Ehi, Max. Un uomo sale sulla metropolitana qui a Los Angeles e muore. Pensi che se ne accorgerà qualcuno?
Ogni taxi ha un percorso prestabilito. Sa esattamente da dove partire e sa precisamente dove finire la sua corsa. L'incertezza è tutta nel tragitto. Ed è lì, nel mezzo del dubbio, che si insinua quel cult chiamato Collateral. Arrivato nelle sale americane il 6 agosto 2004 e presentato Fuori Concorso alla 61esima Mostra del Cinema di Venezia, il thriller notturno di Michael Mann compie 15 anni. Un'ottima occasione per celebrare un film spesso dimenticato e magari riscoprirlo su Infinity. Immerso tra le strade perdute di una Los Angeles notturna, deserta e vagamente malinconica, Collateral si specchia dentro un thriller urbano dedicato alla folle notte lavorativa di Max, tassista perso nei suoi sogni di gloria irraggiungibili.
Le rassicuranti abitudini di questo uomo mite, che subisce la vita invece di dominarla, vengono scosse da un cliente molto particolare, un cliente che si scopre presto essere un assassino con cinque vittime sulla sua lista nera. Il fortuito incontro tra Max e Vincent darà il via a un effetto domino di eventi messi su un piano inclinato. Come accade spesso nei grandi film, il succo della trama è solo un pretesto per raccontare altro. Perché il cuore pulsante di Collateral batte nella convivenza forzata tra il pavido tassista e il glaciale killer di un irriconoscibile Tom Cruise.
Nella loro folle corsa si cela un'inaspettata lezione di vita. E allora, dimenticandoci del tassametro, ecco cosa rende indimenticabile l'ottavo film del sempre magistrale Michael Mann. Ovvero quella volta in cui chiuse la morte e la vita dentro un taxi.
Tutto il grigio di Tom Cruise
La faccia da bravo ragazzo, gli occhi vispi, il sorriso sornione. Niente di tutto questo. Dimenticate il solito Tom Cruise. Uno dei più grandi meriti di Collateral è aver avuto il coraggio di stravolgere l'immagine cinematografica del divo. Un attore che, Magnolia a parte, è sempre stato associato a personaggi positivi, eroici, portatori di valori positivi. Attraverso Vincent, Michael Mann sveste Tom Cruise di qualsiasi tipo di luminosità, lo incupisce, lo sporca, gli cuce addosso un personaggio famelico. Un predatore urbano senza scrupoli ma dotato di una morale tutta sua, guidato da una precisa filosofia di vita. Vincent non è un cattivo banale, ma un nichilista che porta avanti la sua disillusa visione del mondo. Un uomo che, non a caso, veste di grigio per sembrare più anonimo, incolore e invisibile possibile, e poter così sfuggire agli uomini che gli danno la caccia. Un concetto, quello dell'anonimato, sul quale Mann ha lavorato in modo più che verosimile. Per prepararsi al ruolo, infatti, Cruise ha lavorato da postino per un mese senza che qualcuno lo riconoscesse. Insomma, "uccidere" Tom Cruise era l'unico modo per far vivere Vincent sullo schermo.
L'odore della notte
Milioni di galassie e centinaia di milioni di stelle ed un puntino che vaga nello spazio. Siamo noi, persi per sempre. Lo sbirro, tu, io. Chi se ne accorge?
Ammazzare il sogno e far vincere l'incubo. Un incubo non molto lontano dalla realtà. Così come fatto con la percezione pubblica di Cruise, anche Los Angeles viene stravolta e svuotata dei suoi luccichii e della sua mondanità. Collateral è un film lungo una notte intera, dal primo buio all'alba, tutto dedicato a una città perduta, abitata soltanto da predatori e prede. Girato in digitale per catturare al meglio la luce artificiale di lampioni e fanali, Collateral riscopre l'anima più animalesca d'America. O vivi o muori, con la legge del più forte che domina la scena come nella teorie di Charles Darwin. La notte diventa l'unica dimensione possibile per mettere in scena questa storia cupa e torbida, che trova la sua incarnazione più suggestiva nell'epifania finale, quando il taxi di Max trova sulla sua strada uno sciacallo solitario. C'è differenza tra Vincent e quell'animale? Gli abitanti di Los Angeles non sono forse tutti soli come lui?
Tra azione e parola
Prendi il telefono, la vita è breve. Un giorno ed è andata.
Maestro di sparatorie. Potremmo affibbiare questo titolo al grande Michael Mann. Da Heat: la sfida a Miami Vice, passando per Nemico pubblico - Public Enemies, il regista statunitense ha dimostrato grande cura per le scene d'azione in cui le pistole la fanno da padrone, soprattutto grazie a un resa realistica del sonoro che fa rimbombare ogni sparo con estrema violenza. Memorabile, in Collateral, la sequenza ambientata nella discoteca in cui, nonostante il caos e la mole di persone su schermo, la sequenza è chiara, leggibile in ogni movimento, messa in scena con estrema maestria. Però, Collateral ha avuto il grande merito di dosare alla perfezione azione e parola, inseguimenti e dialoghi utili a dare spessore e senso alle scelte dei personaggi. Così il taxi di Max assume la forma di uno studio in cui il protagonista viene quasi psicanalizzato dal suo sequestratore. Alternando primi piani e dettagli di occhi che si scrutano attraverso gli specchietti retrovisori, Mann ci porta dentro un rapporto strambo quanto determinante per la reazione di un protagonista da troppo tempo immobile e vittima dell'abitudine. Uno scossone reso possibile soltanto dalle parole ficcanti di Vincent. Questa volta le pistole non c'entrano niente.
Heat - La sfida: i 20 anni del cult poliziesco con Al Pacino e Robert De Niro
Lezione di vita
In Collateral niente è lasciato al caso. Nelle scene in cui Vincent mette Max in difficoltà, ferendolo, stuzzicandolo e gettandogli in faccia l'amara verità sulla sua miserabile esistenza, il killer è seduto esattamente dietro il lato guida, in modo che il tassista non possa mai vederlo in volto. Nelle sequenze più "innocue", invece, Max riesce a vedere Vincent attraverso lo specchietto retrovisore. Un dettaglio non da poco che sottolinea quanto l'antagonista di Cruise funga da spirito guida, da destabilizzante e cinica voce della coscienza.
Nonostante il suo essere profondamente disincantato, Vincent è fondamentale per la rinascita di Max. Un inaspettato sprone che spinge l'uomo a cogliere l'attimo, a non rimandare sempre ogni cosa, a smettere di aspettare che le cose accadano e diventare finalmente protagonista della sua stessa vita. E qui, in questa lezione di vita, arriva il tocco di classe di Mann. Succede quando ci mostra il lato "sensibile" di Vincent, talmente appassionato di jazz da averne abbracciato la visione delle cose. Perché il jazz ti insegna una cosa molto utile nella vita, che tu sia un killer o un comune tassista: gestire gli imprevisti, saperti adattare. Semplicemente improvvisare.