Capelli lunghi, a cui tiene molto, sguardo intenso e la capacità di rendere ogni emozione anche grazie ai movimenti del corpo: Charlie Plummer (nessuna relazione con il premio Oscar Christopher), è il protagonista della miniserie Cercando Alaska, su Sky Atlantic dal 27 maggio.
Tratta dall'omonimo romanzo di John Green - parzialmente autobiografico - la miniserie in otto episodi racconta la storia di Miles Halter, matricola che va all'università Culver Creek, in Alabama, per scoprire quale sia "il suo grande forse", citando le ultime parole dello scrittore francese François Rabelais.
Interprete di Michael Thompson nella serie tv Boardwalk Empire - L'impero del crimine, John Paul Getty III in Tutti i soldi del mondo, nel 2017 Charlie Plummer ha vinto il Premio Marcello Mastroianni alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia per il suo ruolo nel film Charley Thompson. In Cercando Alaska conferma di essere un attore molto promettente: arrivato al campus, Miles fa subito amicizia con Chip, che si fa chiamare Il Colonnello (Denny Love), e Alaska (Kristine Froseth), piena di libri e di inquietudine. Plummer riesce a trasmetterci perfettamente il disagio esistenziale del personaggio, la sua ricerca di un senso della vita e la meraviglia di trovarsi per la prima volta di fronte a esperienze come l'amore e la morte.
Lo abbiamo raggiunto al telefono, per chiedergli come è stato rievocare i sentimenti totalizzanti e fortissimi che si provano in quel momento molto particolare che è il passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
Cercando Alaska: la ricerca del senso della vita, la poesia e il cigno
Questo non è un teen drama leggero: come si è preparato per temi difficili come la vita dopo la morte e il significato della vita?
È il motivo per cui ho accettato il ruolo: amo riflettere su questi argomenti. Non avevo mai letto una storia young adult raccontare questi temi con la profondità di Cercando Alaska. Sono stato fortunato: tutte le persone che hanno lavorato alla serie erano d'accordo su come raccontare la storia, accade raramente in progetti grandi come questo. A dire la verità mi sento più adatto a questo tipo di racconto: la commedia mi spaventa di più, non so se sono pronto.
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Mi piace il fatto che il suo personaggio ami la poesia: secondo lei perché oggi i giovani, ma anche gli adulti, non leggono più poesie?
In effetti la poesia oggi non è molto popolare, anche se per me non è così: sono cresciuto in una casa in cui i poeti sono molto rispettati. Mio padre è uno scrittore, la mia famiglia è legata al mondo del teatro, amiamo Walt Whitman, quindi per me è difficile dire perché le persone non si sentono attratte dalla poesia. Credo di leggere almeno due poesie al giorno. Spero che le persone la riscoprano: durante questa quarantena con un mio amico ci siamo scambiati poesie, abbiamo letto libri insieme per poi parlarne. Spero che anche altri abbiano usato questo tempo per riscoprire la bellezza della lettura.
A proposito di metafore: secondo lei qual è il significato del cigno arrabbiato? Fa paura.
John Green, che ha scritto il libro, è andato davvero a questo college in Alabama: c'è molto della sua vita in questo romanzo. Io stesso ho passato un mese in questa scuola e posso dire che c'è davvero un cigno! In realtà sono due: si chiamano Serena e Venus, come le sorelle Williams, le campionesse di tennis. Non credo quindi che sia una vera e propria metafora, è un fatto reale. Però in effetti è una creatura bellissima che però fa molta paura ed è anche pericolosa: che è un po' ciò di cui parla la serie.
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L'importanza di aprirsi agli altri e di elaborare il lutto
La serie mostra come una sola persona possa cambiare la nostra vita per sempre: quanto è importante aprirsi agli altri, anche se fa paura?
È la cosa più importante: senza aprirci agli altri non possiamo stabilire nessun legame. Ma, è vero, fa davvero paura. È ciò che amo di questi personaggi, soprattutto Miles: mi sono identificato molto con lui e con il discorso che fa all'inizio del racconto. Mi ricordo quando avevo la sua età e dicevo anche io che volevo fare mille esperienze nella vita. Quando provi per la prima volta l'amore, o pedi qualcuno, sono esperienze monumentali. Quando provi un sentimento del genere, che sia positivo o negativo, bisogna goderselo fino in fondo, ogni momento: più fai esperienza più, si spera, sei in grado di lasciarti alle spalle la paura. È difficile: so che è molto più facile a dirsi che a farsi, io stesso combatto ogni giorno con l'ansia.
