Martha Graham, pioniera della danza moderna, sosteneva che "il corpo dice ciò che le parole non possono". In questo caso piegato dal dolore dell'esercizio fisico estremo o teso nel perfezionamento della tecnica, diventa anche il protagonista della docuserie sul dietro le quinte di una delle compagnie di danza più importanti al mondo, quella del Teatro alla Scala di Milano al rientro dopo il primo lockdown. Dodici puntate, le prime due delle quali saranno oggetto di questa recensione di Corpo di ballo, in onda su Raiplay dal 30 aprile. Un viaggio che permetterà per la prima volta allo spettatore di spiare i ballerini nella loro sfera pubblica e privata: il pubblico li vedrà sorridere tra le mura domestiche, contrarsi mentre provano e riprovano ostinatamente un arabesque o lasciarsi andare a un abbraccio liberatorio alla fine di uno spettacolo con i costumi di scena ancora addosso.
La docuserie sul mondo del balletto: tra nuovo inizio e responsabilità
Passione, tecnica, ispirazione artistica e ricerca del bello: c'è tutto questo nelle immagini di Corpo di Ballo, un racconto lungo sei mesi che inizia con la riapertura dei teatri a ottobre 2020 al termine del durissimo lockdown e prosegue descrivendo il complicato percorso per portare in scena Giselle, simbolo per antonomasia del balletto romantico, mentre all'orizzonte inizia a profilarsi la minaccia di una seconda ondata.
La chiusura durante la pandemia è stata pesantissima per tutti i danzatori, che nella prima puntata della docuserie ritroviamo mentre si dedicano anima e corpo a un nuovo inizio carico di responsabilità e entusiasmo, nel luogo "dove la magia prende forma" ricreando il "legame tra i ballerini e il teatro". La danza torna in scena nella sua casa, il Teatro alla Scala, la cui riapertura diventa un simbolo di rinascita per l'intera città di Milano. Lo è anche per Maria Celeste Losa, argentina di La Plata, ballerina solista che le telecamere sorprendono alla fine di una chiacchierata su Skype con i genitori e poi finalmente di nuovo a teatro. È il giorno in cui riprendono gli allenamenti anche per Claudio, Antonella, Nicoletta, Martina, Vittoria soprattutto in vista del primo spettacolo dopo l'immobilità dei mesi precedenti, un gala composto da alcuni dei più famosi balletti al mondo.
La serie alterna alcuni spezzoni del gala alle testimonianze dei danzatori nei camerini prima di andare in scena, o nel silenzio che solo le sale da ballo hanno alla fine di un allenamento, o nell'ambiente più intimo e confortevole delle stanze di casa propria. Li accomuna la voglia di ricominciare, la consapevolezza del sacrificio, la tensione costante alla perfezione, la carne rotta dal dolore: per tutti l'epifania risale all'età dell'innocenza, ognuno ha una storia che inizia quasi sempre da piccolissimi. L'emozione quando il sipario si alza per la prima volta è palpabile: si torna a ballare sulle punte sfiancate dagli allenamenti ma perfette, su un assolo di ben sei minuti de "La bella addormentata", la variazione più lunga di un repertorio classico, o sui volteggi del principe ribelle de "Il corsaro". Il segreto di tanta grazia? Provare, riprovare e riaggiustare fino all'esaurimento.
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La sfida di Giselle
Nel secondo episodio i toni cambiano e la gioia del ritorno fa spazio alla riconquista di una normalità fatta di ore e ore di prove in sala e piccoli siparietti di vita vissuta. Nicoletta, Martina e Vittoria studieranno per il ruolo principale di Giselle, fiore all'occhiello del teatro, alla fine solo una di loro sarà scelta per interpretare una delle figure più iconiche del balletto. "È il sogno di ogni prima ballerina", racconta il direttore Frédéric Olivieri; gli spettatori avranno il privilegio di seguirne la preparazione tra le restrizioni ancora in atto e l'imperativo di controllare ogni muscolo, ogni passo affinché i movimenti diventino veicolo di emozioni.
Ci vogliono passione, sentimento, tenacia, tecnica e tanto lavoro, è necessario uno sforzo collettivo e non solo individuale, fino all'istante finale: quello in cui si potrà finalmente "godere del momento del palco ogni volta come se fosse la prima e l'ultima". Questa volta però davanti a una platea semi vuota, perché la pandemia incombe ancora...
Conclusioni
La recensione dei primi due episodi di Corpo di ballo riconosce il valore di un’operazione che per la prima volta porta il pubblico nella vita dei ballerini della Scala tra le prove massacranti, l’entusiasmo per la ripartenza e il gala che segnerà definitivamente la riapertura del teatro. La docuserie che si sviluppa in 12 puntate su un arco di tempo di sei mesi, diventa con il racconto delle vite dei protagonisti e di quella che si agita dietro le quinte, il simbolo della ripartenza di un’intera città, Milano, dopo il primo lockdown. La narrazione segue il doppio binario dello spazio privato e di quello pubblico, e diventa la celebrazione del ritorno alla bellezza.
Perché ci piace
- La docuserie avvicina il pubblico all’arte della danza attraverso una narrazione semplice, che scava nella sfera pubblica e in quella privata dei ballerini.
- Le telecamere seguono il dietro le quinte del Teatro alla Scala alternando con equilibrio le testimonianze dei danzatori, le scene degli allenamenti e gli spezzoni del gala di riapertura, che simbolicamente segna il ritorno alla vita dell’intera città di Milano.
Cosa non va
- Non sempre il racconto procede in modo lineare, spesso lo spettatore rischia di perdere le storie dei protagonisti per strada, complice la scelta di seguire più fronti e linee narrative.