Come play - Gioca con me, la recensione: Su Prime Video la storia di un mostro che soffre di solitudine

La recensione di Come play - Gioca con me: su Prime Video arriva l'horror che parla di solitudine con sensibilità ma che non spaventa mai davvero.

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Come Play - Gioca con me: Gillian Jacobs, John Gallagher Jr. e Azhy Robertson in una scena del film

Non è una novità che alla base di film horror più o meno di successo ci siano dei corti particolarmente riusciti, capaci di scatenare brividi inaspettati nello spettatore proprio per la loro breve durata e per lo spunto da cui prendono il via. Tra questi ricordiamo ad esempio Lights Out di David F. Sandberg, da cui poi lo stesso regista ha tratto la pellicola Lights Out - Terrore nel buio, o Mama, che ha dato vita al film omonimo di Andy Muschietti. Stesso discorso vale per Larry, corto del 2017 con protagonista il custode notturno di un parcheggio che, attraverso un iPad abbandonato nella cesta degli oggetti smarriti, entra suo malgrado in contatto con un mostro tanto solitario ed incompreso quanto pericoloso. Come però vedremo in questa recensione di Come play - Gioca con me, il film che è stato poi sviluppato proprio da questo corto (ora disponibile su Prime Video), non sempre è facile rielaborare nel modo giusto un'idea che funzionava al meglio per un prodotto di una durata decisamente più limitata.

Un mostro ci osserva dai nostri schermi

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Come Play - Gioca con me: John Gallagher Jr. in una scena del film

Il regista Jacob Chase parte dal tema della solitudine, che era alla base del corto originale, per parlare di come venga esacerbata dall'uso eccessivo della tecnologia: il mostro Larry, attorno a cui ruota questa storia, ha come unico scopo quello di entrare nel nostro mondo (proprio attraverso devices come smartphone e tablet) e così irretire e portare con sé chi soffre maggiormente - appunto - di solitudine. Il protagonista del film, infatti, è il piccolo Oliver, un bambino autistico il cui unico contatto verbale con le altre persone avviene proprio attraverso la tecnologia: è solo tramite applicazioni pensate per riprodurre il linguaggio che lui comunica a modo suo con i suoi genitori ed i suoi coetanei. Chi può esserci di più solitario ed isolato di lui? Larry, che osserva le sue vittime dal mondo oscuro in cui vive (le sue "finestre" sono gli schermi di televisioni, computer, tablet ecc. ecc.), deciderà di prenderlo di mira e di portarlo con sé.

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Come Play - Gioca con me: Azhy Robertson durante una scena del film

Una premessa interessante, che offre numerosissimi spunti di riflessione e che cerca di toccare tematiche già presenti in classici del genere come Poltergeist: demoniache presenze o The Ring, ma che non viene sviluppata al meglio: il film di Chase, pur riuscendo a parlare di genitori e figli e delle difficoltà vissute da chi è affetto da autismo con sensibilità, lascia lo spettatore con l'impressione di essere di fronte ad un film ancora in stato embrionale, come se si trattasse di una prima stesura ancora da raffinare. Più proseguiamo con la visione, infatti, più ci rendiamo conto di come certi dialoghi e certe sequenze non siano convincenti, ma anche del fatto che lo stesso Larry (che ha un ruolo decisamente centrale nel film) non venga caratterizzato nel migliore dei modi: i suoi "poteri" sono infatti altalenanti e troppo spesso soggetti alle necessità della trama. L'idea che ci siamo fatti è quindi che si avesse un buon materiale da cui partire (il corto), ma siano mancate le capacità e le idee giuste per svilupparlo come meritava.

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Come Play - Gioca con me: Gillian Jacobs e Azhy Robertson in una scena del film

Detto questo, però, il problema più evidente di questo film è un altro: Come Play - Gioca con me non fa paura. Nemmeno nelle sequenza pensate appositamente per far sobbalzare lo spettatore sulla sua poltrona, si riesce ad ottenere qualcosa di più di una blanda tensione. Quello che colpiva nel corto molto probabilmente non riesce a funzionare nello stesso modo nel diverso contesto del lungometraggio. Purtroppo questo potrebbe deludere la maggioranza degli spettatori, che si sono senza dubbio approcciati a questo film cercando momenti da brivido e pelle d'oca.

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Un horror che non fa paura

In quest'horror in cui i brividi scarseggiano si riesce comunque a dare un certo spessore ai personaggi, su tutti Oliver e sua madre Sarah (Azhy Robertson e Gillian Jacobs colpiscono per l'intensità che riescono a dare alle loro interpretazioni), cosa che permette allo spettatore di empatizzare con loro e di seguire la vicenda con interesse. Non a caso le atmosfere che questo film ci ricorda sono quelle di Babadook, film che partiva da uno spunto decisamente simile (sempre una storia per bambini che parla di una creatura mostruosa) per parlare del difficile rapporto tra una madre ed un figlio ma anche di malattia, depressione in quel caso, autismo in questo.

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Come Play - Gioca con me: Azhy Robertson in una scena del film

Di Babadook ritroviamo anche il modo scelto per mettere in scena l'essere mostruoso che perseguita i protagonisti, sfuggevole e capace di rendersi visibile a suo piacimento. Per Larry - oltre ad una CGI non particolarmente riuscita - vengono spesso utilizzati effetti speciali pratici, che gli conferiscono una certa tangibilità e lo rendono a tratti decisamente inquietante ed impressionante. Dal punto di vista della regia, alcune sequenze balzano all'occhio per come vengono pensate e costruite (la prima di quelle nel parcheggio, ad esempio, che riproduce quasi in toto il corto, o quella in cui il mostro comunica con Oliver e sua madre attraverso il loro televisore), altre, al contrario, ricordano film troppo scene già viste e riviste in tanti film di questo genere.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Larry sottolineando ancora una volta come questo film di Jacob Chase, pur partendo da buone premesse, non accontenterà gran parte dei suoi spettatori per i pochi momenti da brivido e per un intreccio che non sempre funziona. Peccato, perché riesce a parlare di genitori e figli ma anche delle difficoltà vissute da chi soffre di autismo con una certa sensibilità.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • I protagonisti, in particolare il piccolo Azhy Robertson e Gillian Jacobs.
  • Gli effetti speciali pratici con cui si da vita al mostro.
  • Le premesse da cui prende il via la storia…

Cosa non va

  • …ma che a nostro parere non vengono sviluppate al meglio.
  • La CGI utilizzata non è particolarmente riuscita.
  • Questo film horror non fa paura.