Il titolo della nostra recensione di Cobra Kai 3, l'attesa terza stagione della serie Netflix ispirata a Karate Kid, disponibile in streaming dal 1 gennaio, è quello di uno dei 10 episodi della stagione (l'episodio 8). Perfetto per quella puntata, certo, ma anche per definire quella che è la terza stagione di Cobra Kai. Che diventa ormai una partita a tre tra i protagonisti adulti, Daniel LaRusso, Johnny Lawrence e Kreese, ex maestro di quest'ultimo, e ormai assurto a ruolo di villain della serie e all'onore di avere un personaggio disegnato a tutto tondo. Accanto a loro continuano le vicende dei giovani protagonisti, Miguel, Robbie, Samantha e Tori. La stagione 3 di Cobra Kai è probabilmente la migliore delle tre stagioni della serie, scritta in modo che il presente scorra in parallelo al passato e in modo da collegarsi sempre meglio ai film originali. È una serie piena di sorprese, piena di cliffhanger alla fine di ogni episodio (della durata di 30 minuti) che la rendono una perfetta serie da binge watching. Ovviamente, sempre al ritmo della musica hard rock anni Ottanta tanto cara al nostro Johnny Lawrence. E, stavolta, anche decisiva per sbloccare una faccenda molto delicata...
La trama: Johnny ha perso tutto
La stagione 3 di Cobra Kai inizia poco la fine della la stagione 2. Miguel Diaz (Xolo Mariduena) è in ospedale, in coma, dopo la spaventosa caduta durante la rissa alla Valley High, la scuola che frequenta, di cui tutti i media stanno parlando. La rissa, e l'incidente a Miguel, ha lasciato strascichi a tutti: Johnny (William Zabka) ha perso tutto, compreso il suo dojo, il Cobra Kai, e si è rifugiato nell'alcool; Daniel (Ralph Macchio) è assalito dai sensi di colpa, ed è ritenuto responsabile perché i suoi alunni, quelli del Miyagi Do, hanno partecipato alla rissa e Robbie (Tanner Buchanan), il suo allievo, è stato il diretto responsabile dell'incidente a Miguel. Robbie, proprio per questo, ha deciso di scappare. E Samantha (Mary Mouser), dopo lo scontro con Tori, è alle prese con gli attacchi di panico. E con la sua reputazione, perché "è diverso per una ragazza fare una rissa".
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John Kreese, dal Vietnam con furore
Come detto in apertura, la stagione 3 di Cobra Kai è quella che segna il definitivo ingresso in scena di John Kreese (Martin Kove), arrivato alla fine della stagione 1 e rimasto in tutta la stagione 2 come mentore di Johnny Lawrence. Ora Kreese è un personaggio chiave del racconto, la vera anima nera della storia. È una scelta riuscita: se Johnny era un personaggio monodimensionale in Karate Kid - Per vincere domani, il primo film del 1984, lo era anche Kreese. E, dopo che nelle prime due stagioni abbiamo avuto modo di approfondire Johnny, ora abbiamo l'occasione di conoscere il suo maestro. Gli sceneggiatori hanno pensato bene di creare una backstory anche per Kreese, e di farla partire dal lontano 1965, dalla San Fernando Valley, per farci arrivare fino in Vietnam, con tanto di colonna sonora con Sunshine Of Your Love e Bully Bully (ricordate Full Metal Jacket?). E per spiegarci che, se Kreese ha deciso di "colpire per primo, colpire duro e non aver pietà" c'è un motivo.
Daniel e Johnny, attenti a quei due
Se Kreese è, ovviamente, il cattivo, e porterà i suoi adepti lungo una china sempre più pericolosa, il buono e il duro (i brutti, in Cobra Kai, non ci sono) sono Daniel San e Johnny. Se quella cena casuale al ristorante nella stagione 2 prometteva bene, le promesse nella stagione 3 sono state mantenute. Destinati ad avvicinarsi e allontanarsi di continuo, Daniel e Johnny insieme fanno scintille, sono una coppia brillante. Quando sono in scena insieme Cobra Kai diventa un buddy movie. Daniel e Johnny sono la strana coppia per eccellenza, il perfettino e il disagiato, il pedante e lo scorretto, "il poliziotto buono e il poliziotto cattivo". Il loro duetto è essenzialmente limitato a due episodi, ma è davvero irresistibile. Finita l'esperienza di Cobra Kai (la stagione 4 è confermata, sarà l'ultima?), i due potrebbero anche cimentarsi in uno spin-off, una sorta di nuovo Attenti a quei due. Sarebbe davvero spassoso.
