A cavallo dell'uscita di Biancaneve nei cinema americani e non solo, le prime pagine dei siti statunitensi (e di riflesso anche quelli del resto del mondo), hanno dato grande risalto a come il titolo originale della pellicola Disney sia stato ribattezzato da Snow White a Snow Woke. D'altronde sappiamo bene come funzionino - purtroppo - le cose da un po' di tempo a questa parte. Buona parte delle discussioni online sono veicolate da una parte da multinazionali che, a seconda di come tira il vento, abbracciano questa o quella linea di pensiero e dall'altra da tutte quelle persone che esprimono la loro contrarietà alla cosa (spesso e volentieri anche tramite operazioni social coordinate tramite campagne ben orchestrate).

Negli Stati Uniti, durante il primo mandato Trump e quello di Biden, tutti i colossi dell'intrattenimento e delle Big Tech (settori che ormai tendono sovente a coincidere dati gli investimenti delle seconde nel primo settore citato) facevano a gara in materia di inclusività, annessi e connessi con delle dichiarazioni d'intenti e delle produzioni che, più che sembrare delle genuine affermazioni progressiste, puzzavano un po' di marketing mascherato di buone intenzioni. Delle operazioni di facciata. Non a caso, quando Trump si è insediato per la seconda volta alla Casa Bianca, hanno tutti fatto un po' marcia indietro. Disney compresa. Basterebbe citare il caso della storyline sul personaggio trans completamente rimossa dalla serie TV Pixar Win or Lose.
In tutto ciò, Biancaneve, il lungometraggio di Marc Webb ispirato al primissimo Classico animato della Casa di Topolino, appariva come una vera e propria bomba a orologeria pronta a esplodere: c'erano le polemiche sull'aver ingaggiato un'attrice di origine colombiana come Rachel Zegler nei panni della protagonista, quelle sui nani, quelle sulle rispettive e contrapposte posizioni della già citata Zegler e di Gal Gadot in materia di conflitto israelo-palestinese. Ma ormai c'era poco da fare: i film era stato approvato "in altri tempi" e visto il budget di 270 milioni di dollari (più almeno altri 100 di promozione), non è che la Disney poteva far finta di niente e riporlo in un cassetto.
Sarà flop o ci sarà un plot twist in stile Mufasa?
Attualmente, le performance di Biancaneve non fanno ben sperare. Considerata la cifra molto elevata spesa dalla major per realizzarlo e promuoverlo, per raggiungere almeno una parvenza di punto di pareggio, il film dovrebbe racimolare - e ancor meglio - superare i 500 milioni di dollari d'incasso globale.

L'inizio non è stato dei più incoraggianti. Le proiezioni iniziali ipotizzavano un esordio worldwide da 100 milioni di dollari per il remake live action del Classico del 1937. Fra domenica sera e lunedì mattina, negli uffici della Disney a Burbank hanno dovuto fare i conti con un'amara realtà che si è manifestata sotto forma di un box-office globale di debutto ben inferiore: 86.1 milioni di dollari. A questo punto c'è già chi, come l'Hollywood Reporter, ipotizza che Biancaneve faticherà molto a toccare quota 300 o 400 milioni di dollari. I più ottimisti fanno notare che altri film Disney come Elemental della Pixar o Mufasa: Il Re Leone, nonostante degli esordi non proprio incoraggianti, hanno poi recuperato alla grandissima. Il primo ha incassato 496 milioni ed è andato benissimo anche in streaming su Disney+ mentre il secondo ha raggiunto quota 719 milioni e sicuramente, quando arriverà sulla piattaforma domestica della major, performerà bene anche lì.
Ci sono però alcune differenze sostanziali fra questi due lungometraggi e Biancaneve. In primis, non hanno ricevuto un apprezzamento critico così freddo come il film con Rachel Zegler (soprattutto Elemental). Ma, ed è un fattore anche più rilevante di quello appena citato, è proprio l'approccio del pubblico a essere stato differente. A prescindere dalle percentuali di gradimento riportate da siti come Rottentomatoes, c'è un indicatore molto più importante che fa capire la potenziale portata del dramma: il CinemaScore. Biancaneve ha ricevuto un B+, mentre buona parte delle altre pellicole Disney si è sempre attestata intorno all'A, + o - che fosse.
Il paradosso degli "stati rossi"
Al netto di queste considerazioni, Biancaneve sta vivendo una situazione quasi paradossale, specie tenendo conto di tutto ciò che sul web accade fra le fazioni "woke e antiwoke". In un report pubblicato da Deadline è emerso che il 56,5% dei biglietti di Biancaneve sono stati venduti in contee e stati Blu, ovvero a maggioranza democratica. Non deve stupire: negli Stati Uniti, i cinema tendono a essere concentrati soprattutto nelle grandi metropoli, città che tendono a essere politicamente liberali.
Parliamo di aree geografiche che spostano il 66,78% delle vendite dei biglietti cinematografici e una percentuale analoga di presenze nelle sale. Anche in materia di film animati o per famiglie, le contee Blu generano il 63% dei biglietti venduti contro il 37% delle contee Rosse, quelle conservatrici (con un pubblico distribuito al 60% nelle contee blu e al 40% in quelle rosse).
Ma qualche riga fa, parlavamo di un paradosso. Ebbene, al netto del suo essere stato ribattezzato Snow Woke dai sostenitori di Trump, il film Disney, nelle contee Rosse, ha registrato percentuali di vendita di biglietti e di presenze nei cinema superiori alla media standard: parliamo del 40% delle vendite di biglietti e del 43,5% delle presenze nei cinema. La pellicola ha addiruttura sovraperformato in mercati con una forte componente latina e ispanica come Dallas, San Antonio e Phoenix.
Steve Buck, Chief Strategy Officer di EntTelligence (la società di analisi che ha riportato i dati di cui sopra), spiega che a conti fatti "Non c'è stato alcun boicottaggio dei cinema nelle aree rosse per via delle controversie Biancaneve. Anzi, al contrario: i cinema nelle contee rosse hanno avuto risultati migliori rispetto a quelli che normalmente registrano per un film d'animazione o per famiglie di questo genere". Adesso dobbiamo solo aspettare di capire se, nelle prossime settimane, ci sarà una qualche inversione di tendenza e se Biancaneve verrà svegliata dal suo torpore commerciale dal bacio del Principe Box Office.