Dieci anni senza Carlo Mazzacurati. Troppi per gli amici Mario Canale ed Enzo Monteleone che hanno deciso di ricordarlo con un bel ritratto presentato alla Mostra di Venezia nella sezione Venezia Classici. Attraverso un percorso cronologico che si snoda dal primissimo esperimento cinematografico con Roberto Citran, Vagabondi del 1979, a La sedia della felicità, i registi creano un collage di scene chiave e frammenti di backstage accompagnato dalla voce dello stesso Mazzacurati, che parla del suo percorso creativo e del rapporto con gli attori in una lunga e vivace intervista, realizzata dallo stesso Canale, divenuta il fulcro attorno a cui è stato costruito il il documentario.
La scelta di far parlare di se stesso e del suo percorso lo schivo Mazzacurati si rivela vincente. Pur ospitando tanti volti amici, dall'onnipresente Roberto Citran, guida del film, a Silvio Orlando, da Antonio Albanese a Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, la testimonianza del regista eleva il suo ritratto distinguendolo dai tradizionali documentari dedicati a questo o a quell'autore. In più, nel film confluiscono altri materiali, tra cui frammenti di backstage e gli scatti in bianco e nero dai sopralluoghi di Un'altra vita, che spingono Enzo Monteleone a definire il suo lavoro un "film diffuso".
I colpi di genio di un regista che non aveva un piano B
Come spiegano gli autori, l'idea iniziale era di fare di Carlo Mazzacurati: Una Certa Idea di Cinema un documentario classico, organizzato intorno a temi a cui si sarebbero connesse le testimonianze dei suoi collaboratori. L'ordine cronologico, rivela Mario Canale, è nato solo successivamente, "pensando che ci sono film di Mazzacurati che non si vedono da trent'anni. Così abbiamo deciso di raccontare l'evoluzione della sua poetica, rendendola comprensibile a tutti".
Tra i frammenti di backstage che punteggiano questo viaggio nella carriera del cineasta padovano ce n'è uno in particolare che farà sorridere i cinefili. Si tratta di un gustoso retroscena su La passione che mostra come è stata realizzata la Via Crucis, climax del film, girando in soli 25 minuti dopo una nottata freddissima in cui si sono susseguiti incidenti sul set. "Quella è la quintessenza del cinema" racconta divertito Enzo Monteleone. "Uno può programmare e sperare che vada tutto bene, ma di solito va tutto male. Carlo lì non aveva un piano B. I suoi racconti e quelli di Battiston erano eccezionali, hanno girato in 25 minuti una scena che si solito si gira in quattro ore. Dalle casualità nascono cose belle, come le scene delle mucche nella neve de Il toro". Per Mario Canale, "il fatto che quella notte Silvio Orlando fosse a dormire perché era stanco e sia arrivato sul set solo all'alba o la battuta del Gesù Cristo grasso sono momenti geniali che volevamo immortalare nel nostro film".
Ossessioni e ritorni
Tra i meriti del documentario di Mario Canale ed Enzo Monteleone c'è la valorizzazione della compattezza del corpus narrativo di Carlo Mazzacurati, caratterizzato del ritorno costante di temi e dall'esplorazione di emarginati e derelitti. Una fitta rete di rimandi accomuna film apparentemente diversi a dimostrare come la poetica del regista fosse unica e coerente. Ma questo risultato è anche frutto del lavoro di una squadra affiatata di amici e collaboratori. Tra le chicche che ci rivela Enzo Monteleone c'è quella che riguarda Mediterraneo, progetto che avrebbe dovuto dirigere proprio Mazzacurati, che di vacanze in Grecia insieme a Monteleone ne aveva vissute parecchie, ma a Nanni Moretti, che ha prodotto i suoi primi film, il progetto non piacque.
Il viaggio attraverso il cinema di Carlo Mazzacurati si conclude nel modo migliore, con un suggestivo montaggio di sequenze di danza tratte dai suoi film. Finale nato per caso proprio notando la presenza costante di scene di ballo durante la revisione dei film. Come spiega Mario Canale e Monteleone: "Carlo non ha mai ballato in vita sua, neanche ai matrimoni. Se ne stava lì immobile, quindi questa cosa è incredibile. Così abbiamo deciso di salutarlo con allegria e quelli che dovevano essere i titoli di coda sono diventati l'ultima sequenza".