Amy Winehouse è stata una delle voci più incredibili dell'ultimo secolo. Unica e inconfondibile. Purtroppo però anche lei si è unita allo sfortunato "club dei 27", ovvero gli artisti musicali morti entro i 27 anni di età. A raccontare l'ascesa e l'autodistruzione dell'artista è ora il film Back to Black, diretto da Sam Taylor-Johnson, nelle sale italiane dal 18 aprile.
A interpretare Amy Winehouse è Marisa Abela, completamente fusa con la cantante. Le espressioni, i gesti, le movenze, l'attrice ha studiato a lungo il personaggio. E, come ci dice nella nostra intervista, il suo rapporto con le canzoni della cantautrice inglese parte da lontano: da quando suo padre gliela fece ascoltare per la prima volta quando aveva sei anni.
Sembra quasi un destino: Abela ha imparato a suonare la chitarra proprio studiando le canzoni dell'album Frank. Cosa che non consiglia perché sono difficili, complicate, più jazz che pop. Capiamo quindi come hanno lavorato protagonista e regista sul set di Back to Black e come hanno cercato di ritrovare l'autenticità di un'artista che ha vissuto la propria musica senza compromessi.
Back to Black: intervista a Marisa Abela e Sam Taylor-Johnson
Voi ricordate cosa avete provato la prima volta che avete ascoltato la voce di Amy Winehouse? Intanto che ci pensate, ecco la risposta di Sam Taylor-Johnson: "La prima volta che l'ho vista live è stata la prima volta che ho sentito la sua voce: stava suonando in un jazz club a Soho come parte di un insieme di nuovi artisti emergenti. Era lì poco lontano da me e mi ricordo di aver pensato, dove ero seduta, che avesse una voce incredibile. Ma ho visto anche quanto fosse timida: era molto ferma e timida. E, dopo quella volta, ho seguito la sua musica che ha avuto un grande impatto".
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Marisa Abela invece: "La prima volta che ho sentito la sua musica è stato grazie a mio padre. L'aveva registrata dalla tv e ha detto a me e mio fratello: devi vedere questa ragazza, è incredibile, davvero speciale! Ero molto giovane, avrò avuto sei anni, ma ricordo quel momento. Ho detto: ok, dobbiamo ascoltarla! È un segno di quanto fosse importante per così tante persone".
Cosa rende unica la voce di Amy Winehouse?
Ci sono quelle voci che non somigliano a nessun'altra: quella di Amy Winehouse è una di queste. Cosa rende la sua voce unica? Per la regista: "Lo è e basta. È difficile descrivere l'unicità: la cosa più incredibile è che sembra che la sua voce possa trascendere il tempo. Come tutti i grandi che l'hanno influenzata, per esempio Billie Holiday. Sono quelle voci che si tramandano di generazione in generazione. Penso sia il segno di un'incredibile unicità".
Per Abela: "Penso che l'autenticità sia ciò che rende qualcosa unico. Il fatto che abbia scritto la sua musica fa in modo che le parole abbiano un grande significato per lei. Questo aggiunge unicità. Anche se la sua Valerie è una delle cover più iconiche di sempre. È un insieme di molte cose".
Lo stile musicale di Amy Winehouse
All'inizio di Back to Black Amy dice al padre che non capisce perché così tante persone non comprendano il jazz. Lei si definisce "una tipa da jazz": uno dei suoi demoni era quindi il terrore di non essere compresa? Secondo Abela: "Penso che non volesse conformarsi dal punto di vista musicale: qualcosa che le chiedevano tutti. Se ascolti Frank musicalmente è un album abbastanza complesso. Ho imparato a suonare la chitarra con quelle canzoni: non lo consiglio! Amo I Heard Love Is Blind: ha un sacco di accordi jazz, è difficile, le persone non pensavano che avrebbe venduto in America perché non era abbastanza comprensibile. Non era pop. Ma questo a lei non importava: voleva creare qualcosa che fosse autentico, nato dalla sua ispirazione. All'epoca di Back to Black il sound era un po' più riconoscibile, un sound doo-wop, girlband. Più comprensibile da un pubblico più vasto, rispetto a Frank che è più jazz. Non credo che lei si sia piegata: all'epoca si sentiva così".
Amy Winehouse: la fama e la morte
La morte di Amy Winehouse è stata uno shock per tutti i suoi fan, ma non qualcosa di così inaspettato. Sappiamo che la causa della morte della cantante è stato un ritorno improvviso alla droga dopo un periodo di sobrietà. La travagliata relazione con il marito Blake Fielder-Civil, il rapporto con il padre e l'assedio dei paparazzi hanno contribuito a minare la sua serenità.
Anche perché, come dice anche nella pellicola, a lei non interessava "il gioco della fama". Oggi questo sentimento sembra folle, visto che tutti pensano prima ai post su Instagram che alle canzoni. Quanto è importante invece pensare prima di tutto alla propria arte? Per Taylor-Johnson: "Penso che sia stata di parola: la cosa di cui era più fiera era aver vinto l'Ivor Novello Award per la scrittura. Si vedeva davvero come un'autrice e subito dopo una cantante. Per quanto riguarda noi, il nostro film è completamente guidato dai suoi versi, dalla sua voce. Per noi era importante rendere l'idea che fosse lei a raccontarci la sua storia attraverso la sua musica".
Per Abela: "Un'altra cosa importante per lei era essere rispettata dai suoi pari: non c'è niente di male nell'essere ambiziosi, cercare la fama, ma lei voleva essere rispettata. C'è un'intervista incredibile in cui le dicono che Prince vuole cantare con lei: e la sua faccia si illumina, si vede che prova una gioia incredibile e orgoglio. Non è che volesse nascondersi e non far sentire a nessuno la sua musica, ma non voleva diventare un prodotto della fama, quella cosa che oggi significa essere esposti a lei non interessava".