Decine di bandiere e bandierine a stelle e strisce, un tappeto rosso su cui sfilare per raggiungere il palco, cartelli con scritto "Joe Biden, you're fired", cappelli con inciso lo slogan del 2017, "Make America Great Again", e un tripudio di bianco, blu e rosso. Come il sangue colato sul volto dell'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump colpito da un proiettile all'orecchio destro nel corso di un comizio a Butler, Pennsylvania.
L'attentatore, il ventenne Thomas Matthew Crooks, elettore iscritto alle liste repubblicane ma donatore per i democratici, dopo aver mancato il bersaglio, ucciso un uomo sugli spalti e ferito gravemente altri due, è stato freddato a sua volta. Il suo corpo è rimasto disteso sul tetto di una costruzione a 150 metri dal perimetro controllato mentre la folla urlava terrorizzata. C'è anche un testimone, Ben Macer, che ha dichiarato alla CNN di aver segnalato la sua presenza alla polizia.
Una falla clamorosa nella sicurezza. Non a caso il Secret Service, agenzia del governo federale impegnata a proteggere presidenti ed ex inquilini della Casa Bianca, ora è al centro delle polemiche e la direttrice dei servizi segreti statunitensi, Kimberly Cheatle, è stara chiamata a comparire, il prossimo 22 luglio, davanti alla commissione parlamentare per la supervisione e la responsabilità.
Una nazione fondata sulle armi
Da Abraham Lincoln a John F. Kennedy passando per Theodore Roosevelt e Ronald Reagan, sono ben quindici gli attentati - riusciti e non - contro presidenti ed ex presidenti statunitensi. Donald Trump è appena diventato il sedicesimo scampando alla morte per un centimetro. Impressionante pensare come 10 millimetri abbiano cambiato il corso della storia americana e mondiale.
Perché ora - come già molti opinionisti politici stanno evidenziando - quello sparo ha reso ancora più forte il tycoon e la rielezione sembra sempre più vicina. "Non mi arrenderò mai", ha scritto Trump in una mail inviata ai suoi sostenitori. Aggiungendo su Truth:"Amo davvero il nostro Paese e amo tutti voi e non vedo l'ora di parlare alla nostra grande nazione questa settimana dal Wisconsin".
Sarebbe interessante scoprire cosa ne pensa ora il tycoon della facilità con la quale chiunque nel suo Paese riesca a procurarsi un'arma da fuoco. E lo sarebbe perché, secondo quanto riporta NCS News, l'attentatore indossava una maglietta di Demolition Ranch, canale YouTube da milioni di iscritti dedicato alle armi da fuoco.
Mentre Biden nel breve messaggio rilasciato alla nazione afferma che "Non c'è posto per la violenza in America", lo scorso 8 febbraio Trump dichiarava di aver protetto fermamente i diritti sulle armi mentre era alla Casa Bianca e prometteva, se rieletto, di annullare tutte le restrizioni imposte dall'attuale presidente. "Ogni singolo attacco di Biden ai proprietari e ai produttori di armi verrà interrotto durante la mia prima settimana di ritorno in carica, forse il mio primo giorno", prometteva il repubblicano al Great American Outdoor show di Harrisburg - ironia della sorte - capitale della Pennsylvania.
Tre scatti per raccontare la Storia
Nell'era più ossessionata di sempre dalle immagini in movimento che scorrono online replicate milioni e milioni di volte al minuto è singolare quanto esemplare che più del video dell'attentato ripreso in diretta siano tre immagini statiche ad essere state consegnate alla storia l'istante stesso in cui sono state scattate. Una sequenza che racchiude in tre click cosa è successo a Butler. La prima, quella che immortala la traiettoria del proiettile diretto verso Trump, è stata scattata da Doug Mills, fotografo del New York Times. La seconda, in cui si vede l'ex presidente a terra con il volto insanguinato circondato dalle forze armate che si sono gettate su di lui per proteggerlo, è di Anna Moneymaker di Getty. Infine, l'ultima vede il tycoon portato via dal palco dagli uomini e le donne della sua scorta mentre alza un pungo al cielo.
