Sugli spalti della cavea dell'Auditorium Parco della Musica di Roma le fan lo accolgono cantando "Sei bellissimo", al suo ingresso in sala qualcuno esibisce uno striscione "Sei la ragione che mi porta alla follia" . Claudio Baglioni irrompe così alla Festa del Cinema di Roma 2021 dove è il protagonista di un incontro ravvicinato con il pubblico all'indomani della proiezione al teatro dell'Opera di In questa storia che è la mia in sala il 2,3 e 4 novembre grazie a Medusa. "È un film musicale realizzato a inizio anno, a febbraio quando i teatri erano chiusi e i cantanti un po' arrugginiti. Ho provato una stranissima sensazione, quello di ieri sera è stato un lavoro affascinante, una sorpresa, un'emozione unica. Non avevo mai visto un mio concerto con così tante persone intorno, perché di solito sto dall'altra parte, ho avuto una stretta al cuore", esordisce.
Musica e cinema: da Il mago di Oz a Colazione da Tiffany
Ad accompagnare la chiacchierata una carrellata di sequenze che hanno segnato il suo rapporto con il cinema, a partire da Zorro contro Maciste, "il primo film visto in una sala. Ero piccolissimo, lo vidi in un cinemetto di Centocelle, li chiamavano 'i pidocchietti'. Era un film stranissimo, sconcertante in cui si affrontavano inspiegabilmente un uomo forzuto e uno con mascherina e frusta. Incredibilmente Zorro vinceva sempre perché nessuno lo riconosceva, anche se era facilissimo!". Anche se a scavare nella memoria, il primo vero contatto con il cinema, che a lui piace ancora chiamare "cinematografo", fu quello attraverso uno schermo "fabbricato da mio padre". "Girava due rocchetti dietro ai quali faceva scorrere le pagine di alcune riviste e io mi mettevo a guardare", ricorda.
Il suo amore per il grande schermo passa ovviamente attraverso la musica e tra le colonne sonore che più hanno colpito il suo immaginario, una ha un posto davvero speciale: Over the rainbow cantata da Judy Garland ne Il mago di Oz, "una melodia che mi ha sempre fatto una grande tenerezza. Si può provare malinconia o nostalgia, ma è difficile che la musica susciti tenerezza, qui invece si sente una leggerezza straordinaria. Questa canzone ha una lunga storia, la si ritrova in tanti film e nel tempo l'arcobaleno è diventato l'inno, la bandiera del movimento di liberazione omosessuale".
E c'è spazio anche per Colazione da Tiffany, la scena in cui Audrey Hepburn canta Moon River è una delle sue preferite: "Quel brano fu scritto proprio per lei, anche se Capote pensava inizialmente a Marilyn. Audrey Hepburn è così esile e piena di grazia, ma non era una cantante quindi dovettero scrivere una canzone che non avesse una grande estensione vocale e riuscì a cantarla molto bene".
I film della vita e quelli che non ha fatto: 'Mi proposero un soft core fantascientifico'
Il cinema lo ha incrociato in più occasioni e non solo da musicista (Fratello sole, sorella luna, Gli anni più belli), come quella volta in cui avrebbe dovuto recitare con Lucio Battisti. "Era metà degli anni '80, mi presentarono un soggetto, un film serio senza musica, una specie di 'pre romanzo criminale', una storia cruda con due ragazzi di borgata che vivevano ai margini città e che avremmo dovuto interpretare io e Battisti. Poi però non se ne fece nulla", racconta. Alcune proposte furono davvero bizzarre: "Mi fu chiesto di partecipare a un film di fantascienza... hard, ambientato nel 3000, una specie di soft core, con amplessi spaziali - confessa sorridendo - assurdo".
Ai cineasti invidia "la possibilità di accorpare in un unico formato molte discipline, la narrazione, il dialogo, il teatro. Il cinema sarà sempre legato all'idea che sia per sempre. È un rituale e non ho mai compreso le multisale o il divanetto comodo di casa, il cinema è quello di mille persone che insieme sghignazzavano sulle battute dei protagonisti o che trepidavano per sapere chi avrebbe vinto tra Maciste e Zorro", dichiara.
Il film a cui è emotivamente più legato è Rocco e i suoi fratelli, lo vide per sbaglio, "un errore di mio padre, che forse si fece ingannare dal titolo e pensò che fosse un'allegra storia di campagna". Ma è un pezzo del suo viaggio personale ad averlo fatto sentire così vicino ai protagonisti della storia, una famiglia lucana che emigra al Nord: "Come loro anche io arrivai un giorno a Milano, mi accompagnava mia madre, avevo sedici anni ed ero lì per un provino, mi sembrò di stare in Scandinavia. Quando vedo quel tram e la scalinata della stazione centrale sento un collegamento fortissimo con quello che mi è accaduto, come del resto quando guardo i film in bianco e nero su Roma, per esempio quelli di Pasolini, sento un'attrazione incredibile. È un film dolente, drammatico dove si sente la voglia di riscatto, le classi, la differenza tra nord e sud, c'è tanta sociologia dentro".
È invece Blade Runner il suo film del cuore, "è dolorosamente umano, uno degli ultimi realizzati senza effetti speciali digitali, fatto in modo artigianale. È un film letterario, basti pensare all'ultima sequenza...". A legarlo all'opera di Ridley Scott è anche un'altra ragione, quella per cui il musicista della colonna sonora, Vangelis, si innamorò di alcune sue canzoni, "mi raccontarono che si addormentava ascoltando 'Questo piccolo grande amore'". Baglioni lo incontrò perché aveva in mente di fare un musical e qualche tempo dopo nel 1974, Vangelis arrangiò le canzoni del suo quinto album, E tu.