Beasts of No Nation: la tragica ballata dei bambini soldato

Cary Fukunaga porta in concorso al Festival di Venezia la trasposizione del romanzo di Uzodinma Iweala: lo scioccante racconto della perdita dell'innocenza del piccolo Agu, testimone dell'eccidio della propria famiglia e costretto a diventare un bambino soldato, in un film di inusitata durezza.

Vi è una basilare dicotomia al cuore di un film come Beasts of No Nation: quella fra l'Uomo e la Bestia, i due opposti inconciliabili in conflitto perenne all'interno di ciascun individuo. In tale prospettiva, la pellicola diretta da Cary Fukunaga potrebbe quasi essere definita un racconto di formazione alla rovescia: se infatti il paradigma del genere coming of age consiste appunto nella progressiva acquisizione di una piena "umanità", Beasts of No Nation procede in una direzione totalmente opposta, portando sullo schermo la progressiva disumanizzazione del protagonista Agu.

Il dramma dei bambini soldato a Venezia 2015

Un percorso sconvolgente e doloroso, quello del piccolo Agu, già narrato dallo scrittore nigeriano Uzodinma Iweala nel suo romanzo d'esordio, Bestie senza una patria, pubblicato nel 2005: un'opera che ricorre agli strumenti della finzione per gettare luce su un fenomeno tragicamente attuale, quello dei cosiddetti "bambini soldato", una delle più crudeli realtà del continente africano. A restituire sullo schermo la parabola di Agu, che assiste impotente al massacro dei suoi familiari per poi essere assoldato nelle fila di uno squadrone di guerriglieri, è uno dei più promettenti cineasti americani dell'ultimo decennio, Cary Fukunaga: un regista che di un'infanzia tormentata si era già occupato nel suo film d'esordio, l'apprezzato Sin nombre del 2009, per poi cambiare del tutto registro con il successivo Jane Eyre, con il quale era riuscito a conferire modernità e pathos ad un classico della letteratura gotica ottocentesca. Dopo aver raccolto applausi e riconoscimenti al timone della prima, folgorante stagione di True Detective, Fukunaga firma dunque il suo terzo lungometraggio per il grande schermo, realizzato in collaborazione con il servizio di streaming Netflix.

Beasts of No Nation: un momento del film diretto da Cary Fukunaga
Beasts of No Nation: un momento del film diretto da Cary Fukunaga
Beasts of No Nation: Cary Fukunaga sul set del film
Beasts of No Nation: Cary Fukunaga sul set del film

Primo titolo in concorso alla 72° edizione del Festival di Venezia, Beasts of No Nation aderisce in tutto e per tutto alla prospettiva di Agu, che abita in un villaggio di una nazione non meglio specificata dell'Africa Occidentale (ma la realtà descritta nel film trascende volutamente le coordinate di spazio e di tempo); a partire dalla scelta di mantenere l'utilizzo della voce narrante, ma anche per la capacità di Fukunaga di porre la macchina da presa alla stessa 'altezza' (metaforica, ma pure letterale) degli occhi di un bambino, la cui serenità familiare viene frantumata all'improvviso quando il suo villaggio è messo a ferro e fuoco da un battaglione di spietati guerriglieri. Il passaggio da un'iniziale situazione di armonia all'inferno della guerra civile è traumatico e repentino, così come stridente è il contrasto fra le scene degli eccidi e le primissime sequenze del film: le simpatiche gag organizzate da Agu e da un gruppetto di suoi coetanei, i quali 'riempiono' la cornice vuota di un televisore mimando i loro programmi preferiti. Un delizioso apologo sul potere dell'immaginazione e sull'irresistibile vitalismo dell'infanzia, destinato però ad essere spazzato via di lì a pochi minuti.

L'Uomo e la Bestia

Beasts of No Nation: la prima immagine di Idris Elba circondato da comparse
Beasts of No Nation: la prima immagine di Idris Elba circondato da comparse

Quella proposta da Fukunaga, nell'arco di oltre due ore di durata, è un'esperienza immersiva e di inesorabile crudezza: dallo sterminio degli abitanti del villaggio da parte delle truppe della NDF allo shock del "battesimo di sangue" a cui è sottoposto Agu. In una delle scene più strazianti del film, infatti, al bambino viene messo in mano un machete, mentre il comandante del battaglione (un personaggio senza nome, a cui presta il volto un poderoso Idris Elba) lo invita con suadente malvagità ad attuare l'esecuzione di uno dei prigionieri, conficcandogli la lama nel cranio. È il punto di non ritorno, il primo, fatale passo di una simbolica discesa negli inferi della coscienza: perché la "formazione" di Agu, per tornare al discorso di partenza, consiste nell'abbandono di ogni residuo di umanità e di compassione, per abbracciare una logica di sopraffazione e di violenza che segna la linea di demarcazione fra l'Uomo e la Bestia, addirittura precedente a quella fra i concetti di Bene e Male (le azioni di Agu, del resto, non rispondono ai principi di alcuna etica, positiva o negativa che sia).

Beasts of No Nation: un fotogramma tratto dal film
Beasts of No Nation: un fotogramma tratto dal film

Ed è appunto l'impossibilità di Agu di raggiungere una semplice cognizione della morale, nonché la sua scelta (una scelta coatta, ma pur sempre una scelta) di lasciarsi ammaliare dal sorriso luciferino di un comandante da eleggere a nuova figura paterna, una delle principali chiavi di lettura di Beasts of No Nation. Un film che riesce a scolpirsi nello sguardo dello spettatore laddove Fukunaga si assume qualche rischio in più (ad esempio, quando la cinepresa si apre a brevi squarci visionari che corrispondono agli stati d'animo del ragazzo), e che trova nell'esordiente Abraham Attah, l'interprete di Agu, uno dei suoi principali elementi di forza (ma merita quantomeno una citazione anche la colonna sonora di Dan Romer, incalzante senza risultare invadente). A maggior ragione, rimane il rimpianto per quella che avrebbe potuto essere un'opera ancora più estrema e memorabile, se solo Fukunaga fosse stato in grado di conferire un'ulteriore profondità alla vicenda di questa "bestia senza patria" e di sviluppare una più densa riflessione attorno alla perdita dell'innocenza del suo protagonista. La pellicola, invece, sconta qualche ridondanza nella costruzione narrativa, soprattutto nella seconda parte, e si chiude su un epilogo che allude in maniera fin troppo frettolosa all'imminente 'redenzione' di Agu: un piccolo soldato in procinto di riconquistare la propria infanzia, a cominciare da una corsa spensierata e liberatoria verso le onde del mare...

Movieplayer.it

3.0/5