Battle: Freestyle, la recensione

La recensione di Battle: Freestyle, il film della regista norvegese Ingvild Søderlind che racconta la storia di riscatto di un gruppo di ballerini di hip hop.

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Battle: Freestyle, una foto

I film dedicati alla danza, come quelli in generale incentrati sul mondo dello sport, riscuotono sempre un certo successo di pubblico perché raccontano storie di riscatto personale, di crescita, storie in cui la scoperta di se stessi arriva attraverso una ritrovata disciplina e la fede in un sogno a cui dedicare la propria vita. Parlando nello specifico di opere dedicate al ballo, notiamo che si possono dividere in due categorie: quelle che pongono maggiore attenzione alla caratterizzazione dei personaggi e allo sviluppo dell'intreccio, da una parte, e quelle che invece preferiscono dare più spazio alle sequenze coreografate, a cui si dedica una porzione molto estesa della narrazione, dall'altra. Ovviamente, in questo secondo caso, l'attenzione dedicata all'approfondimento dei personaggi e alla costruzione della trama viene, per forza di cose, un po' a mancare. Come vedremo in questa recensione di Battle: Freestyle, il film della regista norvegese Ingvild Søderlind, appena arrivato su Netflix, appartiene decisamente a questo secondo gruppo: sequel del film del 2018 - sempre disponibile sulla piattaforma streaming - Battle (che era un adattamento di un romanzo di successo di Maja Lunde), questo secondo capitolo vede ancora come protagonisti Amalia (Lisa Teige) e Mikael (Fabian Svegaard Tapia), che dopo aver dovuto lottare per il loro amore - e per realizzare i propri sogni - si ritrovano ad affrontare nuove difficoltà.

Il film funziona anche come standalone, ma senza aver visto il primo è difficile cogliere il background dei personaggi e la loro caratterizzazione risulterebbe, se possibile, ancor più abbozzata e superficiale.

Viaggio a Parigi

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Battle: Freestyle, una scena del film

Al centro di questa storia - a tre anni da Battle - troviamo ancora la giovane Amalia, ormai membro fisso della crew di hip hop Illicit e in una solida relazione con Mikael. I cinque membri di Illicit non se la passano però particolarmente bene dal punto di vista economico, Josef (Morad Aziman), che sta per avere un bambino, sta addirittura valutando l'opzione di lasciare il gruppo per trovarsi un lavoro a tempo pieno e guadagnare di più. L'occasione di riscatto si presenta però molto velocemente: i ballerini sono stati selezionati per una gara di Freestyle molto prestigiosa, a Parigi, i cui vincitori si aggiudicheranno una grossa somma di denaro.

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Battle: Freestyle, una foto del film

Il gruppo si reca quindi nella capitale francese, ma la stabilità emotiva di Amalia viene fin da subito messa a dura prova. A Parigi vive infatti Vivian (Ellen Dorrit Peterson), la madre che l'ha abbandonata e che lavora come insegnante di danza classica in una scuola molto importante. Riallacciati i rapporti con la madre, Amalia sarà costretta a mettere in discussione tanto i suoi sogni come il suo futuro: quando le si presenta l'occasione di un provino per un corso di danza moderna in cui è molto difficile entrare, la ragazza si chiederà se l'hip hop, quindi l'appartenenza ad Illicit e la partecipazione alla gara, sia davvero la strada giusta per lei. Come la prenderanno però i suoi compagni?

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Battle: Freestyle, un'immagine del film

Poche pretese dal punto di vista narrativo

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Battle: Freestyle, Lisa Teige in una scena del film

Come spiegavamo in apertura, Battle: Freestyle è una di quelle opere sulla danza che dà grandissimo spazio e importanza alle sequenze coreografate: molto del minutaggio - che già sono solo 88 minuti in totale - è dedicato alle scene ballate, in cui i nostri protagonisti si preparano per la gara e poi vi si esibiscono (passando per quelle in cui Amalia si allena per i provini o semplicemente esce la sera in un locale e si scatena con delle ragazze appena conosciute). Per questo, ovviamente, storia e personaggi faticano a coinvolgere emotivamente lo spettatore, che si sente come se stesse vedendo un lungo video clip piuttosto che un'opera di tipo cinematografico. La protagonista è l'unica a cui viene dato un minimo di approfondimento, i comprimari - anche lo stesso Mikael - rimangono invece sempre sullo sfondo, rendendo particolarmente difficile che chi guarda possa empatizzare per qualcuno di loro.

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Battle: Freestyle, un momento del film

Detto questo, quindi, Battle: Freestyle è un film senza grosse pretese dal punto di vista narrativo, ma che può comunque intrattenere se si è già visto il primo film o se si è dei veri fan dei film sulla danza, che apprezzano anche solo il fatto di poter assistere a sequenze di ballo curate e ben realizzate.

Conclusioni

Come abbiamo sottolineato nella recensione di Battle: Freestyle, il sequel di Battle è un'opera che non da molta importanza allo sviluppo narrativo e all'approfondimento dei personaggi. Gran parte dello scarso minutaggio è infatti dedicata a lunghe sequenze di ballo.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Le sequenze di ballo ben realizzate.

Cosa non va

  • Lo scarso approfondimento dei personaggi,
  • La poca cura nello sviluppo della trama.