Choi Min-sik a Firenze: Old Boy scopre l'Italia

Il nostro incontro con il 'Robert De Niro coreano' o, come si definisce lui stesso, un attore che ammira i vincenti, ma è sempre attratto dai perdenti.

Firenze, da anni succursale italiana privilegiata del cinema coreano grazie all'appuntamento fisso con il Florence Korea Film Fest, ospita in questi giorni il più grande tra gli interpreti contemporanei, Choi Min-sik. Definito dalla critica 'il Robert De Niro coreano' per la sua versatilità e per la tendenza a scegliere d'istinto ruoli da outisider, l'attore è divenuto celebre in tutto il mondo con l'ultraviolento Old Boy di Park Chan-wook, in cui interpreta il padre di famiglia imprigionato per quindici anni in una stanza da un oscuro nemico. Nonostante il ruolo estremo, Choi è stato abbastanza folle da ripetere l'esperienza con Park in Lady Vendetta, ultimo capitolo della Trilogia della Vendetta. Di recente Luc Besson lo ha voluto a fianco di Scarlett Johansson e Morgan Freeman nel suo Lucy, misteriosa pellicola fantascientifica attualmente in postproduzione. Chissà che il film non gli permetta di costruirsi una carriera anche in Occidente. Nel frattempo Choi confessa di essere quasi alla prima esperienza italiana (se si esclude un breve soggiorno milanese), di amare il nostro cinema e di voler assaggiare tutti i piatti tipici toscani durante il suo soggiorno. Lo scambio culturale parte anche da qui.

Nel corso della tua carriera hai interpretato ruoli estremamente diversi. Quale è il tuo metodo?
Choi Min-sik: All'università ho cominciato a recitare a teatro. Ho studiato su testi chiave come quelli di Stanislavskij, ma credo che il metodo migliore sia comunicare col regista. E' il regista l'elemento più importante di un film. Con lui parlo di tutto, ma il mio obiettivo è capire il senso profondo che vuole dare al film. L'analisi del personaggio è altrettanto importante, ma prima devo capire il colore e l'odore che il regista vuole comunicare al mondo attraverso il film.

Pur essendo molto diversi, c'è una sorta di legame tra i tuoi personaggi. Sono tutti dei magnifici perdenti, degli sconfitti. Come nasce questa tua attrazione con questo tipo di personaggi?
Non sono attratto dai perdenti, ma dalla trama. Se una trama mi colpisce, allora aderisco al progetto. Solo in un secondo momento mi sono reso conto che in effetti i miei personaggi sono perdenti. Vorrei fare dei personaggi positivi, cool, ma il mio istinto mi porta sempre a interpretare outsider.

Hai esordito in teatro. Quale è il repertorio teatrale di un attore coreano?
Quando parlo di teatro mi riferisco ai classici coreani, al teatro tradizionale. Per noi l'attore è come un ballerino, esprime i sentimenti attraverso il suo corpo. L'incontro col pubblico che avviene a teatro per me è molto importante perché per l'attore non c'è via di scampo. Una volta sul palco, l'attore si deve misurare con la postura, col movimento e con la dizione. Tutto ciò mi ha aiutato nel cinema.

Infatti hai portato la tua corporalità nel cinema. Penso a film fisicamente impegnativi come I Saw the Devil o Old Boy. Ci sono scene particolarmente difficili che ricordi?
A molti è rimasta impressa la scena in cui mangio un polpo vivo in Old Boy. In realtà avrei dovuto solo avvolgere una gamba del polpo attorno a una bacchetta e mangiarla. Questo è il modo in cui si mangia il polpo vivo in Corea, ma per esprimere la brutalità di un personaggio finalmente libero dopo 15 anni di prigionia ho proposto a Park Chan-wook di strappare la testa del polpo coi denti e lui ha accettato. I primi polpi erano agonizzanti, perciò ne abbiamo mandati a prendere tre più vivaci che alla fine della giornata hanno fatto una brutta fine.

Come è stato l'incontro con Luc Besson?
L'anno scorso, dopo aver finito la produzione di Battle of Myeongryang, dedicato al generale che ha difeso la Corea dall'invasione giapponese, ho ricevuto una telefonata da Luc Besson. E' venuto in Corea e ci siamo incontrati. L'incontro è durato quattro ore in cui mi ha parlato del suo film, Lucy, e mi ha fatto vedere le immagini contenute nel suo libro. Sono un estimatore dei suoi primi lavori e sono stato felice di poter lavorare con lui. Non posso raccontare molto per adesso, posso solo dire che è un film di fantascienza il cui punto di partenza è l'assunto secondo cui noi usiamo una piccola quantità del nostro cervello. Cosa accadrebbe se lo usassimo per intero?

