorroico, egocentrico e ingombrante. Noi donne ci siamo rotte di essere forti, siamo costrette a esserlo; la debolezza è una scusa per non prendersi le proprie responsabilità. Anna sta cercando di costruire la propria indipendenza e libertà dal proprio ex, nel tentativo di trovare una sua emancipazione. Nonostante abbia tutti i motivi per non farlo, gli sta vicino ma con ironia e cinismo, scuotendolo. Ho sempre sentito che se il mio personaggio si fosse lasciato andare sarebbe crollato".
Anche la giovanissima Fotinì (la figlia Adele) ha apprezzato la scelta di donne così forti, "figure che spesso nel cinema italiano non hanno spazio, a meno che non siano rappresentate come tenere, fragili e malleabili. Il ruolo di Adele mi ha dato la possibilità di dire tante cose, che avrei voluto dire nella vita reale". Forse la meno consapevole di questa forza è Fiorella, la sorella che gli donerà il midollo: "Poter salvare una vita è un regalo immenso, una parte di te diventa parte di qualcun altro", commenta. Nei titoli di testa la dedica a Mattia Torre, sceneggiatore e regista scomparso lo scorso anno proprio dopo la battaglia contro una lunga malattia, il film è in fondo anche un omaggio a lui. L'anteprima alla Festa del Cinema di Roma avviene in contemporanea all'arrivo nelle sale, "una promessa mantenuta perché è importante e significativo uscire in questo momento. Non so quanto ci rimarremo, ma era fondamentale esserci", conclude Bruni convinto che "quando la pandemia finirà, il cinema italiano tornerà a fare molto bene".