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Non puoi vivere nel passato
Tutto questo ci fa capire come una delle chiavi del successo di Cobra Kai sia l'ironia. Se i film del franchise Karate Kid, nati in pieni anni Ottanta, erano (come un po' tutto in quel decennio) manichei, epici, sognanti e un po' retorici, gli episodi della serie che ne continua la vicenda hanno i contorni più sfumati, sono ironici, dissacranti, a volte scorretti. Il che serve da un lato a proporre un prodotto fresco per le nuove piattaforme come Netflix (e, prima, YouTube), dall'altro a guardare con un certo distacco ai film originali, non metterli su un piedistallo. "Ogni tanto è positivo guardare al passato, per capire come sei oggi. Ma non puoi vivere nel passato" sentiremo dire a un personaggio. Ecco, la chiave di Cobra Kai sta tutta in queste parole. L'ironia nasce spesso da un gioco di contrasti (come quello tra Daniel e Johnny), dalle uscite fuori luogo e fuori tempo di Johnny. Ma anche da un montaggio che spesso raccorda le scene creando un effetto sorprendente e divertente.
Sono tuo padre...
Ma la funzione più importante dell'ironia, in fondo, è quella di stemperare una storia che, di base, sarebbe molto dura. La saga di Karate Kid è sempre stata una storia di figli senza padri: conoscevamo Daniel mentre arrivava a Reseda solo con la madre. Anni dopo abbiamo saputo che anche Johnny non era cresciuto con il padre, ma con un patrigno ignobile. E da quel momento è stata tutta una ricerca di un padre putativo per chi non ne aveva uno vero, vedi Miyagi per Daniel o Kreese per Johnny. In Cobra Kai la storia si ripete, con incroci sorprendenti. Perché Johnny in qualche modo fa da figura paterna, oltre che da sensei, a Miguel, che ricorda molto il giovane Daniel. Ma non riesce a essere un padre per il proprio figlio, Robby, che per qualche momento si avvicina a Daniel in cerca di una figura di riferimento. Il finale della stagione 3, doloroso anche se catartico, rimette tutto in discussione. Non vedevamo rapporti così complicati tra padri e figli da L'impero colpisce ancora...
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Noi siamo i giovani
Abbiamo parlato di figli. Ci sono due momenti ben precisi, in Cobra Kai 3, che sembrano volerci suggerire che, pur nella loro impulsività, ingenuità, malleabilità, i personaggi più giovani sembrino riuscire meglio, arrivare prima, trovare delle soluzioni più facilmente degli adulti. Sanno essere più empatici e convincenti. Sanno mettere da parte le rivalità e le gelosie per trovare un terreno comune su cui lavorare. Dei due protagonisti principali abbiamo detto. Ma in Cobra Kai sono molto importanti anche le ragazze, Samantha e Tori.
Nel segno di Karate Kid II
E poi c'è l'effetto nostalgia. Nelle prime due stagioni Cobra Kai è sempre riuscito a suscitare, in chi guarda, emozione e nostalgia, andando a ripescare qua e là momenti dei primi film. Qui il gioco cambia leggermente. Nei primi episodi i riferimenti al passato non sono così costanti e sistematici. Ma poi, a metà stagione, un ottimo stratagemma di sceneggiatura riesce a legare Daniel San al Giappone, a Okinawa e a Karate Kid II - la Storia Continua. Tra una citazione - ancora una volta ironica - del famoso numero del ghiaccio e una sequenza chiave interamente riproposta sarà anche il momento di ritrovare dei personaggi importanti. Anche se la vera sorpresa arriverà alla fine della stagione, un raggio di luce, e sarà invece legata al primo Karate Kid.
Daniel e Johnny, più simili di quanto vogliano ammettere
Saranno questi incontri, in Giappone e poi in California, a farci capire alcuni concetti che danno il senso a questa terza stagione. Daniel imparerà qualcosa in più del Miyagi Do, e capirà che "la difesa può assumere diverse forme" e che "se il nemico insiste per farti la guerra devi togliergli la possibilità di fartela". Dal secondo incontro Daniel e Johnny capiranno di essere più simili di quanto vogliano ammettere. E che riconoscono parti di sé l'uno nell'altro, e magari non sempre la cosa piace loro. Il buono e il duro, in fondo, non sono così lontani. Ora resta da combattere il cattivo.
Conclusioni
Nella recensione di Cobra Kai 3 vi spieghiamo come questa sia probabilmente la stagione migliore: è scritta in modo che il presente scorra in parallelo al passato e in modo da collegarsi sempre meglio ai film originali. È una serie piena di sorprese e di cliffhanger che la rendono perfetta per il binge watching.
Perché ci piace
- Il rapporto tra Daniel e Johnny evolve, decolla e regala momenti spassosi.
- Kreese diventa un personaggio a tutto tondo e un motore della storia.
- L'ironia è dissacrante e funzionale.
- Gli omaggi ai film originali sono riusciti e sorprendenti.
Cosa non va
- Quei finali dove tutto viene buttato in rissa sono un po' faciloni.