Che responsabilità si sono presi in casa Massive Entertainment e Ubisoft: mettere mano a un colosso dell'audiovisivo come l'Avatar di James Cameron non è cosa da poco, non è impresa da prendere alla leggera. E si nota l'attenzione e l'impegno nel gioco nei negozi dal 7 dicembre per PC e la nuova generazione di console (PS5 e Series X), ma in questa recensione di Avatar: Frontiers of Pandora vedremo se ciò è bastato a rendere giustizia al mondo creato nel 2009 dal regista americano e riportato sotto i riflettori lo scorso anno con un secondo capitolo altrettanto fortunato. Ci concentreremo anche sugli aspetti più cinematografici del titolo, come è nostra abitudine, in particolare sull'ambientazione che ha sin da subito un grande ed evidente merito: quello che vediamo è canon per il mondo di Pandora e di Avatar. Le aree di questo mondo, ancora inedite, e con cui interagiamo, sono parte di quanto abbiamo già amato al cinema.
La storia di Avatar: Frotiers of Pandora
Non è la storia dei due Avatar di Cameron quella che si sviluppa mentre giochiamo, ma un intreccio che vi si muove parallelo. Non ripercorriamo, quindi, quanto già visto nei due film usciti fin qui, pur muovendoci in quel contesto narrativo, pur partendo da medesimi spunti e subendoli in qualche modo, perché il punto di partenza è il medesimo: la razza umana è arrivata su Pandora e ha intenzione di sfruttare quel mondo come ha fatto con qualunque altro territorio in cui si è trovato a mettere piede. Un contesto noto che viviamo in modo diverso, attraverso gli occhi del nostro protagonista, un Na'vi allevato in una struttura dell'RDA e addestrato nell'ambito di un programma messo in piedi per istruire e formare soldati imbattibili sotto la guida del direttore John Mercer.
Un programma che viene bruscamente sospeso quando scoppia la guerra, e quando i giovani Na'vi che ne fanno parte trovano rifugio in capsule criogeniche in attesa di essere risvegliati appena la situazione lo renda possibile. Passano però quindici anni quando il nostro protagonista emerge dal suo lungo sonno, per scoprire di trovarsi in una struttura ormai abbandonata. I soldati della RDA sono ancora alla ricerca dei sopravvissuti al programma, che ricevono l'aiuto di un guerriero chiamato So'lek per fuggire, venendo portati in una base della resistenza. E da lì si uniranno alla ribellione per lottare alla liberazione di Pandora dall'invasore umano.
Conoscere i Na'vi, conoscere Pandora
Un primo aspetto interessante di Avatar: Frontiers of Pandora riguarda la natura del protagonista, un Na'vi cresciuto in ambito umano e quindi a digiuno di credenze, abitudini e comportamenti del suo popolo, che dovrà scoprire, imparare e assimilare insieme al giocatore. Guardiamo sì Pandora attraverso gli occhi di un Na'vi, ma che non ha la consapevolezza del luogo che possono avere altri suoi simili, diventando così più simile a noi di altri abitanti di questo mondo. La sua natura di ponte tra razze e culture è quindi importante ai fini della trama e dei suoi presupposti, ma è anche un modo per giustificare e rendere naturali le fasi di tutorial e di apprendimento del gioco, incastonandole in modo riuscito nell'intreccio e il racconto della storia di Frontiers of Pandora.
Una scoperta che è anche ambientale e che rappresenta un altro importante valore aggiunto del gioco Ubisoft, quello a cui abbiamo accennato anche in apertura: il muoversi all'interno di aree inedite di Pandora, ancora non viste al cinema, e che andremo a scoprire muovendoci sul territorio per portare avanti le diverse missioni. Siamo nelle frontiere occidentali, una regione divisa idealmente in tre zone controllate da altrettante diverse tribù che impareremo a conoscere nel nostro percorso per ampliare e rafforzare le forze di ribellione. Ed è una scoperta che lascia spesso a bocca aperta: abbiamo letto che la versione PC è ancor più dettagliata e ricca, ma anche su PS5, dove abbiamo avuto modo di giocare ad Avatar, i fondali sono un'esplosione di vita e colori che rende vero e credibile il mondo di Pandora.
