Le pistole di Denzel Washington e Mark Wahlberg sparano all'impazzata per inaugurare la 66° edizione del Festival di Locarno. Il film che li vede protagonisti è Cani sciolti, un thriller dalla trama intricata e fitta di colpi di scena, ma anche ricco di humor, attualmente in testa al box office americano. Un'opera fuori dai canoni, firmata dal regista islandese Baltasar Kormakur. L'industria americana punta sull'ex enfant prodige nordico per svecchiare l'action thriller commerciale, irrigidito nei canoni degli studios, e Mark Wahlberg, che è già stato diretto in precedenza da Kormakur in Contraband, sembra aver preso gusto a collaborare col cineasta tanto da voler fare il bis lavorando a fianco di un mostro sacro come Denzel Washington. Oggi Kormakur ha accettato con piacere l'invito di Locarno dove torna a presentare una sua pellicola che, stavolta, ha l'onore di inaugurare il festival nell'immensa Piazza Grande.
Cosa si prova a essere di nuovo qui con la responsabilità di dare il via al festival?
Baltasar Kormakur: Ho portato a Locarno il mio primo film, 101 Reykjavik. Ricordo che si trattava della mia prima presentazione internazionale e sono così felice di ritornare per respirare la stessa atmosfera di allora. Temevo che il mio film non sarebbe interessato, ma quando l'ex direttore Marco Muller mi ha portato in sala e ho visto che era gremita di pubblico sono rimasto stupito. Non avevo mai visto tante persone nella mia vita. Da lì la mia carriera internazionale ha preso il via perciò questo rimane un posto speciale.
Ho diretto Mark nel mio primo film americano, Contraband. E' un amico e adoro lavorare con lui. E' una persona rilassata, vivace, divertente e siamo in sintonia. Con Denzel è diverso. E' molto riservato, inoltre è un attore che usa il metodo e sul set rimane sempre nel personaggio. All'inizio non è stato semplice conoscerlo, avevo un po' di timore perché ha vinto due Oscar e all'apparenza è molto serio, ma poi ho scoperto che nel privato è una persona molto semplice.
Cani sciolti è un film di Hollywood, ma di fatto è una produzione indipendente.
Esatto. Il film è stato finanziato dalla Emmett/Furla con capitali indipendenti, anche se alle spalle avevamo la Universal e i produttori hanno avuto a che fare con lo studio. Nei prossimi mesi uscirà in tutto il mondo e non sono ancora abituato all'idea del mio film che va a cercare un pubblico. In Islanda sono io che accompagno le mie pellicole nelle loro tappe.
E' stato difficile approdare a Hollywood dall'Islanda?
E' stato un lungo cammino, ma anche un sogno che si realizza. Quando i miei primi film hanno cominciato a essere presentati nel circuito dei festival internazionali, come Toronto, mi sono arrivate le prime proposte, ma io ho preferito aspettare di avere maggior forza contrattuale. Volevo aderire a un progetto alle mie condizioni, mantenendo la mia indipendenza artistica.
Le sirene di Hollywood sono più forti di tutto oppure continuerai a fare film nel tuo paese?
Continuerò assolutamente. Ho colto le occasioni che mi sono capitate, ma il mio impegno principale resta quello di rafforzare l'industria cinematografica nel mio paese. Di recente ho diretto e prodotto The Deep, una storia di sopravvivenza nei mari del Nord, e ho intenzione di andare avanti.
Non mi interessava tanto girare in uno stato in particolare quanto ricreare l'atmosfera del confine. Perciò abbiamo girato a New Orleans, sfruttando il tax credit locale, mentre le scene nel deserto sono state girate nel New Mexico. Da giovane ho lavorato in Arizona e sono venuto a contatto con la drammatica realtà degli immigrati illegali. Il mio è un film di intrattenimento che gioca col genere, ma volevo aprire altri scenari. Mostrare gli immigrati illegali è qualcosa che può far riflettere le persone. Non voglio fare la predica, il mio film deve soprattutto far divertire, ma sotto la superficie c'è uno strato più significativo. Anche la scelta di mostrare la CIA corrotta e coinvolta nello spaccio di droga o la marina allo sbando non sono casuali. Se ci pensiamo sembrano realtà incredibili, eppure se guardiamo il telegiornale queste cose accadono davvero.
Hai pensato alla reazione che può avere il tipo di pubblico a cui solitamente l'action è rivolto?
Non ho fatto i conti a tavolino. Ho toccato tematiche scottanti senza la volontà di fare un discorso politico. Anche la scelta di Denzel Washington, se guardiamo al box office, è rischiosa visto che è un grandissimo attore, ma con una carica drammatica alle spalle. Mi erano stati proposti interpreti come Owen Wilson, che stimo molto, ma che avrebbero fatto deviare il film apertamente in direzione della commedia. Volevo confondere le acque, uscire dai binari e sfruttare ogni sfumatura, perciò ho cercato di non essere prevedibile. Nel film viene mostrata solo una grande esplosione spettacolare. La storia è incentrata più sui caratteri che sull'azione.