Nell'anno delle elezioni presidenziali - forse le più cruciali della storia contemporanea e con due candidati non all'altezza del compito che dovranno assumere - è impressionante notare come la finzione cinematografica e la realtà finiscano sempre per sovrapporsi. Il 2024 è stato infatti anche l'anno di Civil War, l'eccezionale film diretto da Alex Garland prodotto e distribuito da A24, in cui il regista ha immaginato gli Stati Uniti nella morsa di una guerra civile sanguinosa e spaventosa.
A capo della nazione il presidente interpretato da Nick Offerman che, dopo aver sciolto l'FBI ed essere rimasto in carica per un terzo mandato, vive braccato nella Casa Bianca provando e riprovando discorsi vittoriosi mentre le fittizie forze occidentali del Texas e della California insieme all'alleanza della Florida si stanno avvicinando a Washington DC per catturarlo.
Civil War, recensione: un film che dovremmo vedere tutti (compreso il presidente USA, chiunque sia)
Civil War e il mondo attraverso un obiettivo fotografico
Alex Garland sceglie il punto di vista di un gruppo di fotoreporter. Lee Miller (Kirsten Dunst), il suo ormai anziano mentore Sammy (Stephen McKinley Henderson) e Joel (Wagner Moura). A loro si aggiunge la giovane e acerba Jessie (Cailee Spaeny). Insieme attraversano un Paese allo sbando, in cui le leggi comuni non esistono più. La violenza è l'unica lingua parlata e nessuno può dirsi al sicuro.
Il film ha fatto molto scalpore in tutto il mondo proprio per le tematiche, così attuali, che tratta e per i riferimenti velati a Trump e a quelle figure politiche incapaci di lavorare per il bene dei cittadini ma ossessionate, al contrario, dal potere personale. Civil War riesce a catturare con lucidità la follia in cui siamo immersi. Lo fa grazie all'obiettivo delle macchine fotografiche dei suoi protagonisti, testimonianza degli orrori e della bassezza morale che ci circonda. E ci invita anche a non guardare altrove. Perché significherebbe essere complici.
Quando realtà e finzione si alimentano a vicenda
Esattamente come per l'attacco a Capitol Hill, incitato dallo stesso Donald Trump all'indomani della sconfitta alle elezioni del 2020, anche l'attentato di Butler sembra un film già visto. La motivazione è da rintracciarsi nella capacità di Hollywood di aver reso il Paese una sorta di gigantesco set a cielo aperto dove realtà e finzione si alimentano a vicenda. E di aver fatto della politica, basti pensare a serie come Homeland, The West Wing, House of Cards o film come JFK - Un caso ancora aperto, Tutti gli uomini del presidente, Zero Dark Thirty, uno dei temi centrali del loro intrattenimento.
Civil War è stato tacciato di propaganda politica. Ma il cinema - il buon cinema - è sempre politico potrebbe ribattere più di un regista. Perché quello che si porta in scena, anche se inventato, fonde sempre le sue radici in qualcosa di vero. Un film, oltre a regalare ore di svago, è anche un mezzo attraverso il quale esortare lo spettatore a riflettere. Nel caso della pellicola di Garland a inorridirsi pensando a quello che porrebbe essere il nostro futuro prossimo. Che, chissà, forse quello sparo ha reso ancor più vicino. Civil War è anche una riflessione sul (buon) giornalismo e su cosa si è disposti a fare per raccontare una storia.
Spesso i giornali preferiscono scegliere la strada meno imparziale e corretta, lasciando spazio a fake news e interessi politici ed economici, inquinando l'informazione. Alex Garland questo lo sa e decide di mettere in scena un gruppo di giornalisti che vivono (e muoiono) per lo scatto perfetto. Quello che, senza bisogno di parole, rimarrà la testimonianza più potente di un attimo destinato a cambiare il destino di un uomo o di un'intera nazione. E vengono i brividi a ripensare all'ultima battuta del presidente interpretato da Nick Offerman prima di quello scatto finale."Non lasciare che mi uccidano".