Quale è stato il personaggio più difficile da interpretare e quale hai amato di più?
Tutti i miei personaggi sono stati difficili. La stanchezza fisica si può sopportare, ma ciò che mi tortura di più è lo stress mentale. Mi chiedo sempre se sono all'altezza, se ho fatto bene. Sono tormentato da dubbi sulla riuscita della mia interpretazione e credo che in futuro le mie insicurezze non mi abbandoneranno. Anche se mi preparo bene insieme al regista, davanti alla cinepresa sono da solo, l'unico responsabile dell'interpretazione e questa pressione mi fa soffrire. Quando scelgo un personaggio devo sentire un'assonanza, devo essere convinto fino in fondo dal film. Non riesco a scegliere un personaggio preferito perché ho avuto una relazione con ognuno di loro, anche se l'amore è finito male. Sono tutti ugualmente importanti. Dopo Old Boy, in cui avevo un ruolo davvero impegnativo, ero esaurito. Mi sentivo svuotato, perciò subito dopo ho deciso di girare Springtime. Erano tutti contrari perché è un personaggio un po' piatto, ma io sentivo la necessità di consolarmi sul set. Avevo bisogno di ritrovarmi. Non sono bravo a fare progetti o a scegliere la cosa più conveniente, seguo solo l'istinto. Avevo scelto il film per riposarmi, ma alla fine c'è stata una difficoltà. Interpretavo un trombettista perciò mi sono messo davvero a studiare lo strumento per sei mesi e alla fine sono riuscito a suonare nella colonna sonora. Così sono riuscito a cancellare Old Boy.

Quando hai girato Old Boy, tu e Park avevate già parlato del personaggio di Lady Vendetta?
Park aveva già scritto il soggetto dell'intera trilogia, perciò me ne aveva accennato, ma non mi aveva proposto di recitare nel film e il mio ruolo non era ancora stato scritto. Avendo sofferto molto sul set di Old Boy, non pensavo di ripetere l'esperienza. In quel periodo Park era fuori di sé, divorato dall'energia della vendetta. Sembrava un pazzo e non avevo intenzione di tornare a lavorare con lui. Alla fine, però, mi ha convinto.

La critica ti definisce il Robert De Niro coreano. Quale è il tuo rapporto con la fama?
Prima di tutto non mi sento Robert De Niro, non credo che la defnizione sia appropriata. Lui è molto più grande di me. Io sono solo me stesso. Credo che per un attore, la qualità più importante, sia l'onestà nell'interpretazione. Sia gli attori famosi che gli esordienti devono possedere questa onestà. La tecnica si apprende. Non mi sono mai preoccupato della pressione dei media. Nella mia carriera io ho sempre anteposto la soddisfazione personale, senza preoccuparmi dell'opinione pubblica. Ho scelto sempre e solo le produzioni che mi hanno convinto.

Quale è il tuo rapporto col cinema italiano?
All'università guardavo molti film italiani. Uno di quelli che mi è rimasto più impresso è
La strada di Fellini. Ho suonato la colonna sonora anche in Springtime. Tra gli attori ricordo il carisma di Lino Ventura, che ha fatto tanti film francesi. E' un attore che mi ha molto impressionato. Purtroppo in Corea, se si escludono gli studenti di cinema, le occasioni di incontrare il cinema italiano non esistono. Mi piacerebbe metter su un festival come il vostro. Un festival del cinema italiano in Corea per alimentare lo scambio.

C'è un regista italiano con cui vorresti lavorare?
Temo che i registi italiani non mi vorrebbero perché non so l'italiano.

Qualche anno fa hai sostenuto una battaglia contro una legge che tendeva a limitare la percentuale di film coreani prodotti. Quali risultati avete ottenuto?
Mi sono schierato a favore della legge di difesa del cinema locale. Insieme ad altri colleghi, mi sono sentito in dovere di proteggere i film indipendenti coreani. Molti paesi, tra cui Francia e Messico, adottano la screening quota, percentuale dei film nazionali nelle sale. E' una regola importante ed è sbagliato che venga modificata per ragioni economiche e commerciali. Non riuscivo a sopportarlo e così ho deciso di agire con un lungo sciopero.

Molte pellicole coreane, dalla Trilogia della Vendetta ai film di Kim Ki-duk, sono intrisi di violenza. Pensi che il pubblico coreano sia più avvezzo alla violenza rispetto a quello occidentale? Ti poni il problema quando aderisci a un progetto?
In effetti molti film coreani che vengono distribuiti nel mondo sono molto violenti, ma penso che la violenza non debba limitare il pensiero dei creatori. Credo nella libertà degli autori, se la violenza viene usata in modo artistico. Se invece viene usata solo per fare soldi, allora sono critico.

Il sentimento della vendetta è radicato nella cultura coreana oppure è un pretesto cinematografico?
L'idea di vendetta in Corea non è rivolta verso gli altri. Da noi esiste un detto: 'per ogni azione compiuta da te c'è sempre un prezzo da pagare'. C'è un'idea morale alla base di tutto.

Visto che sei così critico verso il tuo lavoro, come giudichi il tuo operato dopo aver finito un film?
Appena il film viene proiettato nelle sale io vado subito a vederlo. Mi siedo in ultima fila e non guardo lo schermo, ma la reazione degli spettatori per capire se la volontà del regista è stata compresa. Tre minuti prima della fine esco, mi chiudo in bagno e ascolto le reazioni e i commenti sinceri.

Hai avuto occasione di vedere il remake di Old Boy di Spike Lee?
Purtroppo non l'ho visto. Avrei voluto, ma quando sono tornato in Corea dopo aver finito il film di Besson, non era più nelle sale.