Bangla, la recensione: le tentazioni di Phaim

La recensione di Bangla, divertente e intelligente film d'esordio di Phaim Bhuiyan ambientato nel multietnico quartiere romano di Torpignattara.

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Bangla: un momento del film di Phaim Bhuiyan

Dobbiamo avvisarvi: la nostra recensione di Bangla è inaffidabile, in ragione del sentimento affettuoso e protettivo che Phaim Bhuiya, regista, sceneggiatore e protagonista di questo delizioso esordio, ha scatenato in noi. Tuttavia, avendo potuto toccare con mano anche la reazione di colleghi e amici, possiamo dire con una certa sicurezza che non importa quanto inclini siamo a soprassedere sui limiti del film in virtù del suo fascino abrasivo e romanesco: è assai probabile che faccia lo stesso effetto anche a voi.

Per puro esercizio critico, quindi, troviamo dei difetti a Bangla e non pensiamoci più. Primo, la recitazione è spesso approssimativa, ma la sensazione è che sia un elemento naif di cui il giovane autore è perfettamente consapevole. Secondo, per il problema interculturale al cuore del film, il quale, pur trattato con leggerezza e humour, resta un problema a tutti gli effetti che causa al nostro eroe una buona dose di disagio sociale e fisico, non viene offerta soluzione. Ma solo perché una soluzione facile non c'è. Insomma noi ci abbiamo provato a trovargli dei difetti, questo è il risultato. Provateci voi e vediamo se sapete fare di meglio.

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Bangla: Phaim Bhuiyan e Carlotta Antonelli in una scena del film

La trama di Bangla si apre nella Roma invasa dai murales e dai profumi di mille gastronomie diverse, nel piccolo paradiso proletario che è Torpignattara, dove Phaim è un ventiduenne abbastanza soddisfatto di sé. Ha un lavoro dignitoso, una famiglia unita e affettuosa - una mamma dispotica ed inossidabile che sogna di trasferirsi a Londra, un babbo gran lavoratore un po' svampito e una sorella maggiore che lo odia e lo ama e sta a dieta - e dei cari amici con cui suona in una band successi del suo paese d'origine, il Bangladesh. Nato e vissuto in italia, il bengalese Phaim lo conosce grazie ai genitori, ma questo non basta a fare di lui un ragazzo come tutti gli altri. No, perché Phaim è musulmano praticante, e in quanto tale non può mangiare carne di maiale o bere alcol... né avere rapporti sessuali fino al matrimonio.

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Bangla: un'immagine dal set

La sua condizione è frustrante in un paese con costumi sessuali abbastanza liberi, in cui il più delle volte l'innocenza sessuale è una cosa di cui cerchiamo di liberarci il prima possibile, ma finché resta confinato alla sua comunità può continuare a illudersi che le disinibite coetanee italiane siano indesiderabili ("Come le italiane puzzano?" "Sì, di wurstel, di salsiccia, di cotechino..." "Di pancetta?" "Casomai de guanciale, semo a Roma"). I problemi veri nascono quando incontra la simpatica e graziosa Asia Blu, di cui si innamora ricambiato: è italiana, non è vergine, e non puzza di cotechino nemmeno un po'. Ed è qui che la necessità di astinenza dai contatti carnali diventa una battaglia all'ultimo sangue in cui da una parte ci sono i principi, l'educazione, un autentico desiderio di rispettare e amare profondamente la propria fede, dall'altra l'alleanza irresistibile tra i sentimenti e le pulsioni di un corpo giovane e sano.

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Bangla: Phaim Bhuiyan in un'immagine del film

Due sono gli elementi assolutamente irresistibili di cui Bhuiyan fa un uso eccellente in questo gioiellino di umorismo e tenerezza: uno è la sua personalità serafica, la sua enunciazione piana e il suo atteggiamento impassibile; l'altro è il quartiere brulicante di animazione e di colori e di quadretti di vita ad un tempo familiari ed investiti di una nuova freschezza. Due elementi che si compenetrano per dare vivacità a una storia d'amore che ha le caratteristiche universali del romance tardo-adolescenziale e la peculiarità della matrice interculturale.

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Phaim è un ragazzo romano come tanti, brillante, spiritoso e coi piedi per terra, ma è costretto a gestire un dilemma inesistente per i romani e per gli italiani un po' più chiari di tonalità. La sceneggiatura, firmata da Bhuiyan a quattro mani con Vanessa Picciarelli, si avvicina al problema con intelligenza ed ironia, innescando riflessioni certamente non superficiali, che chiamano in ballo non solo i processi di integrazione e di comunicazione interculturale, ma mettono anche in discussione il nostro rapporto con la sessualità.

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Bangla: una scena del film con Phaim Bhuiyan

Non si esime, Bhuiyan, dal toccare il problema politico del diritto alla cittadinanza per i nati nel territorio italiano, anche se più che altro per gettare ridicolo sull'ipocrisia degli italiani che invocano la necessità dello ius soli e poi sono incapaci di mettersi davvero all'ascolto dei problemi dei giovani immigrati di seconda generazione, con la complicità del buffo personaggio interpretato da Pietro Sermonti. Come dicevamo all'inizio, soluzioni semplici non ce ne sono, ma un atteggiamento aperto e curioso è il primo passo essenziale e necessario; e quella di Phaim Bhuiyan in Bangla è una voce chiara, intelligente e piacevolissima da ascoltare.

Conclusioni

Nella nostra recensione di Bangla abbiamo sottolineato come le qualità dell'esordio di Phaim Bhuiyan, anche sceneggiatore e protagonista, eclissino agevolmente le sue ingenuità. Quella di Bhuiyan è una voce autentica, originale e accattivante che racconta il "piccolo", insolvibile dilemma dei giovani musulmani nel cuore coloratissimo e interculturale della Capitale, Torpignattara.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • La personalità serafica e irresistibile di Phaim Bhuiyan che ci consegna una vicenda autobiografica con intelligenza e humour.
  • L'occasione di confronto culturale con i giovani italiani di seconda generazione, divisi tra le tradizioni delle comunità di origine e la vitalità irresistibile della cultura di arrivo.
  • La vivacità e il fascino del quartiere di Torpignattara, l'angolo proletario e multietnico più alla moda di Roma.

Cosa non va

  • La recitazione non è sempre a punto, e c'è qualche ingenuità nella tecnica narrativa e registica, ma sono difetti che diventano trascurabili di fronte all'irresistibile autenticità dell'opera.