Scrivere la recensione di Bosch 7 equivale, almeno in parte, a un addio: con questi nuovi otto episodi, il serial poliziesco di Prime Video basato sui romanzi di Michael Connelly chiude i battenti, ma non del tutto; è già stato annunciato uno spin-off che negli Stati Uniti sarà un Original per la piattaforma IMDb TV (di proprietà di Amazon), e chi conosce il mondo letterario di Connelly può già immaginare dove andranno a parare con le nuove storie, sempre con la partecipazione di Titus Welliver nei panni del celebre poliziotto. Nel frattempo, però, si chiude un lungo capitolo, per il personaggio e per la piattaforma che lo ospita: la serie è stata infatti tra le primissime commissionate per Prime Video (il pilot è stato messo a disposizione nel 2014, con possibilità di votare perché Amazon andasse avanti con la serie), ed era l'unica ancora rimasta del primo gruppo. E così, mentre il sole tramonta per l'ennesima volta sulle vedute mozzafiato della città di Los Angeles, c'è un tramonto diverso per quanto riguarda la programmazione del servizio streaming. N.B. Questa recensione, senza spoiler, si basa sulla visione in anteprima della stagione completa.
L'ultimo fuoco
La settima stagione di Bosch si basa sul diciassettesimo romanzo della serie, The Burning Room (in italiano La strategia di Bosch), dato alle stampe nel 2014. Harry (Titus Welliver) deve indagare su un incendio doloso le cui ramificazioni, come scoprirà con sommo orrore, potrebbero avere conseguenze letali per le persone a lui più care, ivi compresa la figlia Maddie, il cui lavoro in ambito giuridico la mette direttamente in contatto con coloro che vorrebbero insabbiare l'accaduto. L'indagine metterà a dura prova la determinazione di Bosch, soprattutto quando questa si scontrerà con le politiche interne del commissariato e in particolare con le ambizioni di Irvin Irving (Lance Reddick), pronto a dichiarare guerra in nome di compromessi che sono l'antitesi del motivo per cui Harry ha deciso di diventare un poliziotto. Mentre la lotta si fa sempre più intestina, diventa evidente che il conflitto non riguarda più solo la giustizia per le vittime dell'incendio, ma l'anima stessa della polizia di Los Angeles, segnata da casi di corruzione che rendono Bosch uno degli ultimi sbirri completamente onesti nella Città degli Angeli.
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Il poliziotto e la città
Per sette anni, adattando in modo intelligente la creatura letteraria di Michael Connelly (l'aggiornamento obbligatorio riguarda l'età anagrafica di Harry, che nei romanzi è nato nel 1950 ed è un reduce del Vietnam), lo show ha proposto un ritratto stratificato di una delle più note città statunitensi, mettendo a nudo le sue varie anime già nei titoli di testa che mostrano lo sdoppiamento dei vari luoghi in cui si reca Bosch. Ritratto dovuto in parte alla materia di base e in parte al lavoro dello showrunner Eric Overmyer, veterano delle produzioni di David Simon e attento allo stesso tipo di approccio, servendosi del genere per parlare della società tutta. Non c'è lo sguardo poliedrico di The Wire, dove ogni stagione esplorava un aspetto specifico pur mantenendo l'elemento poliziesco, ma rimane la volontà di esplorare Los Angeles e tutte le sue sfumature (e non è forse un caso che Overmyer abbia reclutato due attori della serie di Simon ma invertendone i ruoli, raccogliendo ufficialmente l'eredità del mentore). E in mezzo a tutto questo c'è Bosch, il cui nome richiama il pittore specializzato in immagini infernali e che funge da guida in questo rovente calderone di ingiustizie.
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Un universo di giusti
È dal 2002 che le creazioni di Connelly esistono su grande e piccolo schermo, a partire da Debito di sangue di Clint Eastwood, talmente poco apprezzato dai fan che lo stesso autore si fece beffe del film in alcuni dei romanzi successivi all'uscita (in uno di questi Bosch dice apertamente di aver conosciuto il vero Terry McCaleb, che non assomiglia per nulla a Eastwood). Poi è arrivato The Lincoln Lawyer, sull'avvocato Mickey Haller (prossimamente protagonista di un nuovo adattamento su Netflix), e poi la trasposizione di Bosch, a oggi la più completa a livello tematico per quanto riguarda l'aderenza allo spirito connelliano, perché ha saputo catturare bene il lamento per una città che nonostante la presenza della fabbrica dei sogni è spesso più vicina a un incubo, soprattutto in anni recenti (la stagione non parla della pandemia, ma questa si fa sentire nei credits finali, con menzione per chi ha somministrato i tamponi per cast e troupe). Difficilmente qualcuno dirà, nei libri, che questo Bosch ha poco in comune con quello letterario, al netto di necessarie licenze poetiche. E ora non ci resta che aspettare il suo ritorno nello spin-off, perché le modalità narrative possono cambiare, ma proprio come nell'universo di Connelly (dove il personaggio è tecnicamente pensionato per motivi di età ma continua a lavorare) non è facile fare a meno di questo onesto, tormentato poliziotto.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Bosch 7, sottolineando come a la stagione finale mantenga le promesse di quelle precedenti: le indagini del poliziotto ideato da Michael Connelly rimangono coinvolgenti dall'inizio alla fine, mettendo a nudo la sofferenza della città di Los Angeles. Attendiamo con ansia il già annunciato spin-off.
Perché ci piace
- Titus Welliver si riconferma un mostro di bravura.
- L'adattamento del romanzo di base combina bene le specificità letterarie e quelle televisive.
- Il finale è molto soddisfacente...
Cosa non va
- ... Ma per chi si aspetta una conclusione più definitiva potrebbe essere una parziale delusione.