Con Giulia non esce la sera, Giuseppe Piccioni risorge in piscina

Dopo un periodo di crisi creativa, il regista ascolano torna al cinema con una drammatica storia che ha come protagonisti uno scrittore di successo e un'istruttrice di nuoto che nasconde un segreto, interpretati da Valerio Mastandrea e Valeria Golino. Regista e attori hanno presentato oggi il film a Roma.

Era da cinque anni che Giuseppe Piccioni mancava dal grande schermo. Un periodo di crisi a livello creativo, poi la rinascita ai bordi di una piscina. Nasce così Giulia non esce la sera che segna il ritorno nelle nostre sale di quel suo cinema elegante e votato a scandagliare le emozioni dei personaggi. Protagonista di questa sua nuova pellicola è Guido, uno scrittore di successo, il cui ultimo romanzo è entrato tra i cinque finalisti di un prestigioso premio letterario. Mentre la sua scrittura attraversa un periodo di crisi, e così pure il suo rapporto matrimoniale, Guido si avvicina all'istruttrice di nuoto della figlia, la cui storia personale rivelerà inquietanti zone d'ombra e un segreto con il quale sarà costretto a confrontarsi. Ad interpretare i complessi personaggi partoriti dalla penna del regista, in collaborazione con Federica Pontremoli, due fuoriclasse del nostro cinema, Valerio Mastandrea e Valeria Golino. Il regista Piccioni e i due protagonisti hanno presentato oggi Giulia non esce la sera alla stampa, rivelando aspettative e contrasti relativi agli scomodi personaggi del film che approderà nelle nostre sale venerdì prossimo, in 181 copie distribuite dalla 01.

Giuseppe Piccioni, com'è nata l'idea di questo film?

Giuseppe Piccioni: Il progetto nasce in seguito a un momento di sbandamento personale. Mi sono ritrovato a non sapere che direzione prendere a livello creativo e ho cominciato ad andare in piscina, un ambiente curioso, uno di quei pochi posti dove si pratica sport senza essere a contatto con gli altri, in cui sei completamente scollegato dal mondo esterno. Poi ho incontrato Federica Pontremoli e insieme abbiamo cominciato a dar vita a una storia vera e propria attorno allo spunto della piscina. E' nato così lo scrittore Guido Montani, il protagonista del film, che è un personaggio scomodo perché non è mai facile raccontare uno scrittore al cinema. Nell'approcciarmi a questo film, ho deciso di lasciandarmi andare completamente, avendo così un maggior grado di generosità sia del racconto che degli aspetti visivi del film. Ho fatto questo film con lo stesso spirito che Guido dice di usare quando scrive un libro. Egli afferma che scrive personaggi, storie, e che mentre lo sta facendo capisce che libro sta scrivendo. Io ho cercato di fare lo stesso girando il mio film, evitando di renderlo prevedibile o attendibile.

Che tipo di personaggi sono i protagonisti del film?

Giuseppe Piccioni: Guido è un personaggio abbastanza anomalo, ha delle ambizioni che sembra voler fuggire, dichiara di prendersela col mondo letterario e cerca di districarsi tra le richieste del suo editore, ma alla fine le asseconda, si innamora di una donna, Giulia, senza però riuscire a fermarla. Insomma, esprime metaforicamente qualcosa che caratterizza le persone che si occupano della produzione culturale in questo paese. Il personaggio è sfuggente, non riesce a vivere la vita, e ha questo in comune con Giulia: entrambi sono affacciati sulla vita, ma non ne fanno parte. Lei però è legata a qualcosa che le mette questa vita alle spalle, mentre lui sceglie volontariamente di stare sulla soglia. C'è però una componente importante: attraverso i suoi racconti capiamo che è un personaggio in preda a una malia, che può essere la danza degli ombrelli o lo spettacolo di lap dace, tentando così di fuggire la sua inclinazione alla malinconia. Giulia è una sorta di ombra di Guido, rappresenta qualcosa che appartiene a lui, e cioè il desiderio di vivere facendo scelte e mettendo la passione in campo. Entrambi sono in una condizione di libertà vigilata. Lei però ha vissuto, mentre lui resta sulla soglia.

A chi si riferisce quando parla di produzione culturale?

Giuseppe Piccioni: A quegli intellettuali che non si espongono, non intervengono sul mondo, non necessariamente in senso romantico ma anche in quello estetico. E' vero, oggi esiste anche la figura dell'opinionista, ma questa è gente che non cambia il mondo. TUtti noi vorremmo lasciarci prendere da una malia che va al di là di quella sentimentale. Io sono convinto che bisogna rischiare, esporsi, penso sia possibile una vita più autentica, anche a costo di commettere errori.

Quanto è possibile riconoscersi in questi personaggi?

