Una volta all'anno si torna nella Los Angeles raccontata da Michael Connelly tramite l'adattamento televisivo che Amazon Prime Video ha fatto della creazione più celebre del grande autore di crime fiction. Eccoci quindi con la recensione di Bosch 6, la sesta stagione del serial che ha portato sullo schermo lo spirito dei romanzi di Connelly adattandoli ai giorni nostri, rendendo Harry Bosch il volto stanco ma determinato della versione odierna della Città degli Angeli, così come quello letterario lo era negli anni Novanta e nei primi anni Duemila, prima di lasciare il Los Angeles Police Department per esplorare altri lidi professionali. Lidi che nella versione di Amazon non sono tuttora presenti, ma potrebbero manifestarsi in tempi brevi dato che la piattaforma di streaming ha confermato che la settima stagione, prevista per il 2021, sarà l'ultima della serie. N.B. Questa recensione si basa sulla visione dei primi cinque episodi, su dieci complessivi.
Un doppio caso
Sono passati undici mesi dagli eventi della stagione precedente di Bosch, e Harry (Titus Welliver) sta ancora indagando sull'omicidio irrisolto di Daisy Clayton, per mantenere una promessa fatta alla madre della ragazza. Nel frattempo, però, lui e il collega Jerry Edgar (Jamie Hector) vengono coinvolti in un altro caso, potenzialmente letale per l'intera città: qualcuno ha rubato i componenti necessari per realizzare un cosiddetto dirty bomb, un ordigno composto da materiale radioattivo ed esplosivi convenzionali. In caso di detonazione, l'area colpita sarebbe effettivamente inabitabile per circa tre secoli. Mentre Harry procede con le due indagini cerca anche di tenere al sicuro la figlia Maddie (Madison Lintz), il cui percorso nell'ambiente giuridico è in continua evoluzione, e come se non bastasse deve fare i conti con le ambizioni politiche di Irvin Irving (Lance Reddick), non più solo a capo della polizia losangelina ma anche aspirante sindaco.
Bosch 5, la recensione: la serie convince con le sue indagini e una società piena di ombre
Vivere e morire a Los Angeles
Al sesto giro, la formula dello show non cambia più di tanto, e proprio lì sta il suo punto di forza, nella restituzione dello spirito dei romanzi di Michael Connelly che rispettano a loro volta una struttura abbastanza predefinita ma rimangono coinvolgenti per la caratterizzazione dei personaggi e per la descrizione vivida e verosimile di una città che sotto il sole rovente nasconde diverse zone d'ombra e un'anima nerissima. Una caratteristica che lo showrunner Eric Overmyer ha sempre saputo portare sullo schermo in maniera efficace, fin dalla sigla che rappresenta le due facce della medaglia o i due lati di uno specchio che riflette il lato oscuro di Los Angeles e di coloro che sono incaricati di proteggerla. Overmyer, che si è fatto le ossa alla corte di David Simon, il quale condivide con Connelly il passato da giornalista di cronaca nera prima di passare al poliziesco per raccontare le sofferenze della sua città, è diventato il cantore giusto per questo viaggio audiovisivo negli abissi dell'animo umano, abissi che sono evocati anche nei titoli dei due romanzi che fungono da ispirazione per questo ciclo di episodi: La città buia (2007) e La notte più lunga (2018).
35 film da vedere su Amazon Prime Video
E mentre la città affronta la doppia minaccia e i vari personaggi si muovono in direzioni che possono porre le basi per la prossima - ultima - stagione, Bosch rimane fedele a se stesso, innamorato di quelle strade che vuole difendere a tutti i costi e di un lavoro al quale, nonostante le mille sofferenze legate ad esso, non vorrebbe mai rinunciare. E in uno dei pochi ma brillanti momenti di leggerezza di questa stagione è racchiuso tutto il senso della solitudine a cui il protagonista è destinato: mentre lui e un collega parlano di una relazione teoricamente segreta tra altri due membri delle forze delle ordine, Bosch ricorda la regola "Mai uscire con un poliziotto." Il collega lo corregge: "No, uscire solo con poliziotti. Chi altri sopporterebbe le nostre stronzate?". Harry non risponde a parole, ma nel suo sguardo, segnato dal matrimonio fallito con un'ex-agente dell'FBI (e, nei romanzi, altre relazioni fallimentari in ambiti simili), si legge la spossatezza di un uomo che crede nella giustizia ma è stato spesso spinto verso il punto di non ritorno. Un punto che forse vedremo quando, per la serie, arriverà il tramonto finale sopra la Città degli Angeli, osservato da quella casa in collina che rappresenta i successi e i rimpianti di un grande, tormentato poliziotto.
Conclusioni
Arriviamo in fondo alla recensione di Bosch 6 (episodi 1-5) con la gioia di aver ritrovato, ancora una volta, la grande creazione letteraria di Michael Connelly, ottimamente portata sullo schermo grazie alla sinergia tra Amazon Prime Video, lo sceneggiatore Eric Overmyer e l'attore Titus Welliver, avatar perfetto del poliziotto sul viale del tramonto in una città bella ma dannata.
Perché ci piace
- L'adattamento misto dei due romanzi è, come nelle altre stagioni, molto efficace.
- Titus Welliver rimane impeccabile nei panni di Bosch.
- La città di Los Angeles continua a funzionare come personaggio a pari merito con i poliziotti.
Cosa non va
- Manca solo una stagione alla fine dello show.