Tra i titoli di punta di Rai1, c'è sicuramente Il Commissario Ricciardi che torna con una terza stagione che rinnova la forza del suo personaggio principale. Una figura d'altri tempi, tra mistero, introspezione e memoria storica, che Lino Guanciale continua a interpretare con grande intensità.
A partire dal suo sguardo sorridente e malinconico, che abbiamo ritrovato durante la presentazione delle nuove puntate, in onda da domenica 9 novembre in prima serata. Ci sorride, si presenta, corre da una parte all'altra per non mancare nessuna intervista, senza fermarsi mai. Proprio come il suo Ricciardi.
Il Commissario Ricciardi 3, intervista a Lino Guanciale
In un period drama i costumi e il trucco acquistano ancora più significato. Prima di tutto per gli interpreti che li indossano. Il ciuffo ribelle sulla fronte è un elemento talmente caratteristico che aiuta ancora di più ad immedesimarsi. Così come la sua eleganza sobria come ci svela l'attore: "Mettere il costume in una serie come questa ti consente di fare un viaggio nel tempo. Ogni strato che aggiungi è un passo in più verso un'altra storia. È un'esperienza potentissima per un attore".
"Quando vedo il ciuffo distendersi o scappar via dall'acconciatura, capisco che è finito il processo di costruzione esteriore, che aiuta quello interiore. Il nostro è un lavoro di immaginazione".
La differenza con tutti gli altri poliziotti della TV
Perché piace così tanto Luigi Alfredo Ricciardi? Non è solo merito dei romanzi di Maurizio De Giovanni, da cui la serie è tratta, ma anche di quanto cambi e non rimanga immutato. Ne è convinto Lino Guanciale: "Evolve non solo da un punto di vista sentimentale, ma anche nella capacità di adeguare il proprio approccio ai casi che affronta. Cito un esempio su tutti: in questa terza stagione si affronterà un serial killer ante litteram e questo costringerà il protagonista a mutare le proprie strategie e tecniche di investigazione. Ricciardi in questo è davvero fenomenale". Cambierà anche a livello amoroso, ora che ha finalmente aperto il suo cuore ad Enrica (Maria Vera Ratti).
L'altra differenza è sicuramente il suo super potere: vedere i defunti di morte violenta e poter udire le loro ultime parole. Non si rivela sempre un aiuto nelle indagini, a volte depista. Dono o maledizione? Nella realtà Guanciale l'avrebbe vissuto proprio come il suo alter ego sullo schermo: "Non c'è dubbio che da un punto di vista privato sia assolutamente una maledizione. Anche perché instilla dentro di te il dubbio che tu abbia perso la ragione. Riuscire a mantenere un equilibrio, nonostante questo potere, è davvero ammirevole. Per questo Ricciardi ha una forza e un coraggio che lo rendono unico".
Verso la quarta stagione? Ricciardi come Montalbano
Guanciale non è certo nuovo alla serialità. Ma visto il successo di pubblico Il Commissario Ricciardi potrebbe andare avanti per molti anni. Se diventasse il Montalbano d'epoca in termini di longevità? "Non mi spaventa la serialità, l'ho sempre affrontata cambiando, proprio come lui. Per me la scelta passa dalla scrittura: se la sceneggiatura è forte e il patto con il pubblico rimane integro, non ha senso rinunciare. Ma serve la stessa lucidità nel capire quando un ciclo ha esaurito tutto quello che poteva dire. Trascinare i personaggi come gusci vuoti è il rischio più grande che non vorrei mai correre".
Una serie che denuncia il Fascismo
Nella fiction Rai è fondamentale l'epoca storica che viene raccontata, gli anni '30. La polizia deve sottostare alle regole del Regime, e lo stesso vale per Ricciardi. Il migliore amico e collega del protagonista, il medico legale Bruno Modo (Enrico Ianniello) ha rischiato la vita nella seconda stagione proprio per le sue idee anti-fasciste.
Quanto è importante mandarla in onda oggi? Guanciale ci risponde con un monito: "È fondamentale per la memoria. Bisogna ricordare cosa è stato quel periodo oscuro e carico di conseguenze, con cui ancora oggi non abbiamo finito di fare i conti. Però non è un'urgenza solo dei nostri tempi: è una necessità di sempre".