Sguardo penetrante e sorriso luminoso: Nadine Labaki ha grande fascino e il suo lavoro di attrice testimonia come la telecamera la ami, ma l'artista preferisce da tempo trovarsi dall'altro lato dell'obiettivo, raccontando storie dal proprio punto di vista. L'ultima è quella di Zain, ragazzo di dodici anni protagonista di Cafarnao, Premio della Giuria al 71esimo Festival di Cannes (pare che la presidente Cate Blanchett ne sia rimasta davvero colpita) nelle sale italiane dall'undici aprile grazie a Lucky Red, che, coinvolto in un processo per un crimine, decide di sfruttare la sua presenza in tribunale per fare causa ai genitori, colpevoli di averlo fatto nascere.
Senza documenti e da sempre abituato a non essere visto, ascoltato e amato, Zain è quasi un fantasma, la cui sofferenza sembra quasi essere vana, dato che ufficialmente non esiste. Soltanto in mezzo ad altri dimenticati dalla società come lui sente di essere vivo. Cafarnao - Caos e miracoli cerca di mostrare con più realismo possibile la difficile situazione degli invisibili, del Libano come di qualsiasi altra città, ed è per questo che, con metodo neorealista, Nadine Labaki ha scelto di far recitare persone prese dalla strada e non attori professionisti, per rispettare la loro sofferenza: "È proprio così: è impossibile capire davvero cosa prova una persona che vive costantemente nella sofferenza, è difficile anche solo da immaginare per chi è immerso in una realtà completamente diversa" ci ha detto la regista a Roma, proseguendo: "Non ho fatto queste esperienze, non ho sofferto come i protagonisti del film: quindi ho cercato di dare una visione più sincera possibile delle loro vite, certo sempre filtrata attraverso i miei occhi, ma mettendomi completamente al servizio della loro verità."
Nel film, di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Cafarnao, Zain fa ai genitori, ovvero che non avrebbero dovuto farlo nascere sapendo di non essere in grado di dargli una vita dignitosa, fa riflettere: bisogna davvero pensarci bene prima di mettere al mondo un figlio? "Sì, è vero: bisogna pensarci bene, sopratutto in questo momento storico. I genitori hanno una grande responsabilità e a volte i bambini sono ancora considerati come degli individui con meno diritti, mentre hanno già una personalità molto forte: è quello che ho cercato di mostrare nel film. Il mio protagonista fa causa ai genitori perché non è contento di essere stato messo al mondo: parlando con dei bambini nella sua stessa situazione e chiedendo loro se erano felici di vivere nella maggioranza dei casi mi hanno risposto no, anzi peggio, hanno ammesso di desiderare di essere morti. Vivono una vita fatta di abusi e privazioni e arrivano a chiedersi: perché sono nato? Quindi dobbiamo pensare bene a che futuro daremo ai nostri figli."
Gli Avengers non possono salvare tutti
Nonostante Cafarnao sia ambientato in una realtà molto diversa da quella dei supereroi Marvel, durante il film vediamo diversi riferimenti agli Avengers: Zain ha lo scudo di Capitan America sui pantaloni e quando vede un signore vestito da Spider-Man decide di seguirlo: è una satira molto velata? La regista: "In parte: quando Zain vede Spider-Man, lo chiamo così ma non è proprio Spider-Man, è un uomo anziano che lavora in una giostra, lo vede come un supereroe che potrebbe salvarlo. Andando avanti con il film capiamo però che non è così: Zain si rende conto che deve crescere in fretta e pensarci da solo. Vediamo anche altri riferimenti ai supereroi, c'è lo scudo di Captain America: oltre a essere un elemento di contrasto, questi riferimenti ci ricordano che, anche se si comporta come un adulto, Zain è pur sempre un bambino. È una cosa che nel corso del film quasi dimentichiamo."
L'arte come mezzo per mantenere alta l'attenzione
La dura realtà raccontata dal film fa capire che una società, che si espande esponenzialmente, in cui pochi hanno molto e tanti non hanno praticamente nulla è insostenibile: cosa possiamo fare per migliorare la situazione? Secondo Nadine Labaki: "È una domanda difficile, ma credo che tutti noi possiamo fare qualcosa, mettendo a frutto le nostre abilità e possibilità. Bisogna mantenere alta l'attenzione su questi temi, far crescere la conversazione. Ci ho provato grazie a quello che so fare, ovvero raccontare storie attraverso il cinema: il cinema può rendere persone, luoghi e storie, che sembrano invisibili, reali, facendo sapere al mondo che tutta quella sofferenza esiste davvero. Guardando le immagini del film siamo costretti a fare i conti con questa realtà, non possiamo girarci dall'altra parte facendo finta di nulla."
Nadine Labaki presidente della giuria di Un Certain Regard
In questi giorni è stata diffusa la notizia che, dopo aver vinto il Premio della Giuria proprio con Cafarnao, Nadine Labaki è stata nominata presidente di giuria della sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2019. Vista la sua predilezione per storie socialmente impegnate, avrà un occhio di riguardo per film di questo tipo? "No, no. Sarà impegnativo giudicare tutti quei film diversi, ma sono aperta a qualsiasi genere e storia. Di solito sono proprio i critici a voler etichettare per forza un artista in un genere preciso, aspettandosi che faccia sempre lo stesso tipo di film, senza considerare spesso che un film è il prodotto del vissuto di quell'artista e bisogna quindi considerare da dove viene, in che contesto storico e politico è realizzato, con quali mezzi. In più ognuno di noi si evolve e, siccome i film raccontano la vita, è normale che si evolvano anche le storie: non si può fare sempre lo stesso film. Quindi cercherò di essere il più aperta possibile."