Clint centra un altro destro
Venticinquesima regia firmata da Clint Eastwood, Million Dollar Baby è molto di più di un film sul pugilato, per quanto questo sport giochi un ruolo di primo piano nella narrazione - o perlomeno per buoni due terzi di essa. Questo perché il film ha (per l'appunto a circa due terzi della sua durata), una brusca e inaspettata variazione, che riguarda però più la forma della narrazione che non i suoi temi ed il suo contenuto: una variazione di cui non parleremo per anticipare troppo del film, limitandoci a dire che non condividiamo affatto le riserve morali e moralistiche di quanti hanno criticato (anche aspramente) quanto raccontato e mostrato nella parte finale del film.
Lasciando da parte queste - pur importanti - questioni, è la storia di Million Dollar Baby ed il modo in cui è raccontata a far sì che questo sia un grandissimo film; una storia forte della sua classicità (e quindi della sua universalità), ma proprio tanto classica poteva correre il rischio di risultare scontata se non raccontata nella giusta maniera.
Al centro delle vicende di Million Dollar Baby ci sono Frankie, un vecchio allenatore di boxe ruvido e segnato dalla vita e Maggie, una ragazza che sogna di diventare una campionessa del ring (senza dimenticare Scrap, un amico di Frankie che lavora con lui da una vita), e il film è la storia del loro difficile avvicinamento, del loro rapportarsi e di un rapporto, appunto, che diverrà indissolubile. Una vicenda raccontata da Eastwood con toni e stili di regia che dimostrano come questo splendido settantacinquenne sia l'ultimo erede di un modo di fare cinema splendidamente essenziale, elegante, riflettuto, etico, nonché un cineasta che ha ancora molto più da dire sulla settima arte e non solo molto più di tanti suoi giovani colleghi.
Eastwood dirige il suo film con una mano rigorosa, annientando ogni virtuosismo visivo ma regalando inquadrature tanto semplici quanto cariche di effetti e di significato. Ma non sta nelle ottime scelte di regia visiva di Eastwood la grandezza di questo film. La grandezza di Million Dollar Baby sta nell'aver parlato della complessità e delle difficoltà della Vita (dei personaggi e di tutti noi) attraverso l'essenzialità delle vicende, dei dialoghi e delle situazioni, e utilizzando la boxe come grande metafora della vita stessa. È proprio per questa valenza metaforica del pugilato che anche quando abbandona il ring, la storia del film non si spezza né si modifica, rendendo la parte conclusiva della pellicola assolutamente consequenziale a tutto il resto.
Eastwood, ottimo anche come attore e non solo come regista, continua come da anni sta facendo a lavorare su se stesso e sul suo essere icona cinematografica, mettendo in scena senza timori o pudori di sorta un se stesso invecchiato, cambiato, tormentato più nello spirito che nell'aspetto fisico dal peso degli anni e da quello che questi anni hanno significato.
Il suo Frankie è un uomo ruvido ma tormentato dal passato, che trova in Maggie la seconda opportunità per rimediare agli errori professionali e personali della sua esistenza, errori che continuano a perseguitarlo e dai quali non riesce a liberarsi. Fantasmi del passato che non lo libereranno nemmeno alla fine del film, ma con i quali attraverso il dialogo, l'apertura, l'accettazione di realtà scomode, Frankie imparerà a convivere.
Ma opportunità e riscatto sono parole che trovano la loro applicazione ed incarnazione anche negli altri due protagonisti.
Clint Eastwood, Morgan Freeman e Hilary Swank danno vita a tre personaggi tormentati, intensi, umanissimi: tutti e tre carichi di dubbi, di nostalgie, di sogni destinati a realizzarsi (completamente o meno) solo attraverso il dolore e la sofferenza. Ognuno di loro è alla ricerca di un personale riscatto, ognuno è portatore di gesti, parole, sguardi il cui significato simbolico travalica il singolo momento e la singola situazione ma su arriva a toccare l'universalità dell'esistenza.
Malinconia è la parola d'ordine del film, così come accadeva nell'altro capolavoro dell'Eastwood regista, Gli spietati. Anche in quel caso Eastwood era costretto a riaffrontare i fantasmi del passato, gli anni trascorsi ed un senso costante d'incompiutezza nella propria vita, con al fianco un Morgan Freeman in grado di comprenderlo e supportarlo per via di tutte le esperienze condivise. Ma se William Munny trovava nella vendetta e nella rabbia l'unico modo per venire a patti con le assurdità e le crudeltà della vita, prima di tornare all'esistenza semplice e solitaria che sognava, il Frankie di Million Dollar Baby potrà raggiungere il tanto agognato isolamento solo dopo aver dovuto esorcizzare le sofferenze del passato attraverso le sofferenze del presente, non battendosi contro quanto la Vita ci mette di fronte ma accettando dolorosamente e venendo a patti con questi terribili ostacoli.
Nella boxe, ci racconta la voce narrante del film, tutto è al contrario, e così è nella vita. Per vincere bisogna a volte perdere, per gioire bisogna a volte soffrire, per continuare a vivere bisogna a volte morire.