Belcanto, Vittoria Puccini: "L'arte ha il potere di scavare dentro di noi"

L'intervista a Carmine Recano, Vittoria Puccini e Carmine Elia per la serie in costume, ogni lunedì in prima serata su Rai1.

Carmine Recano, Vittoria Puccini e Carmine Elia per Belcanto.

Ha fatto parlare di sé Belcanto non solo per la presentazione a Sanremo - visto che si tratta di un period drama ambientato nell'opera lirica dell'800 a Milano - ma anche per la sua identità, così diversa da altre fiction Rai. Siamo partiti da lì parlandone con il regista Carmine Elia e coi protagonisti Vittoria Puccini e Carmine Recano per capire quanta attualità possa esistere in un racconto storico.

Belcanto: l'intervista a Carmine Recano, Vittoria Puccini e Carmine Elia

Belcanto Puccini
Belcanto. Vittoria Puccini in un'immagine della serie.

Il regista è quello che ha sperimentato di più in Rai: da Il sistema a La porta rossa, dal fenomeno Mare fuori (da cui questa serie prende tre interpreti) fino a Sopravvissuti e Noi siamo leggenda. Come si arriva all'opera e perché?

Dice Elia: "È stata una sfida. Mio padre era un amante dell'opera lirica per cui quando ascoltava in casa i vinili, che oggi non ascoltiamo più, io mi infastidivo. Poi da piccolo mi portò a Milano a vedere delle repliche alla Scala, e tornandoci in seguito con la scuola capii che era un mondo che mi affascinava ma non era fico dire agli amici 'Mi piace l'opera' (ride)".

Continua: "Quando mi è stato proposto questo progetto, non era nella mia comfort zone. Non era qualcosa che conoscevo profondamente quindi sono dovuto andarmi ad informare, a capire. Per tutti gli interpreti credo: anche Vittoria non è una soprano, eppure ci sono delle scene in cui canta. Per cui è stato stimolante, alla fine devi raccontare i personaggi e il melodramma, che è nel nostro DNA+*. Mi sono divertito e forse anche sorpreso, perché ero scevro, avevo paura, e questo è l'elemento che, insieme agli interpreti, ti porta quel quid in più**, perché pensi di non essere in grado".

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L'importanza della cultura

La fiction parla di trovare la propria voce. Oggi in una società in cui c'è tanto rumore di fondo come si fa a trovare la propria voce e farla trovare ai giovani, alle nuove generazioni? Forse i personaggi hanno insegnato qualcosa in questo senso agli interpreti.

Dice Carmine Recano: "Per Domenico questa possibilità nasce dal fatto che deve accettare il proprio passato, il proprio dolore. L'unico modo che ha per elaborare e trovare il proprio sentiero e guardare al futuro con speranza".

Belcanto Vittoria Puccini
Uno scambio tra Maria e Domenico

Continua Vittoria Puccini: Anche Maria deve curare una ferita che ha dentro e che non si è rimarginata. Secondo me però c'è un elemento comune sia nella nostra fiction sia nella società di oggi. L'arte come possibilità di salvezza in qualche modo, e la cultura. Oggi bisogna andare alle mostre, vedere i film e le serie, andare al cinema, documentarsi, leggere".

L'attrice sentenzia: "Tutto ciò che è cultura può aiutare a conoscersi meglio fondamentalmente. Perché anche la nostra storia è universale, ognuno si può ritrovare in degli aspetti dei personaggi, ed è questo che fa il cinema, così come la musica. Nella nostra storia è vista come possibilità di far sentire la propria voce e ritrovare una propria identità. Penso che questa sia una cosa molto vera e che anche oggi sia un tema ancora valido. L'arte ha ancora potere oggi e potrebbe averne ancora di più se tornassimo a dare alla cultura il ruolo che le spetta!"

La lirica come i talent show?

Belcanto Scena
Una scena della fiction

Continua il discorso Carmine Elia paragonando il percorso delle giovani protagoniste della serie Rai a quello dei partecipanti ai talent show di oggi: "A volte sembra una scorciatoia, ma non si tratta di quello. È anche questa la differenza. L'approccio sulla costruzione dell'immagine di Belcanto è stata pittorica, guardando i quadri del '400 e del '500. Non volevamo raccontare l'800 con questo tipo di messa in scena e racconto fotografico".

Aggiunge: "Si voleva dare un valore ed un sapore storico, perché è una favola verosimile, non un documentario su quel periodo. Ci si rende conto che i personaggi si muovono all'interno di uno steccato, un recinto che però è moderno. L'arte ha ancora la libertà di dire 'Esistiamo' contro ciò che accade nel mondo. Sembra che siamo tornati nel 1930, ancora parliamo di 'conquistare terre' nuove. È un attimo a dire che stiamo tornando nell'epoca buia. Tutti zitti, questo mi fa paura".

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Carolina come Cenerentola?

Belcanto Immagine Fiction
La famiglia protagonista fa il suo ingresso a Milano

Belcanto ha proprio un approccio favolistico visivo e narrativo, come per esempio il rapporto tra Maria e le figlie, anche se non è la matrigna cattiva di Cerenentola. Una dinamica interessante. Dice Puccini: "Si tratta di un insieme di favole. Un melodramma. Ci sono tutti gli elementi tipici: la passione, il sentimento, l'emozione, il tradimento. Il costume stesso ti dà una dimensione favolistica. A me piace anche vederli da spettatrice, perché ti portano automaticamente, anche grazie alle scenografie, in una dimensione altra rispetto a quella che è la tua quotidianità. Quasi un sogno ad occhi aperti, lo trovo molto affascinante".