Palmares commosso e condivisibile quello assegnato dalla giuria capitanata da Darren Aronofsky. Il regista americano, sensibile alle cause sociali, ha confermato un verdetto all'unanimità per Taxi di Jafar Panahi. Il film del regista iraniano ha ricevuto l'Orso d'oro sia per il risultato artistico che per le condizioni in cui l'opera è stata prodotta. Dopo la condanna da parte delle autorità iraniane, Panahi è riuscito a schivare gli arresti domiciliari, ma non può dirigere film, se non clandestinamente, né gli è permesso abbandonare il paese. A ritirare l'Orso d'oro, sale sul palco in lacrime la nipotina, presente anche nella pellicola.
Tanto Centro/Sud America premiato in questa 65° edizione della Berlinale. Il Gran Premio della Giuria è stato assegnato a The Club di Pablo Larrain, favorito della vigilia, e l'Orso d'argento per la sceneggiatura attribuito al bel documentario di Patricio Guzmán The Pearl Button, ma la rivelazione del festival è il guatemalteco Ixcanul, pellicola ambientata in un villaggio indio alle pendici di un vulcano, che riceve il prestigioso Alfred Bauer Prize per le nuove prospettive che apre col suo stile semplice, diretto e intenso.
Doppio Orso d'argento per la fotografia a due pellicole apprezzate dalla giuria della Berlinale: il tedesco Victoria e il russo Under Electric Clouds. Sturla Brandth Grøvlen, direttore della fotografia di Victoria, virtuosistica pellicola ambientata nel corso di una notte, commenta la vittoria: "Sebastian Schipper, il regista, mi ha proposto di girare il film in un unico piano sequenza e in real time e io ho accettato. E' stata una sfida notevole. Adesso mi sento felice e onorato di aver ricevuto questo premio. Ma il nostro è un premio collettivo perché tutti abbiamo fatto del nostro meglio. Prima di iniziare a girare, durante le tre settimane di prove, avevo dei timori, ma quando ho visto che potevamo farcela mi sono sentito più tranquillo".
Soddisfatto il grande autore cileno Patricio Guzman che stringe felice tra le mani l'Orso d'argento per la sceneggiatura del documentario The Pearl Button: "Ho scelto di raccontare la storia del Cile usando gli elementi della natura. Il Cile è un grande paese, ma allo stesso tempo ha grossi problemi economici. Io ho scelto di parlarne, ma trattando il tema in modo metaforico perché se lo affrontassi direttamente temo che il pubblico non mi seguirebbe. I documentari sono difficili da realizzare, sono malpagati, sono realizzati da troupe ridotte, quindi dobbiamo lottare per dimostrare il nostro valore. Col mio film non voglio imboccare il pubblico, non ho la presunzione di insegnare niente a nessuno, voglio che giunga da solo alle proprie conclusioni".
Scoppiettante la coppia formata da Charlotte Rampling e Tom Courtenay, fantastici interpreti di 45 Years. "E' piuttosto raro che un attore e un'attrice siano premiati per lo stesso ruolo" commenta la Rampling. "Che cosa accadrà al nostro film ora che abbiamo vinto?" "Non ne ho proprio idea" ribatte Courtenay "ma è l'unico film che ha avuto due orsi. Qualcosa vorrà dire". "Non vedo alcun limite nell'esplorazione di ogni tipo di storia" commenta poi la Rampling. "Se un film è interessante può parlare di giovani o di anziani. Ormai la vita si è allungata e i film riflettono questa situazione".
Radu Jude, regista del western rumeno Aferim!, vivacizza il photocall battibeccando scherzosamente con i fotografi prima di spiegare: "La mia intenzione non era realizzare un film comico, ho solo raccontato una storia che, come la vita, può essere accolta soggettivamente. Spero che questo premio aiuti il film a essere distribuito, non tanto perché io ne sono regista, ma perché il film è il frutto di una sinergia dell'Europa dell'Est". E dall'Est Europa, precisamente dalla Polonia, arriva anche la sua collega Malgorzata Szumowska che, con Jude, condivide un orso d'argento ex aequo per la regia di Body. "La Polonia sta vivendo un momento di trasformazione. Celebriamo 25 anni di democrazia, la Polonia è un paese di grandi contrasti, ma questi cambiamenti che stiamo vivendo sono una sfida notevole per i cineasti che sono stimolati a raccontare il paese".
Muove i primi passi il cinema guatemalteco da cui proviene Ixcanul, premiato con l'Alfredo Bauer Prize. Il regista Jayro Bustamante spiega: "La storia è ambientata in Guatemala e ora che torneremo a casa le due attrici indios che sono con me verranno accolte come delle star. Sono felice che il film abbia avuto questo successo a Berlino e spero che rappresenti una spinta propulsiva per l'industria cinematografica del Guatemala, che è nuova. Siamo in una fase preliminare, dobbiamo perfezionare tutti gli aspetti dell'industria perciò per Ixcanul ci siamo preparati molto bene".
Pablo Larrain appare sorridente e rilassato. Sembra soddisfatto del Gran Premio della Giuria, anche se per la critica il suo The Club si sarebbe meritato il riconoscimento più importante. "I premi servono a far conoscere i film, a farli vedere a un pubblico più ampio. E' un riconoscimento importante dal punto di vista artistico e politico, ma anche da un punto di vista pratico. Però ci tengo a ribadire che il mio non è un film di denuncia, ma è un film che affronta un tema che volevo portare all'attenzione del pubblico. E' vero che ci sono molti film latini premiati qui a Berlino oggi, ma non è importante il paese da cui un film proviene, l'importante è che i film siano buoni. Per quanto riguarda il mio film, la mano della chiesa è ovunque. Per anni ha nascosto i suoi segreti, ha protetto i colpevoli. Oggi Jafar Panahi non è qui perché le autorità lo ritengono pericoloso. Ma Panahi non è un violento, le sue uniche armi sono i film. La sua condizione dimostra che l'arte può avere un peso e questo pensiero è affascinante".
L'incontro dei premiati si conclude con un Orso d'oro solitario, appoggiato sul tavolo delle conferenze, circondato dai fotografi, mentre il vincitore del premio è molto lontano da Berlino.