Tra pregi, limiti e un prezioso messaggio
Questo livello di dettagli è frutto di un motore grafico che riesce a rendere immersivo e vario il mondo di gioco, un open world che ha un unico grande limite: dopo una primissima fase conoscitiva, le missioni di portano a spostarci su lunghe distanza e farlo a piedi nelle foreste di Pandora può risultare a tratti noioso. Per fortuna è solo un primo segmento di Avatar: Frontiers of Pandora, perché presto arriverà una mano importante in nostro aiuto, o dovremmo dire un paio di ali: il nostro fidato ikran. che renderà più rapido e agevole lo spostamento (è vero che esistono i viaggi veloci, ma sono possibili solo tra alcuni punti specifici e già scoperti, quindi arrivare la prima volta in un luogo richiede un investimento di tempo).
È però appunto un limite momentaneo, che riguarda solo le prime missioni dopo la parte introduttiva, prima di stringere il nostro legame speciale con un ikran (ma non è l'unico animale indigeno cavalcabile dal giocatore), perché poi il mondo e la vegetazione di Pandora potranno scorrere rapide sotto di noi e potremmo concentrarci su un intreccio più che dignitoso e intrigante, ma anche su combattimenti studiati piuttosto bene, in cui usare sia armi da Na'vi come archi, fionde e lance, sia da umano, come fucili e mitra. Da parte nostra abbiamo preferito quelle più naturali e indigene, ma non abbiamo rinunciato a sfogarci in un paio d'occasioni con granate e altre velleità da invasore umano, tuttavia ci siamo divertiti molto anche nelle fasi di crafting per perfezionare armature e armi, oltre che nel raccogliere e cucinare frutti e bacche per dar vita a piatti in grado di ripristinare la nostra salute.
Se il gioco, come dinamiche generali, è una sorta di Far Cry adattato al contesto di Pandora, il vero valore aggiunto è proprio l'universo di James Cameron in cui ci troviamo a muoverci, che si conferma un ottimo background in cui ambientare storie interessanti. Ed è un mondo che possiamo approfondire grazie alla guida che si popola man mano che scopriamo nuove specie vegetali e animali, assecondando il legame tra Na'vi e natura che già conosciamo dai film. Un legame che va a sposarsi alla perfezione con il messaggio ambientalista insito nella trama, che ci porta a ripulire questo mondo dalle strutture umane che lo inquinano danneggiandone flora e fauna di Pandora. Per combattere, almeno su Pandora, i danni che la razza umana causa all'ecosistema in cui vive.
Conclusioni
È un gioco che ci ha divertiti quello di cui vi abbiamo parlato nella recensione di Avatar: Frontiers of Pandora. Non un capolavoro in grado di dare spallate forti al mercato, ma un titolo interessante sia dal punto di vista dell'intrattenimento, al netto di alcuni difetti evidenti soprattutto nelle fasi iniziali, sia dal punto di vista del contesto in cui si muove: l'essere parte integrante della saga di James Cameron, muovendosi nel medesimo mondo e mostrandoci aree di Pandora ancora inedite, è un valore aggiunto che pochi titoli possono vantare e fa sì che non passi inosservato come un semplice clone di Far Cry e simili.
Perché ci piace
- Il valore aggiunto del mondo di James Cameron in cui ci si muove, di cui conosciamo aree inedite.
- Una storia intrigante che non si limita a essere collante tra le missioni.
- Un combat system discreto che rende interessanti anche gli scontri con gli umani.
- L'esplorazione, la scoperta, la meraviglia di Pandora, per come resa dal motore di gioco...
Cosa non va
- ... al netto della difficoltà iniziale di doversi spostare a piedi.
- Pur funzionale ed efficace, non particolarmente innovativo.