Giuseppe Piccioni: Racconto questi personaggi perché credo siano vicini a tutti noi, perché rappresentano una condizione vicina a tutti noi. Guido non è uno spot, non si fa veicolo di alcun messaggio. Se un personaggio è un portatore di un valore, finisce la drammaturgia, mentre è bello parlare anche di cose scomodo. Io stesso mi sono esposto facendo dichiarazioni precise sulla mia vita personale, e in molti non mi hanno capito. Trovo che ci sia bisogno di rischiare un po' di sé per vivere con più autenticità.

Com'è nata la collaborazione con i Baustelle, autori della colonna sonora?

Giuseppe Piccioni: Mi piace molto la loro musica e quando ho incontrato la prima volta Francesco Bianconi mi ha detto che gli sarebbe piaciuto molto comporre una colonna sonora. Ci siamo così trovati a collaborare e credo abbiano fatto un lavoro straordinario. Ho sempre avuto una grande passione per la musica leggera, per le canzonette, ma anche per la canzone d'autore francese, fino ad arrivare a Richard Anthony e Sergio Endrigo, le cui canzoni sono state incluse nel film.

Dove sta andando secondo lei oggi il cinema italiano?

Giuseppe Piccioni: C'è un cinema italiano che per fortuna è interessante e che bisognerebbe far crescere e difendere. Questo dipende però dallo sforzo di tutti, non solo dalla politica. Al di là di avere più interlocutori, c'è bisogno di cambiare i discorsi, di ricominciare a dire cose diverse. Io mi sento una specie protetta, anche se sento che la mia fortuna potrebbe essere messa in discussione già domani, perché oggi se non hai risultati poi diventa difficile continuare a fare film.

Come hanno preparato gli attori i propri personaggi?

Valeria Golino: Ho cominciato a parlare con Giuseppe del progetto quando era ancora in fase di scrittura e aveva un altro titolo, Il premio. Ho detto di sì subito, forse un po' incautamente, ma mi è piaciuto anche questo: entrare nel film presto, vedere la scrittura cambiare, modificata sia nel tono che nel mio personaggio. Un mese e mezzo prima di cominciare a girare, abbiamo fatto degli incontri in un carcere femminile con alcune detenute. Non è un film che parla di carcere, ma quegli incontri mi sono serviti per sentire dov'era Giulia ogni volta che non la vedevamo. Siamo stati al Carcere di Velletri, che è esclusivamente femminile, e l'ho trovato un posto umano, con persone affettuose, con tanto verde. Ho sempre pensato al carcere come a un luogo tremendo e basta, ma anche in quei posti è possibile ritrovare tanta umanità. Quando è arrivato Valerio sono cominciate le polemiche e devo dire che questo dà sempre una certa vitalità a un film!

Valerio Mastandrea: In realtà non è che sono così rompiballe. Abbiamo lavorato sul copione per tre mesi, un lavoro che a me piace fare, discutendo molto sulla storia e continuiamo ancora oggi a farlo, in termini utili sia a livello professionali, che umano. Questo personaggio per me è un occasione per poter dire molte cose che personalmente pernso non vadano bene in questo paese, possiede delle sfumature che mi fanno pensare tanto. C'è da dire poi che si tratta di un film estremamente elegante, come tutti quelli di Piccioni.

Ci sono stati quindi degli scontri in termini di sceneggiatura relativi al personaggio che doveva interpretare?

Valerio Mastandrea: Il fatto di interpretare personaggi che non condivido rappresenta per me una bella possibilità, sia come attore che come persona. Guido e Giulia sono due solitudini completamente diverse: lei ha fatto un'esperienza che l'ha portata a essere sola, quello di Guido è invece più un vezzo di tipo intellettuale. Penso che una storia d'amore sia un incontro e che la capacità di vivere un amore dipenda da come vivi la vita. Le persone aride che non si mettono in discussione non possono incontrare persone dalle quali farsi sconvolgere la vita. Io di queste persone sono stufo, non c'è più bisogno di loro. Bisognerebbe tornare ad assumersi le proprie responsabilità, perché altrimenti le cose non cambieranno mai. Queste persone rappresentano un certo tipo di elettorato, ed io francamente non ne posso proprio più di loro.

Valeria Golino, lei canta la canzone dei titoli di coda insieme ai Baustelle. Com'è nata la collaborazione?

Valeria Golino: E' stato Giuseppe a chiedermi di prendere parte alla canzone, di cantarla insieme a Francesco. Io ero stupita dalla richiesta, ma come succede con tutte le cose che non sai fare, ma che vorresti fare, ho lasciato trapelare il mio interessamento alla cosa. Sapevo poi che andava sui titoli di coda e che quindi non avrei combinato gravi danni. E' una canzone talmente bella che ho avuto qualche dubbio sull'interpretarla o meno, ma lasciavo trasparire sempre la voglia di farlo e alla fine l'abbiamo incisa. Trovo che ci stia davvero bene alla fine come continuazione emotiva del film.