Le cose sono andate più o meno così: lo scorso 13 aprile il Festival di Cannes ha annunciato il suo programma per la sua 70esima edizione e, per la prima volta nella storia della manifestazione francese, ben due titoli in concorso sono prodotti e distribuiti da Netflix, la più famosa piattaforma streaming del mondo. Il che vuole dire che due titoli attesissimi come Okja di Bong Joon-ho e The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach potranno addirittura vincere la Palma d'oro per poi essere visti comodamente nel proprio salotto senza andare in sala. Anzi, a dirla tutta, non è che ci sia molta alternativa, perché sul grande schermo (con l'esclusione appunto del festival o di qualche altra eccezione) non arriveranno mai.
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La polemica vera e propria è partita dalla FNCF, la Federazione Nazionale dei Cinema Francesi, che ha accusato il festival di essere "schiavo" di Netflix e altre realtà potentissime (vedi Amazon) che finanziano film sempre più importanti e che, così facendo, rischia di mettere in crisi la sala cinematografica. La risposta di Netflix non è tardata ed è sembrata , almeno in teoria, perfetta nei toni e nei modi: "Netflix a breve stringerà un accordo con un importante partner francese per distribuire entrambi i film in concorso anche nelle sale cinematografiche." Il sindacato francese non è sembrato particolarmente convinto ma ha anzi rilanciato dicendo che Netflix recentemente ha anche chiuso gli uffici parigini e che così facendo, e non pagando più tasse in Francia, non aiuta l'industria cinematografica francese e, di conseguenza, nemmeno il Festival.
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Scontro aperto
Settimane sono passate senza più nessuna notizia ufficiale, fino a che ieri, 10 maggio 2017, è giunto un comunicato del Festival che è un vero e proprio fulmine a ciel sereno: gli organizzatori sono consapevoli delle perplessità causate dalla mancanza di distribuzione ufficiale nelle sale francesi, e hanno chiesto più volte invano a Netflix di portare i due film in concorso anche in sala e non solo sulla piattaforma online, ma per ora il colosso non ha ancora raggiunto un accordo. Non finisce qui: il Festival è felice di accogliere un nuovo operatore che ha deciso di investire nel cinema ma ribadisce il suo sostegno alla distribuzione tradizionale e, per questo motivo, a partire dalla prossima edizione del 2018 in concorso ci saranno solo film che prevedono una distribuzione nelle sale francesi.
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La nuova risposta da parte di Reed Hastings, CEO di Netflix, non si fa attendere e arriva tramite Facebook: "Il sistema serra i ranghi contro di noi. Guardate Okja su Netflix a partire dal prossimo 28 giugno. Un film incredibile a cui le catene cinematografiche vogliono impedire di partecipare alla competizione". Insieme a questo messaggio breve e conciso, un link ad un articolo di Vanity Fair che spiega quanto riportato sopra. Come a dire, questa è la situazione, fate voi le vostre valutazioni, intanto io però prometto a tutti voi che tra poco più di un mese avrete la certezza di vedere un ottimo film.
Nel frattempo, come immaginabile, non sono mancate importanti dichiarazioni a favore di una o dell'altra parte: il "nostro" Alberto Barbera, direttore della Mostra Cinematografica di Venezia, intervistato da Variety, prima si è detto solidale con il collega Thierry Fremaux dicendo che "non deve essere stata una decisione semplice", ma poi ha giustamente sottolineato come il ruolo di un festival non può e non deve essere quello di occuparsi degli aspetti commerciali e distributivi, ma solo di essere una piattaforma di lancio per il cinema di qualità senza mettere vincoli. Conclude Barbera: "Per me il cinema rimane un'esperienza legata alla sala, ma non possiamo non notare che con l'arrivo di queste nuove piattaforme non possiamo continuare a guardare indietro e non dobbiamo commettere l'errore di formare schieramenti". Tra l'altro proprio a Venezia, Netflix aveva concorso due anni fa per il Leone d'oro con Beasts of No Nation.
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Ragione e sentimento
E noi spettatori e usufruitori sia di Netflix che del Festival con chi dovremmo schierarci? La situazione, a dire il vero, è di quelle particolarmente seccanti, sembra quasi di assistere a quei litigi tra genitori in cui tutti e due sembrano avere sia ragione che torto e l'unica cosa che ci viene da suggerire è "dai, ora abbracciatevi e fate la pace". Come si fa per esempio a non concordare con il Festival di Cannes nel ritenere il grande schermo la destinazione d'elezione per i film e ancora di più per i film di qualità? È vero che anche qui ci sono degli interessi economici dietro, ma i Festival non potranno che continuare a supportare il grande schermo sia per una questione artistica e di principio sia perché fa assolutamente i loro interessi, altrimenti perché non cancellarli direttamente questi festival e non vedere i film selezionati comodamente a casa?
D'altra parte Netflix è coerente nella politica che porta avanti da anni e con indiscutibile successo. Certo, fa i suoi interessi commerciali ma è anche indubbio che il suo voler offrire un servizio democratico e non elitario a tutti i suoi abbonati rappresenti un grande vantaggio per milioni e milioni di potenziali spettatori. E che poi Netflix faccia sul serio nella sua produzione cinematografica (senza nemmeno stare a mettere in mezzo quella televisiva ormai stratosferica) lo dimostrano non solo i due titoli in concorso che abbiamo già citato, ma anche il War Machine di David Michôd con protagonisti Brad Pitt e Ben Kingsley che debutterà in streaming online il prossimo 26 maggio, quando il Festival francese starà per concludersi. E ancor di più lo dimostrano i presunti 105 milioni di budget previsti per The Irishman, nuovo film di Martin Scorsese con Robert De Niro le cui riprese sono previste per questa estate e che dovrebbe essere distribuito nel 2019. Davvero vogliamo perderci questo ben di Dio? Davvero se lo vogliono perdere Cannes e gli altri festival?
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Di certo no. Noi, in quanto appassionati di cinema, lo vedremmo e lo vedremo in qualunque formato. E state pur certi che se non sarà Cannes ci sarà qualche altro festival in capo al mondo interessato a proiettarlo in anteprima mondiale, puntando magari proprio ad accrescere il proprio prestigio. Al momento insomma sembra che il nostro amato festival, per quanto possa fare la voce grossa, sia destinato ad uscire sconfitto da una battaglia che non è contro Netflix o lo streaming, ma contro il mondo intero, perché l'unico modo per "vincere" in questo caso è essere rigidi e fedeli ad un'idea nemmeno di cinema, ma di un mondo che non esiste più.
Il Festival di Cannes può certamente bandire Netflix e la nuova idea di distribuzione ma rischia così di diventare obsoleto se non, con il tempo, addirittura inutile, e sarebbe non solo un disastro economico (durante il festival si tiene contemporaneamente il più grande mercato cinematografico del mondo) ma anche di immagine visto che il festival francese, proprio grazie all'ottimo lavoro di Fremaux, è riuscito a mantenere alto il proprio prestigio pur rimanendo aperto alle novità che di volta in volta l'industria offriva (blockbuster, 3D, animazione, serie TV, realtà virtuale, etc.). Quindi cosa ci rimane da fare se non invitare il buon Thierry e il buon Reed a trovare un accordo, a fare la pace e a pensare, come di dice in questi casi, a quello che davvero conta. Al bene dei loro "bambini", che ovviamente siamo noi, spettatori appassionati di cinema e senza alcun interesse alle spalle.