Better Call Saul 6, la recensione del finale: quando l'amore salvò Jimmy McGill

La recensione dell'ultima puntata di Better Call Saul: la fine del viaggio è pura rivoluzione narrativa, capace di rielaborare in poco più di un'ora i personaggi e le svolte peculiari di ogni singola stagione. Visivamente folgorante e narrativamente perfetta, la 6x13 chiude il cerchio, regalandoci di conseguenza un finale amaro, tenero, giusto. Perché, in fondo, è solo amore. Attenzione, l'articolo contiene spoiler!

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Better Call Saul 6: una foto del finale

Tiriamo un sospiro, ci prepariamo, mettiamo in ordine le sensazioni. Pigiamo play sul telecomando e iniziamo l'ultimo viaggio ad Albuquerque, in un afoso e velato pomeriggio di mezza estate. No, il riferimento è tutt'altro che casuale: nell'episodio finale di Better Call Saul c'è il grande romanzo americano al suo apogeo, e c'è dall'altra parte una marcata parafrasi della poetica shakespeariana, a cui gli autori, Vince Gilligan e Peter Gould, fin da Breaking Bad, hanno sempre fatto riferimento. L'Amleto che si fonde con Riccardo III, le ossessioni del Giulio Cesare, il tono indecifrabile che contraddistingue Troilo e Cressida, opera sospesa al di là del genere e delle definizioni. È complicato, probabilmente impossibile, delineare un confine di parole di ciò che resta alla fine di questo lungo racconto. Potremmo provarci, descrivere l'episodio - per la cronaca, in italiano è Chiamavano Saul, ma in originale è il ben più adatto Saul Gone - tentare di riallacciare le connessioni, le inflessioni. Ma, vista l'importanza della serie, data la sua assoluta vicinanza al concetto di perfezione, decidiamo di farci trascinare dall'emozioni per questa recensione del finale di Better Call Saul 6 - che ovviamente contiene spoiler!. Emozioni, sì, quelle che perde e ritrova Saul Goodman, tagliando i baffi di Gene e tornando ad essere l'anti-eroe che abbiamo amato: James "Jimmy" McGill. E per farlo, per tornare allo stadio iniziale, è dovuto scendere a patti con sé stesso, ha dovuto liberarsi di Saul e salire a bordo di una macchina del tempo, per un viaggio di sola andata con cui, prima o poi, dovremmo fare i conti anche noi.

È solo amore

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Better Call Saul 6: una foto del finale

Un viaggio nel tempo. Un viaggio nello spazio. Un viaggio nella dimensione irreale di una serie che, in fondo, è sempre stata un'irregolare e straziante storia d'amore racchiusa in una sigaretta che chiude dolorosamente un'opera destinata a durare. Di più, ad entrare nella storia della narrativa americana e popolare, ripercorrendo vita, morte e miracoli di un uomo che voleva essere Re. Talmente scaltro da essere sempre un passo avanti agli altri, finendo però invischiato nella sua stessa arroganza da uomo insicuro. Talmente furbo da presentarsi davanti il Procuratore Distrettuale facendo a pezzi la possibilità di un ergastolo, ottenendo il minimo di una pena scritta a tavolino, con l'incredulità di Bill Oakley, quel vecchio rivale scelto da Saul per essere il suo consulente legale di un processo che ha il sapore di rivincita (e a rimarcare come ogni personaggio di Better Call Saul sia vitale e fondamentale per l'intera architettura). Insomma, l'ennesima riscossa per Saul è arrivata, l'ennesima vittoria, l'ennesima fuga perché "Ti sei fatto beccare così!", si ripete come fosse un indiavolato Joker nella cella del commissariato. Saul Goodman, del resto, è destinato alla vetta e al successo, come fosse Bernard Madoff o Steve Jobs. Lo abbiamo amato e lo abbiamo odiato per questo. Ma, se questa è una storia d'amore, allora è l'amore stesso a muovere le cose e a scombinare le carte truccate. E quell'amore non può che chiamarsi Kim Wexler.