Un altro tema importante di Cercando Alaska è ricordare chi abbiamo perso: come possiamo farlo, anche se è così doloroso, soprattutto i primi anni dopo un lutto?
L'esperienza che ho del lutto, e dell'aiutare chi ne sta affrontando uno, mi dice che cambia da individuo a individuo. Non credo ci sia nessuna frase che possa essere davvero utile: è un processo talmente complicato e delicato dire addio, che ognuno ha bisogno del suo tempo. La cosa più importante è cercare aiuto: un altro motivo per cui sento un forte legame tra me e questi personaggi è che sono cresciuto in una casa in cui si parla molto. Sia di pensieri positivi che negativi. La morte è qualcosa che unisce di più chi è ancora vivo: la serie è un esempio perfetto di questo. La cosa bellissima è che qui vediamo dei ragazzi che si cercano, in modo genuino: non tramite Instagram, ma perché sono uniti dall'amore per una persona. La cosa bellissima è che, senza fare spoiler, Cercando Alaska non ci dà un lieto fine: è vero, racconta un'esperienza che i protagonisti ricorderanno per sempre. Non potranno mai dimenticare quello che era il periodo più bello delle loro vite e quello che ha insegnato loro. Il merito è di John: nel libro ha messo ciò che ha vissuto e questo è stato fondamentale per capire cosa c'è dentro questi ragazzi.
Amo il rapporto tra il suo personaggio e Il Colonnello: quanto è importante avere un amico come lui? Un amico in grado letteralmente di salvarci?
Ogni volta che ho sentito le persone parlare dei ricordi più belli della loro vita, la cosa che ricordavano con più piacere erano le amicizie: il rapporto tra Miles e Il Colonnello è così. Vediamo nascere e crescere la loro amicizia. È una cosa meravigliosa. Chiunque sia così fortunato da vivere un'amicizia come quella deve custodirla gelosamente. Quando trovi persone del genere devi tenertele strette e ricordati quanto siano importanti. Anche per me le mie amicizie sono ciò che ho di più prezioso.
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Cercando Alaska e il rapporto con il proprio corpo
È bello il rapporto di questi ragazzi con il proprio corpo: i protagonisti si sentono a loro agio con la nudità e il sesso. Pensa che, anche se siamo nel 2020, l'uguaglianza si raggiungerà davvero soltanto quando tutti ci sentiremo a proprio agio nel nostro corpo?
Sì, assolutamente. Credo che tutti abbiano un rapporto complicato con il proprio corpo: sono molto felice per chi non ha nessuna insicurezza, ma credo che la maggior parte di noi non sia così sereno. È una battaglia quotidiana: bisogna essere in grado di guardarsi con onestà e apprezzare il proprio corpo. Per me, da attore, forse è più facile, perché dovendo usare il mio corpo per lavorare lo conosco e lo comprendo meglio. A volte mi capita ancora di provare insicurezza quando mi guardo da fuori, come se fossi separato dal mio corpo: la cosa più importante è essere onesti con se stessi e non provare vergogna. Non bisogna nascondersi. È tutto collegato: se stiamo bene con noi stessi amiamo anche il nostro corpo. Bisogna che le persone vengano educate ad amare il proprio corpo, ogni sua parte.
So che quando era più giovane amava moltissimo Moulin Rouge! e Il Signore degli Anelli: ha mai pensato di fare un musical ispirato all'opera di Tolkien? Lo vogliamo vedere.
Se qualcuno mi offrisse una parte del genere sarebbe il giorno più bello della mia vita. Purtroppo non dipende da me, ci sono troppi studi importanti coinvolti, ma è qualcosa che ora vorrei vedere anche io. Sarebbe un onore essere coinvolto.
Ha detto di amare davvero molto i suoi capelli lunghi: per quale ruolo sarebbe disposto a rasarsi a zero?
Amo questa domanda! Onestamente: per qualsiasi ruolo fosse necessario. Sono sorpreso dal fatto che non mi taglio i capelli corti da quando avevo quindici anni: era estate, per uno dei primi film che ho fatto, ero a New York e c'era un sacco di umidità. Ogni giorno mi guardavo e non mi potevo vedere con i capelli corti: avevo un mullet, era tremendo. Comunque sono pronto a tagliarmi i capelli per un ruolo: ci sono problemi più importanti nel mondo, ce la posso fare.