"Bastogi? Al confronto Scampìa è un centro benessere, una spa", queste sono le parole con cui l'esistenza del quartiere di Bastogi - sei palazzine costruite negli anni '80 tra Torrevecchia e Quartaccio per ospitare studenti universitari fuori sede, e ora occupato da cittadini in attesa dell'assegnazione di una case popolare, abusivi e extracomunitari senza fissa dimora, oltre che teatro quotidiano di episodi di piccola criminalità - viene annunciata a Giovanni, interpretato da Antonio Albanese e protagonista di Come un gatto in tangenziale. Geograficamente, il residence Bastogi è a un tiro di schioppo dal cuore della Capitale; culturalmente ed economicamente potrebbe trovarsi in un'altra dimensione.
Non ci mettiamo piedi noi che a Roma ci siamo nati, perché dovrebbe finirci Giovanni, che dopotutto è un esperto di caratura internazionale che lavora in un think tank, e che si sta occupando di una serie di proposte al Parlamento Europeo dedicate proprio alla riqualificazione della periferie italiane? Ma naturalmente c'è in agguato lo scherzo del destino, che fa incrociare la sua strada con quella della vistosa e pugnace Monica, madre del ragazzino incredibilmente trucido di cui s'è innamorata la sua piccola Agnese. E se state pensando, ecco il ruolo perfetto per l'incandescente "borgatara" Paola Cortellesi, sappiate che non avete torto.
Li abbiamo incontrati non a Bastogi ma nei pressi della ben più qualificata e centrale Piazza Cavour, che pure ha un ruolo prominente in Come un gatto in tangenziale, i due complici Cortellesi e Albanese, il regista Riccardo Milani a cui si deve anche il soggetto, sviluppato insiema alla sua protagonista e a Giulia Calenda e Furio Andreotti, e anche i due esordienti Alice Maselli e Simone De Bianchi e l'eterea Sonia Bergamasco. Ecco quello che ci hanno raccontato dopo essere stati (meritatamente) applauditi dalla stampa romana.
Papà, mi sono innamorata di Scarface
Come le è venuta l'idea di ambientare un film a Bastogi?
Riccardo Milani: Diversi anni fa, avevo sentito parlare di Bastogi per via di un documentario che ne raccontava la realtà. Qualche tempo dopo mia figlia, che allora aveva quattordici, quindici anni, mi annunciò di aver conosciuto un ragazzo di Bastogi. Io feci esattamente quello che fa il personaggio di Antonio Albanesi nel film: iniziai a seguirli per scoprire dove viveva lui, per poi scoprire cos'era veramente quel quartiere. Di qui l'idea che poi ho sviluppato insieme a Paola, Giulia e Furio.
Il film sembra portare avanti l'idea che conoscersi può portare al superamento di differenze apparentemente irriducibili. Ma anche forse, una riflessione sullo stato della nostra "sinistra illuminata"...
RM: Io non credo che sia solo la sinistra a occuparsi delle periferie, sono importanti anche per la destra. E quello che volevo mostrare nel film è che il problema della differenza e dell'abbandono delle periferie è trasversale, la distanza tra chi va al mare a Coccia di Morto e chi va a Capalbio è trasversale, e in primis economica, non lo neghiamo. Bisogna essere onesti e riconoscerlo.
Paola Cortellesi: Abbiamo trovato un pretesto per fare incontrare e conoscere due persone che altrimenti non avrebbero mai avuto modo di frequentarsi. La storia tra di due ragazzi è lo scherzo del destino che li fa incontrare, e io voglio sperare che una cosa del genere sia davvero possibile e possa portare cose positive.
Lei è cresciuta in periferia, anzi in borgata...
Sì io sono cresciuta a Massimima, sono borgatara e ne vado fiera. Quando ero molto giovane, tra gli anni '80 e '90, Massimina aveva i suoi problemi anche se non era considerata pericolosa come è Bastogi. Sono cresciuta in un ambiente molto variegato, e credo che questo mi abbia fortificata. E sono orgogliosa anche degli abitanti di Bastogi, che oggi è rappresentato nella luce peggiore possibile; hanno dimostrato una grande umanità, e ci hanno accolto con gioia quando siamo venuti a girare, quando a Roma, di solito, "quelli del cinema" non sono certo visti di buon occhio.
Gente di borgata
Sonia Bergamasco, questa esperienza da milanese a Bastogi?
Sonia Bergamasco: Io vivo a Roma da molti anni ma non ero mai stata a Bastogi prima. Anche io sono cresciuta in periferia, al QT8 di Milano, che forse non corrisponde ai cliché dei quartieri degradati di periferia. Di Bastogi fa impressione il fatto che un posto così diverso dalla Roma che conosciamo sia a pochi chilometri dal centro. Ma la gente è una sorpresa. Le gemelle (Alessandra e Valentina Giudicessa, che interpretano le sorellastre di Monica Pamela e Suellen e sono una delle risorse vincenti di Come un gatto in tangenziale, ndR) sono di Bastogi.
PC: Sì, mentre scrivevamo la sceneggiatura siamo stati a Bastogi per fare dei sopralluoghi e intervistare gli abitanti, per conoscere meglio il posto e trovare spunti. Abbiamo sentito storie terribili, ma spesso raccontate con quella romanità ironica, al punto di avere anche aspetti molto divertenti. Le gemelle non erano previste dal soggetto, ma le abbiamo incontrate e le abbiamo dovute includere nel film: erano irresistibili!
Milani, lei non ha avuto paura di raccontare una storia con un forte elemento sentimentale. Oggi sembra che ci sia un certo pudore nei confronti del sentimento, non crede? RM: Io non ho paura del sentimento, sono anche i film che preferisco vedere, quelli che hanno un'anima. La volontà di evitare il rischio della retorica ha fatto un po' tabula rasa delle emozioni. Qui è proprio il sentimento che riduce le distanze tra due persone che non hanno nulla in comune. Non so chi abbia coniato il termine "buonismo", ma so che la lotta al buonismo ci ha reso tutti un po' più stronzi.
Coppia che vince...
La coppia comica Cortellesi-Albanese funziona sempre meglio: pensate di continuare a lavorate insieme?
PC: Io e Antonio ci siamo conosciuti meglio proprio sul set di Riccardo Milani con Mamma o papà?, e ci siamo proprio cercati per lavorare insieme a Come un gatto in tangenziale. Io credo che quando si crea una coppia che funziona c'è solo da guadagnarne, quindi perché no, penso proprio che torneremo a lavorare insieme.
AA: Sì, ci siamo trovati con l'intesa che già si era creata, e abbiamo potuto lavorare su altro, sulla fisicità, sugli sguardi, su diversi effetti comici. E poi io e Paola siamo simili, siamo precisi, puntuali, e amiamo infinitamente il nostro lavoro.