Better Call Saul 6: la dodicesima puntata è un capolavoro. Tra l'apice di Kim e il tonfo di Jimmy

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Better Call Saul 6: una foto del finale

Rivoluzione e verità

Come detto, recensire il finale di una serie del genere è un compito impossibile, senza tra l'altro considerare che si sovrappone all'universo leggendario di Breaking Bad. Ma, se le parole non arrivano dove arrivano le immagini, a colmare la differenza sono proprio le impressioni suscitate, che giocano tra loro come fossero impazzite. Un'ora e nove minuti in cui c'è compresso e rivisto tutto l'umore di Better Call Saul. Non solo, c'è un flusso estetico che rimpalla il bianco e nero con i colori di un trapassato perduto tra la sabbia e il cielo di Albuquerque, e c'è un flusso narrativo che taglia i volti dei protagonisti, mutati dai rimpianti e dalla rabbia. In questo senso Bob Odenkirk e Rhea Seehorn hanno compiuto un lavoro attoriale pazzesco, portando Jimmy e Kim ad un livello umano che rasenta una accecante veridicità. Considerando ciò, la 6x13 di Better Call Saul diventa il definitivo punto di non ritorno e l'estenuante presa di coscienza (e conoscenza) di Saul Goodman nel quale, spinto da un bagliore custodito nella tasca del suo completo più sgargiante, torna ad essere il nostro amato Jimmy McGill. Lo avremmo mai immaginato? Forse no, ma probabilmente lo abbiamo sperato. Insieme a lui saliamo a bordo della macchina del tempo e proviamo a rimettere insieme i pezzi di un cuore distrutto: sì, Saul lo ammette e confessa, grazie a Walter White ha fatto un mare di soldi; e no, Chuck McGill (ricordato con un ronzio elettrico che è un colpo registico di altissima classe) non era poi tanto male, ed è difficile convivere con il suo fantasma dietro le spalle. Comprendete? Chuck McGill, quel rancoroso fratello maggiore, completamente rivalutato. Una rivoluzione e una distruzione al tempo stesso, nel conclusivo atto di una serie formidabile.

Better Call Saul 6: la metamorfosi finale di Jimmy è come un film horror

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Better Call Saul 6: una scena del finale

La macchina del tempo per quel finale tenero e amaro

Minuto dopo minuto, sguardo dopo sguardo, comprendiamo quanto quelli siano gli attimi finali di un'epopea televisiva che non può e non deve avere paragoni. Difficilmente ci riprenderemo, continuiamo a pensare e a ragionare, ma intanto - con un pizzico di stupore - la storia prosegue veloce, andando avanti, sfiorando e rimandando un finale che arriva quando sembra che l'intera serie sia tornata al punto di partenza. Per un attimo, solo per un attimo, rieccoci nel 2015 (il 6 gennaio 2016 in Italia, quando la serie arrivò su Netflix), dove tutto sembrava andare per il verso giusto. Jimmy sarebbe diventato un grande avvocato, avrebbe sposato Kim e avrebbe trovato un equilibrio con il fratello Chuck. Il riverbero di Walter White e di Lalo Salamanca era troppo lontano perché fossimo in grado di percepirlo. Questo, tutta questa mole di memoria si riaccende ad un secondo dalla fine: è tornato l'equilibrio, è tornato il 2002, è tornato lo sguardo malinconico di Jimmy McGill, che ha ucciso Saul Goodman a colpi di coscienza, seppellendolo insieme ai ricordi di un uomo sbagliato. Non è finita finché non è finita, ci ripetiamo intanto che il tempo scorre e si avvicina ad un incrocio che è già un tripudio, intravedendo un dramma teorico prima che pratico, consumato il tempo di un ultima sigaretta condivisa. Perché il tempo gira, il tempo è ciclico, la natura umana è ineluttabile e, prima che ce ne rendiamo conto, improvvisamente giunge il momento di quel tenero e amaro addio. Testa, cuore e stomaco sono in tumulto, impossibile uscire indenni dalla tempesta. Nemmeno se chiami Saul Goodman.

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Better Call Saul 6: una foto del finale

Conclusioni

Chiudiamo la recensione dell'ultima puntata di Better Call Saul rimarcando quanto la serie sia qualcosa di unico, assoluto, probabilmente irripetibile. L'episodio finale, in questo senso, è pura rivoluzione narrativa, capace di rielaborare in poco più di un'ora i personaggi e le svolte peculiari di ogni singola stagione. Visivamente folgorante e narrativamente perfetta, la 13x6 chiude il cerchio, regalandoci di conseguenza un finale amaro, tenero, giusto.

Movieplayer.it
5.0/5
Voto medio
4.9/5

Perché ci piace

  • Un'ora e nove minuti in cui è concentrata tutta l'essenza di Better Call Saul.
  • L'ultima sequenza è pura arte visiva.
  • Il lavoro attoriale di Bob Odenkirk e Rhea Seehorn è incredibile.
  • Un finale drammatico, amaro, definitivo. Ma soprattutto un finale giusto.
  • Vince Gilligan e Peter Gould hanno creato qualcosa di unico, che va oltre la serialità: è grande letteratura americana.

Cosa non va

  • … è l'ultima puntata. E ora?